“Una pietra, proprio lì: e non un sasso qualsiasi, informe, sporco, ma una bella pietra ovale, di quelle che può capitare di raccogliere nel greto di un fiume, levigata per tanti anni dall’acqua fino a somigliare a un monile antico.”

 “Le pietre” di Claudio Morandini, Exorma editore

Si capisce fin dalle prime pagine chi sono i protagonisti del nuovo romanzo di Morandini. O meglio, cosa sono.

paese di montagnaA raccontare cosa accade tra le frazioni di Sostigno, il villaggio a valle, e Testagno, il villaggio a monte, è la voce di un abitante che ha assistito a tutta la vicenda, fin dall’inizio, e che, per dirla con tutti i particolari, senza trascurare niente, chiama in causa tutti gli altri compaesani, trasformando la narrazione in una polifonia perfettamente armonizzata.

La sua voce ci chiama a sederci in fianco al camino, come si fa nelle lunghe sere invernali in montagna, quando si tirano fuori vicende passate, protagonisti che magari oggi non ci sono più, perché per capire il presente, è dal passato che bisogna partire.

Claudio Morandini riprende l’ambientazione di montagna a lui cara del bellissimo “Neve, cane, piede” (di cui ho scritto nel post) e ci serve una storia gustosissima, un racconto che si muove tra il giallo, il soprannaturale, il reale e il faceto. Il suo stile ironico, ammiccante ci accompagna tra le pagine, in un crescendo di eventi strani che moltiplicano la curiosità e le ipotesi per spiegare gli strani fenomeni che accadono nella vallata impervia dove la storia si svolge.

Gli abitanti hanno dovuto modificare il loro stile di vita da quando tutto ha iniziato a muoversi: pietre che rotolano in modi inspiegabili, vere e proprie frane, sussulti, tremori…

Tutto inizia a casa dei Saponara, Ettore e Agnese: due di città, insegnanti, che si sono trasferiti in montagna per cercare pace e tranquillità. Un giorno, in un’atmosfera “strana” qualcosa accade a casa loro:

“Più in là, però, sulle montagne, nel lato più buio delle pendici, nel fitto dei boschi di faggi e larici, si muovevano luci misteriose, come riflessi di sole sulle asce di un esercito di boscaioli. (…) Tornò in soggiorno e nel mezzo, proprio nel mezzo della stanza, sulle piastrelle in cotto antico, proprio lì, notò un mucchietto di polvere.”

Una cosa da niente, basta rimuoverla. Ma il giorno dopo c’è di nuovo un bel mucchietto:

“bello ordinato come una piramide in miniatura, un altro mucchietto di polvere. Più grande del doppio”.

 E dopo la polvere… arrivano le pietre. Prima una, poi due, poi altre ancora, fino a costringere i proprietari di casa a mettere sotto chiave la stanza, impauriti e confusi.

E comincia la giostra delle ipotesi: la moglie accusa il marito di fare degli scherzi, lui nega, allora chiamano il prete che naturalmente ravvede la presenza del diavolo nella casa, additando gli eventi a tutto il paese, la domenica in chiesa e mettendo in subbuglio tutta la comunità.

Ogni abitante ha la sua versione e le serate trascorrono a discutere le più stravaganti spiegazioni; anche la stampa locale si interessa al caso e in paese arrivano schiere di maghi, veggenti, ciarlatani, esorcisti e scienziati pronti a smascherare gli autori dello scherzo che tiene in scacco l’abitazione dei Saponara.

Tutta qvalsusauesta strana vicenda insinua un po’ il dubbio che, in fondo, i Saponara sono degli “estranei” all’ambiente, a quella montagna che malvolentieri accetta ciò che le è estraneo e reagisce a suo modo ai cambiamenti; magari stravolgendo le abitudini, facendo tremare la terra, o franare pezzi di montagna. I suoi abitanti, quelli veri, alla fin fine non si stupiscono neanche più di tanto delle apparizioni delle pietre, anzi, qualcuno le dipinge per farne oggetti da vendere, qualcuno addirittura ci fa il brodo! Perché, in fondo, alle pietre ci sono abituati così come a certi misteri che la montagna cela; e dove c’è abitudine, c’è anche un po’ di rassegnazione. Una volta ci si spostava dal paese a valle al paese al monte solo una volta all’anno, in estate, per portare le bestie agli alpeggi, e tornare a fine stagione; oggi le transumanze avvengono continuamente, dietro agli ordini dei geologi che tengono sotto controllo le frane e gli smottamenti.

Dunque Morandini, nella sua storia un po’ fiabesca ci fa molto riflettere, parlando anche della realtà di certe zone di montagna, in bilico tra le necessità di protezione degli abitanti, e la paura di essere sradicati dalle proprie tradizioni, dal proprio territorio.

“Va’ a sapere perché i nostri antenati proprio qui si sono stabiliti secoli fa, in questa vallata che si sfalda e smotta. (…) È vero, comunque, sono mica balle: tutto si muove, attorno a noi. Il fiume di Sostigno, o torrente, come dovremmo chiamarlo (..) cambia spesso di letto, a furia di spostarsi di qua e di là ha reso tutto il fondovalle una pietraia sabbiosa in cui non cresce più niente. Certe anse se le inventa la notte, e la mattina le scopriamo come un regalo di Natale al contrario.”

E quando uno dei giornalisti giunti in paese, domanda perché continuano a vivere lì, non sanno come rispondere, e annaspano, tirando fuori le tradizioni, la pigrizia, la testardaggine tipica delle genti di montagna. Finché, a forza di girarci intorno, non salta fuori la verità.

Copio il link all’editore:

Le pietre

L’incipit lo trovate qui.

sassi