Una relazione, di Carlo Cassola, Oscar Mondadori, 2017. Prima edizione Einaudi Supercoralli, 1969.

L’edizione è corredata di un’amplia introduzione di Laura Pariani e della storia editoriale del romanzo.

Giovanna l’aveva colto di sorpresa, e lui non era stato in grado di replicare; ma non era il caso di preoccuparsi. “Alle donne piace fare la commedia. Ogni momento inventano che vogliono lasciarti .. ma poi sono felicissime di continuare”. Nessuna donna l’aveva mai lasciato: era sempre stato lui a lasciarle. E così sarebbe accaduto anche con Giovanna.

 

Cassola copertina coi sassiAvevo letto molti anni fa questo romanzo di Cassola e tutto ciò che ricordavo era la mia irritazione nei confronti del personaggio maschile, Mansani – come viene quasi sempre indicato, col cognome; poco col nome, Mario. Di questo personaggio, allora avevo colto la mentalità maschilista e superficiale, la meschinità del suo comportamento con Giovanna, ai miei occhi vittima tre volte: della mentalità comune, dello sbilanciamento nei rapporti uomo-donna dell’epoca in cui si colloca la narrazione – anni ’30 e ’40 – della sua passività.

 

Ho deciso di rileggerlo perché di Cassola ho sempre apprezzato lo stile quasi minimalista – decenni di autori americani che si muovono sullo stesso spartito forse non lo eguagliano – quel suo togliere il superfluo, una limatura costante e mirata, il suo parlare di gente comune, delle vite imperfette e semplici delle persone normali; mi piacciono le atmosfere, i particolari dei gesti minimi ma rivelatori di una psicologia, di un atteggiamento trasposto sulla pagina con alchimie delicate e allo stesso tempo potenti; le descrizioni dei paesaggi che riflettono come uno specchio gli stati d’animo. Ora, dopo averlo riletto con un occhio più maturo, l’ho apprezzato molto di più di quanto accadde a diciotto anni.

La storia si sviluppa in un territorio che ben conosco e che amo: il litorale tirrenico tra Follonica e Livorno, percorso con i treni dei pendolari che si spostano avanti e indietro, su vagoni che divengono luoghi di aggregazione, di incontri e di momenti fuori dalla vita familiare. Le stazioni accalcate di gente o vuote e desolate, le pensiline avvolte dal freddo e dal buio della sera, le latterie sommesse dove consumare un pasto povero, la pineta come luogo dove appartarsi per cogliere un momento di intimità nascosti da occhi indiscreti, un albergo diurno a Livorno: questa è l’ambientazione della storia.

follonica vecchia stazioneMansani è giovane, molto vanesio e attento al suo aspetto, è sposato e ha un figlio; la sua famiglia abita a Follonica e lui è costretto, per recarsi al lavoro in una banca di Cecina, a fare il pendolare giornaliero. Non è soddisfatto né della sua situazione lavorativa – la sua famiglia godeva di una situazione economica più florida che però col tempo è andata persa – né della vita coniugale, dalla quale si aspetta poche emozioni e molta monotonia. Si è concesso qualche strappo, con donne che nemmeno gli piacevano, ma si sente in pace con la sua coscienza, li considera alla stregua di bisogni fisiologici; è solo preoccupato che non si venga a sapere.

“Mansani sospirò: le ragazze oneste, non facevano più per lui. Una ragazza onesta non dà certo retta a uno sposato. Uno sposato, bisogna che si contenti delle donne poco perbene. E deve agire con prudenza, in modo che la moglie non venga a saper nulla.”

Un giorno, recandosi a Marina di Cecina per un sopralluogo legato al lavoro, incontra il padre di Giovanna e gli torna alla mente l’avventura che ebbe con lei da giovane, quando era considerata una ragazza “facile” e molti ragazzi si erano approfittati della sua ingenuità.

“Giovanna era una ragazza facile (..) Chi prima chi dopo, tutti i giovanotti di Cecina le erano stati intorno. (..) Giovanna era una conquista di cui non ci si poteva vantare. Magari se ne poteva vantare Franco, se era vero che era stato il primo.”

Evidentemente questo ricordo ha lasciato un segno perché gli viene subito in mente di rivederla e di rivivere una facile avventura. Non c’è alcun romanticismo nel suo interesse per Giovanna: è puramente legato a consumare un atto sessuale veloce, possibilmente senza conseguenze, un togliersi lo sfizio di riaverla, ma senza tirarla troppo in lungo. E infatti, dopo avere trovato il modo di incontrarla e quasi costringerla ad avere un rapporto con lui, questo è il suo stato d’animo:

“Se Dio vuole, anche questa è fatta. La soddisfazione di tornare con Giovanna se l’era levata: la faccenda poteva considerarsi chiusa. È vero che erano rimasti d’accordo di rivedersi di lì a due settimane: ma lui non aveva nessuna intenzione di andare all’appuntamento.”

E per mettere alle spalle l’incontro, cerca di togliersi in modo quasi maniacale ogni segno di dosso: si lava la faccia alla fontana, esamina i suoi indumenti alla ricerca di indizi, e, una volta salito in treno, si reca alla toilette per assicurarsi di essere in ordine e di non destare sospetti a casa.

In realtà il caso (non del tutto) li fa rivedere e al primo seguono altri due incontri di sesso veloce, consumato in una squallida scarpata ferroviaria, che Mansani considera come uno straordinario sul lavoro: imprevisto ma ben ripagato.

stazione con nebbiaMi fermo un attimo: l’atteggiamento di Mansani, la sua grettezza e bassezza mi fanno ancora arrabbiare! Del resto, riflettono perfettamente l’atteggiamento maschile comune, la mentalità di un’epoca (ma siamo sicuri che sia davvero acqua passata?) che non vede mai sullo stesso piano l’uomo e la donna. Per l’uomo meritano rispetto le ragazze oneste, sottoposte alla vigilanza della famiglia (come afferma più avanti Mansani) e poi a quella del marito quando si sposano. Tutte le altre, cioè quelle considerate “facili” perché non hanno sposato il primo uomo con cui hanno avuto dei rapporti, non meritano rispetto, sono buone solo per soddisfare gli appetiti sessuali degli uomini, e che non si lamentino! perché i sentimenti non c’entrano proprio nulla.

Va da sé, che il discorso cambia completamente quando si tratta degli uomini. Dunque, la povera Giovanna, invaghita di Mansani, sa perfettamente che non può farsi illusioni ma le basta quel poco di attenzioni che lui le concede, il tepore di un abbraccio e una parvenza di vita condivisa e di intimità, per rendere il tutto accettabile.

Dopo un salto temporale di tre mesi, ritroviamo il nostro Mansani in abiti militari: si è prossimi alla guerra d’Abissinia e lui, come molti altri, viene richiamato per un corso di quaranta giorni a Livorno. Si sistema in un albergo diurno, proprio dove lavora Giovanna, e la loro storia riprende. Giovanna è molto indecisa: da un lato sa che anche questa sarà una relazione a tempo, dall’altra si fa degli scrupoli in quanto è cosciente che il fatto di avere un rapporto con un uomo sposato la colloca sull’ultimo gradino del rispetto che la gente concede alle donne. Non ultimo, lei al contrario di Mansani, sente l’ingiustizia del tradimento della moglie. Passeranno insieme le notti di questa imprevista quanto ben venuta parentesi lontano dalla famiglia, sul filo dell’appagamento di lui e della amarezza di lei. Sarà comunque Giovanna, alla fine dei giorni, a decidere di troncare definitivamente questa relazione senza futuro, proprio quando in lui si fa debolmente strada un sentimento più forte.

Accese una sigaretta e si sdraiò di traverso sul letto. Era tornato alla soddisfazione piena dei momenti migliori che aveva avuto nella vita. Non c’era paragone con le due relazioni del primo anno che era sposato. Intanto, erano state brevi; e poi, con donne che non gli piacevano. Mentre Giovanna … Non era soltanto che gli piacesse com’era fatta. Tutto gli piaceva di lei, quello che diceva, il modo come si comportava. Gli piaceva proprio starci insieme.

Ciò che blocca Mansani è l’aderenza alla morale comune, il pregiudizio; se riuscisse a dare retta ai sentimenti che pure prova, forse la storia con Giovanna avrebbe dei risvolti diversi. Resta comunque il fatto che, nella società di allora, era impensabile rompere il vincolo matrimoniale: la loro relazione è condannata alla clandestinità.

Non è questa l’ultima volta che Mansani e Giovanna si vedono; in mezzo c’è la guerra con i lutti che si porta dietro, la miseria, le distruzioni. Tralascio di descrivere il finale, per mantenere intatta la scoperta del lettore.

La conclusione del romanzo è il momento più alto, laddove tirando le fila delle vite dei due amanti, emerge il senso della storia narrata. Giuliano Manacorda commenta così:

Il senso ultimo del romanzo si rivela alla fine, quando il velo dell’indifferenza è sceso tra Mansani e Giovanna a ripeterci dalle pagine di Cassola che nella vita tutto è memorabile e tutto è indifferente; indifferente per chi pure ci passa accanto e anche per noi stessi, non appena altre cose memorabili hanno cancellato le precedenti.

Una relazione è un romanzo molto riuscito: perfetta la resa dell’atteggiamento maschilista dominante, della remissività e del fatalismo di una giovane donna che nonostante abbia capito di avere commesso degli sbagli, si vede negata ogni possibilità di svoltare e, nonostante si impegni a vivere una vita ritirata e dedicata al lavoro, non riesce a guadagnarsi nemmeno il rispetto del suo amante che la considera solo “sfortunata” ma che non ha mai nessun rimorso per il modo in cui l’ha sempre trattata.

Perfetta la resa del rapporto tra di loro, una relazione esclusivamente basata sul rapporto fisico, dove questo non è mai descritto e che pure si percepisce con contorni netti e precisi, riscontrabili nel letto disfatto, nella stanchezza del dopo, nell’odore che avvolge gli amanti e nella voglia di fumare, nella fretta di finire.

mare d'inverno 1Perfette le descrizioni ambientali, le atmosfere: leggendolo pare di avere davanti agli occhi un film in bianco e nero, come quelli del cinema neorealista. Il mare invernale e la spiaggia mangiata dal vento di libeccio, la penombra della pineta, la sabbia bagnata dove non ci si può sedere, i viaggi in treno nella luce incerta dell’alba o al crepuscolo. La camera angusta che accoglie la loro intimità non è meno asfittica dell’ufficio di Mansani, così come sono opprimenti i vagoni affollati del treno e le sale d’attesa.

Molto efficace anche la resa dello sfondo legato alle vicende di guerra: la guerra coloniale d’Abissinia che viene vista come un possibile riscatto alla difficile situazione economica in cui versa l’Italia, e il conflitto mondiale. Nel romanzo non ci sono pagine descrittive dedicate ai conflitti: ciò che Cassola ci mostra sono più le aspettative, le paure, le conseguenze che tali conflitti hanno sulla vita di tutti i giorni della gente comune.

Nel risvolto dell’edizione del 1969 nei Supercoralli si legge:

Ancora un capitolo, dunque, della piccola “commedia umana” che Cassola va componendo da anni, gettando il suo scandaglio in quel microcosmo di provincia così suo, fitto di gesti e di azioni lente, movimenti che si allargano come cerchi sull’acqua, che affondano e riaffiorano, portandoci verità umane la cui semplicità lievita attraverso una scrittura paziente nella propria rarefazione, quasi Cassola volesse dissolverla sulla pagina, per fissare – bianco su bianco – delle brevi quanto indimenticabili immagini poetiche.

È esattamente ciò che riassume un romanzo tutto da leggere e rileggere, per coglierne appieno il senso e la bellezza. L’ho riletto nella nuova edizione degli Oscar Mondadori, che porta in copertina un’opera di Jarek Puczel: un’assonanza perfetta con la storia.

Copio il link all’editore: http://www.einaudi.it/libri/libro/carlo-cassola/una-relazione/978880615914

Potete leggere l’incipit qui.