Oggi spedizione di acquisto! Vediamo quali saranno le mie prossime letture:

Il primo autore è Lars Gustafsson, svedese, di cui non ho ancora letto niente e di cui ho sentito parlare molto bene. L’editore è Iperborea.

http://iperborea.com/autore/4285/

Ho scelto: Il pomeriggio di un piastrellista, di cui riporto la sinossi dalla pagina dell’editore

«Ogni cosa era mondo, e nulla in quel mondo gli apparteneva sul serio.»

Gustafsson piastrellistaTorsten Bergman, piastrellista a Uppsala, si è ritirato ai margini dell’esistenza: è in pensione, la moglie e il figlio sono morti, anche il cane se n’è andato, e la sua casa non è ormai che il museo dei resti di ciò che è stato. Ogni tanto gli capita ancora di accettare qualche incarico occasionale, purché in nero, perché il suo rapporto con la società è lo stesso che ha instaurato con la vita: di dichiarata non appartenenza. Chiamato un giorno da un amico a finire un lavoro lasciato a metà da altri, capita in una misteriosa casa in via di ristrutturazione ma dall’aria abbandonata. Senza sapere quale sia il suo compito, né come o per chi lo deve svolgere, si mette accuratamente all’opera. Ecco allora che strani personaggi compaiono nella casa, veri o sognati, con le loro vicende reali o possibili, mescolandosi a meditazioni e ricordi che riaffiorano a poco a poco dal passato, tappe di quella «storia di un fallimento» che, come dice Sartre nell’epigrafe del libro, è pur sempre la storia di una vita. Ma con un sottile avvio da saga, Gustafsson ci ha messi sull’avviso: si tratta di un romanzo epico. E muovendosi fra i temi esistenziali con l’insolente agio dei nordici racconta l’avventura di un «uomo della possibilità» costretto a vivere in un mondo di congiuntivi, in cui ogni affermazione è preceduta da un forse e seguita da un punto interrogativo. Un uomo che compie un viaggio a ritroso alla ricerca di come è giunto a se stesso, nel tentativo di trovare dove quel che dava senso e realtà alla vita è andato smarrito.

E “La ricetta del dottor Wasser”; dalla pagina dell’editore:

L’ultimo sorprendente romanzo del grande scrittore e intellettuale svedese, Premio Nonino 2016, recentemente scomparso.

Gustafsson Wasser«Io sono un vincente», dichiara il dottor Wasser dall’alto della sua onorata carriera come dirigente sanitario e luminare dei disturbi del sonno, nonché incallito Don Giovanni e campione di ogni concorso, quiz e gioco enigmistico. Con lo humour scanzonato del vecchio saggio, che sa ormai affrontare i grandi dubbi della vita come i cruciverba, l’ottantenne professore si abbandona al puzzle dei ricordi per ricomporre la sua infallibile ricetta esistenziale, con cui ha osato perfino sfidare, e vincere, la realtà: da ragazzo pieno di talenti incompresi in un paesino del Västmanland, promettente gommista e lavavetri all’ospedale di Uppsala, al giorno in cui il caso gli offre l’«improbabilità» di vivere un’altra vita, rubando l’identità di un medico tedesco fuggito dalla DDR. Contro ogni regola e logica, in un irresistibile attimo d’ispirazione in cui la sua volontà si fa davvero libera, l’invisibile manovale diventa il brillante dottor Wasser. Un impostore spudorato che sfodera un patrimonio inesauribile di risorse, intellettuali, creative e seduttive, per reinventarsi ogni giorno con grandioso successo elevando ad arte eroica la menzogna – che in fondo è spesso la sostanza delle nostre cosiddette verità. Uscito pochi mesi prima della sua scomparsa, La ricetta del dottor Wasser è l’ultimo romanzo di un «filosofo alle prese con il giocattolo della letteratura», come Lars Gustafsson si definiva, una sorta di Uno, nessuno e centomila al contrario in cui l’io si tuffa nelle sue infinite identità intime per trovare un’altra libertà. «No, la vita un senso non ce l’ha», dice ancora il dottor Wasser, «però glielo si può dare. Forse è quel che ho fatto.»

Poi mi sono ritrovata tra le mani una copia usata di “Nessuno al mondo” di Hisham Matar, che avevo letto anni fa a prestito dalla biblioteca e che ho una gran voglia di rileggere; insieme al nuovo e vincitore del premio Pulitzer “Il ritorno”. Matar mi è piaciuto tanto (qui trovate la recensione ad “Anatomia di una scomparsa”) e quindi rilettura e nuova lettura! Editore Einaudi.

http://www.einaudi.it/speciali/Hisham-Matar-Storia-di-un-esule-libico

http://www.einaudi.it/libri/libro/hisham-matar/il-ritorno/978880621664

matar ritornoNel marzo del 2012 Hisham Matar s’imbarca su un volo per la Libia. È il suo primo ritorno dopo trentatre anni nella terra color ruggine, giallo e verde intenso della sua infanzia, la terra che lo ha separato dal padre la notte del 1990 in cui Jaballa Matar venne sequestrato dal regime di Gheddafi, condotto nella terribile prigione di Abu Salim e poi fatto sparire. Il figlio Hisham ci accompagna in un viaggio lucido e struggente attraverso i luoghi di una memoria privata che è anche fardello collettivo di una nazione, alla ricerca di un padre perennemente vivo e morto al quale restituire almeno la certezza di un destino.

Hisham Matar ha diciannove anni quando suo padre Jaballa, fiero oppositore del regime di Muammar Gheddafi, viene sequestrato nel suo appartamento del Cairo, rinchiuso nella famigerata prigione libica di Abu Salim e fatto sparire per sempre. Ventidue anni piú tardi il figlio Hisham, che non ha mai smesso di cercarlo, può approfittare dello sprazzo di speranza aperto dalla rivoluzione del febbraio 2011 per fare finalmente ritorno nella terra della sua infanzia felice.
Quel viaggio verso un presente ormai sconosciuto non è che lo spunto per un itinerario storico e affettivo ben piú vasto. Visitando i luoghi e incontrando i parenti e gli amici che hanno condiviso con Jaballa decenni di prigionia nel «nobile palazzo» di Abu Salim, Hisham può recuperare un passato che risuona in lui con un’eco mai sopita e ritagliare i contorni di un padre che, in assenza di un corpo, risulta privo di confini. Le tappe del viaggio privato s’intersecano con la storia libica del ventesimo secolo, dalla resistenza all’occupazione italiana al flirt di Gheddafi con l’Inghilterra di Tony Blair. Ma anche all’antro piú buio, all’orrore piú raccapricciante, segue, in queste pagine, la luce di un dipinto di Manet, la melodia di un alam: la consolazione dell’arte e della bellezza come autentica espressione dell’uomo. E anche quando della speranza di ritrovare un padre vivo «non rimangono che granelli sparsi», lo sguardo di Matar continua a puntare risolutamente in avanti: «Mio padre è morto ed è anche vivo. Non possiedo una grammatica per lui. È nel passato, nel presente e nel futuro. Ho il sospetto che anche coloro che hanno sepolto il proprio padre provino la stessa cosa. Io non sono diverso. Vivo, come tutti viviamo, nell’indomani».

Matar nessuno al mondoIl piccolo Suleiman ha due sogni: il primo è quello di guarire la madre dalla sua infelicità; il secondo, scoprire la ragione delle misteriose assenze del padre. Siamo nell’estate del 1979, a Tripoli, in Libia. Il regime di Gheddafi reprime nel sangue la rivolta studentesca e ne ricerca gli ispiratori. Un vicino di casa viene arrestato, la madre di Suleiman brucia i libri del marito. Il bambino è smarrito in un labirinto di sentimenti contrastanti, tra il desiderio fortissimo di «salvare» la madre e la voglia di essere amato dal padre-rivale.

In una terra dominata dagli uomini, una ragazza viene costretta al matrimonio all’età di quindici anni dai maschi di famiglia. Siamo nella Libia degli anni Settanta, Gheddafi ha preso il potere e soffoca nel sangue i tentativi di ribellione dell’opposizione democratica. Dal matrimonio combinato tra Faraj e Najwa nasce Suleiman, e la madre da quel momento è per tutti soltanto Um Suleiman. Una giovanissima madre lasciata troppo sola dal marito, sempre lontano da casa per misteriosi viaggi d’affari, e che in sua assenza si abbandona all’oblio di una segreta medicina.
Avere la madre tutta per sé non sarebbe un problema per il piccolo Suleiman, che a nove anni vede nel padre un rivale talvolta crudele da cui bisogna riuscire a farsi benvolere e amare. L’infelicità della madre diventa senso di impotenza nel bambino che fantastica, ispirato da lei, di poterla salvare come un principe su un cavallo bianco.
Nell’estate del 1979 l’equilibrio fragile del mondo di Suleiman riceve un colpo definitivo. Il regime della grande Rivoluzione di Settembre intende schiacciare gli ispiratori della rivolta studentesca. Un vicino di casa viene arrestato e le assenze del padre di Suleiman diventano più inquietanti. Il piccolo cerca di capire quello che sta succedendo alla sua famiglia, ma il groviglio di emozioni contrastanti è inestricabile.
La solitudine di Suleiman, lo struggimento di fronte alle pene della madre, il turbamento che lo spinge a mimare i comportamenti più ambigui e distruttivi, sono raccontati con apparente semplicità e implacabile nitore. Lo sguardo del bambino segue ogni mossa degli adulti come la luce abbagliante del sole estivo che non dà tregua all’ombra finché non scende su Tripoli la «misericordia della notte».

L’ultimo acquisto di cui vi parlo è l’attesissimo e finalmente uscito Tom Drury: “La fine dei vandalismi”. NNEditore. Il romanzo fu pubblicato nel 1994 ed esce ora in Italia.

http://www.nneditore.it/libri/la-fine-dei-vandalismi/

Drury vandalismiIl mondo di Grouse County è una ragnatela di cittadine sparse in un immaginario Midwest, dove le vite sono intrecciate da legami di amicizia, affetto o semplice conoscenza. È qui che Louise Darling decide di divorziare da Tiny e fa visita alla madre, Mary, per portarla fuori a pranzo prima della seduta del consiglio comunale, dove si discutono le sorti di un cane mordace.
Nel frattempo, lo sceriffo Dan Norman si trova a dare la caccia al marito di Louise, per atti vandalici commessi nella scuola durante il ballo contro i vandalismi. E così Dan incontra Louise, se ne innamora, Tiny la perde per sempre, e Louise ritrova finalmente se stessa.
Tom Drury sceglie di non dirigere i suoi personaggi come burattini, ma al contrario, con piccole pennellate, dai loro incontri attinge la forza per creare l’epica di Grouse County.

Leggero e profondo, divertente e malinconico allo stesso tempo, La fine dei vandalismi racconta la vita, quella di ogni giorno, che macina gioie e tristezze senza sosta. E lo fa senza seguire traiettorie premeditate, accettando la fatalità dell’esistenza, in un inno alla sua pacata e ingovernabile casualità.

Questo libro è per chi ama la furia della pioggia d’aprile, che allontana l’inverno e accoglie la primavera, per chi guarda la via Lattea come una strada che conduce davvero da qualche parte, per chi ascolta Feeling good di Nina Simone, e per chi si trova a camminare verso la felicità a piccoli passi, come se stesse procedendo su un cornicione sospeso nel vuoto.

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Mettiamoci comodi…..