Pavese annotava questa frase sul suo diario, “Il mestiere di vivere”, il 20 febbraio del 1946. E abbiamo avuto modo di capire, nei post precedenti qui e qui, quanto sia vera per lui questa affermazione, quanto le sue poesie siano la sua vita stessa, vissuta e scritta, “un essere” totale.
Chiudo la lettura della raccolta “La terra e la morte” con questa poesia:
Sei la terra e la morte.
La tua stagione è il buio
e il silenzio. Non vive
cosa che più di te
sia remota all’alba.
Quando sembri destarti
sei soltanto dolore,
l’hai negli occhi e nel sangue
ma tu non senti. Vivi
come vive una pietra,
come la terra dura.
E ti vestono sogni
movimenti singulti
che tu ignori. Il dolore
come l’acqua di un lago
trepida e ti circonda.
Sono cerchi sull’acqua.
Tu li lasci svanire.
Sei la terra e la morte.
3 dicembre ’45
Pochi giorni dopo, il 1° gennaio 1946, Pavese annotava questo bilancio sul diario:
“Anche questa è finita. Le colline, Torino, Roma. Bruciato quattro donne, stampato un libro, scritte poesie belle, scoperta una nuova forma che sintetizza molti filoni (il dialogo di Circe). Sei felice? Sì, sei felice. Hai la forza, hai il genio, hai da fare. Sei solo. Hai due volte sfiorato il suicidio quest’anno. Tutti ti ammirano, ti complimentano, ti ballano intorno. Ebbene? Non hai mai combattuto, ricordalo. Non combatterai mai. Conti qualcosa per qualcuno?”
Era felice?
E’ la poesia che chiude, simbolicamente, il ciclo dedicato a Bianca Garufi (di cui avevi parlato nelle puntate precedenti), un altro amore che alla fine lascia Pavese solo, esausto e disilluso. Una lirica squisitamente (e dolorosamente) allegorica, dove la donna amata è stata terra e vigna, mentre ora è silenzio, buio, e soprattutto morte. E il poeta percepisce come la sua stessa esistenza sia ora paragonabile a quella di una pietra dura. Commovente (e molto bella stilisticamente) la similitudine tra il dolore interiore e i cerchi che si formano sulla superficie dell’acqua…
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Ti ringrazio per questo bellissimo commento che approndisce con sensibilità e precisione il significato dei versi. Pavese riusciva a trasformare un sentimento doloroso in versi carichi di emozione. A ri leggerci…
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Cesare Pavese non era felice, ma perduto nella pioggia
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