Theo non ha voluto parlare dell’agonia di Vincent. A stento mi ha riferito che aveva un aspetto tranquillo, nella bara issata sul tavolo da biliardo della locanda dei Ravoux. E che era stata una buona idea aver esposto alcune fra le ultime opere intorno al suo corpo di morto nuovo di zecca. Sono riuscita a reprimere la battuta impietosa che mi era passata per la mente: che alla fine ce l’aveva fatta a ottenere la sua prima mostra personale. Sono rimasta in silenzio e Theo è andato a dormire. Sono sei ore che dorme il primo, lungo riposo senza suo fratello nel mondo.

La vedova Van Gogh, di Camilo Sánchez, Marcos y Marcos 2016, traduzione di Francesca Conte, illustrazione in copertina di Lorenzo Lanzi

Il racconto viene da Johanna van Gogh-Bonger, moglie di Theo Van Gogh e cognata di Vincent, protagonista del romanzo di Sánchez: la donna che ha consegnato alla Storia dell’arte e all’umanità intera l’opera del più grande e amato artista visionario della modernità. La vedova Van Gogh, vedova di entrambi i fratelli poiché se è vero che è stata la moglie di Theo, è altrettanto vero che è stata lei a raccogliere le opere del cognato come e più una moglie avrebbe potuto fare. Per Vincent suo cognato e per Vincent suo figlio, perché non andasse perduto l’immenso patrimonio creativo che l’artista Vincent è stato in grado di concepire e realizzare.

Van-Gogh-La-ronda-dei-carcerati-1890

La morte di Vincent getta il fratello Theo in uno stato di prostrazione da cui non riuscirà a risollevarsi: infatti, a soli sei mesi dalla perdita del fratello, anche Theo muore. Il loro era un legame forte, viscerale, e Theo – che aiutò il fratello in tutti modi durante la sua vita – era dilaniato dal pensiero di non essere riuscito a salvare il fratello e dalla smania di dimostrare a tutti il valore dell’opera dell’artista che per la maggioranza dei critici – all’epoca – era solo un folle.

Johanna assiste a questa agonia del marito e tenta di aiutarlo a curarsi; anche lei ritiene che l’opera di Vincent – con cui trascorse solo quattro giorni insieme nella loro casa a Parigi, e che poi non rivide più – vada preservata e valorizzata e custodisce con attenzione in casa le centinaia di tele arrotolate, affastellate, cercando di mettere ordine e di cominciare ad incorniciarle; le preme però anche la salute del giovane marito, padre del loro figlioletto di pochi mesi, Vincent. Purtroppo niente riesce a salvare Theo; a Johanna non resta che ricominciare una nuova vita, tornando in Olanda, dapprima presso i genitori, e poi a Bussum, un paesino a venti chilometri da Amsterdam, dove, con l’aiuto finanziario del padre, acquista Villa Helma, trasformandola in una locanda e tappezzandola delle straordinarie opere del cognato.

Johanna è consapevole dell’importanza di muoversi nel modo giusto, di proporre le opere giuste al momento giusto: le conosce bene, e nella riservatezza della sua casa le osserva mentre legge le oltre seicento lettere che Vincent e Theo si sono scambiati nel corso degli anni. Capisce quanto sia importante che lei impari a conoscere l’animo di Vincent per potere indirizzare i suoi sforzi nella direzione corretta. E così facendo, scopre una personalità che conosceva solo superficialmente e rimane stupita da molti aspetti, come ad esempio dalla poesia che pervade gli scritti di Vincent, le descrizioni dei dipinti, le sue riflessioni sull’uso del colore; secondo lei avrebbe potuto ben diventare un poeta, se non avesse intrapreso la strada dell’arte. Ecco cosa annota sul suo diario:

Lasciare da parte le confessioni e isolare i passaggi in cui pare completamente aperto alle emozioni e crea, quasi senza rendersene conto, testi di immenso valore poetico. Quando descrive un dipinto, proprio o altrui, e lo vive con le parole, Van Gogh è uno scrittore formidabile. Dice, per esempio, per descrivere un disegno di minatori:

Carbonai

verso la miniera

in mezzo alla neve

lungo un sentiero

costeggiato

da un assedio di spine:

ombre che passano

si distinguono appena

nel declino

della civiltà.

Sanchez aperto con citazione 2

Scrivo come chi tira fuori un piede da lenzuola e coperte mentre dorme, per tenersi a galla in mezzo alla notte. Per ritrovare la strada tornando da un sogno.”

Nel diario emerge anche il suo sforzo per riguadagnare la sua indipendenza economica; inoltre, trascrive le sue impressioni man mano che procede nella lettura della corrispondenza tra i due fratelli Van Gogh e annota le sue scelte per indirizzare gli sforzi volti a far conoscere l’opera del cognato. Attraverso queste pagine si capiscono i rapporti familiari sia con i suoi genitori e con il fratello André, sia con le sorelle Van Gogh, soprattutto con Willemina, intraprendente femminista e ammiratrice dell’opera del fratello Vincent.

Ecco che Camilo Sánchez  ci consegna un romanzo davvero intrigante, una testimonianza dello sforzo di questa straordinaria donna senza la quale oggi forse non conosceremmo l’opera di Van Gogh; lo fa alternando la narrazione al racconto in prima persona: uno svelarsi che viene da Johanna stessa e che l’autore è riuscito a mettere insieme e a rendere credibile, attraverso un enorme lavoro di studio e di lettura di tutto ciò che riguarda questa donna.

Johanna tiene da sempre un diario, a cui affida i suoi pensieri e le sue riflessioni legate alla vita familiare – con delicati pensieri rivolti al figlioletto e alla sua crescita – e al suo strenuo sforzo per aiutare il marito durante la malattia. Sono momenti duri, dolorosi, e la scrittura la aiuta a resistere:

Sanchez aperto con citazione

Un personaggio, quello di Johanna, ben delineato, che il lettore conosce poco a poco, attraverso le sue parole e ciò che fa: la sua vita intima e familiare, il suo riuscire a superare la malattia e la morte del marito, il suo ruolo di madre e la grande forza d’animo che, unita ad una altrettanto incredibile determinazione, la rendono capace di rendere giustizia all’opera del cognato.

Il libro si congeda proprio nel momento in cui Johanna ottiene i primi successi di critica e di pubblico, attraverso le mostre delle opere del cognato: ed è in effetti solo l’inizio, poiché il corpus totale è ancora tutto da esibire. Come sappiamo dalla storia della sua vita, riuscirà appieno nel suo intento: consegnerà al mondo i dipinti, i disegni e le lettere e aprirà la strada per un futuro pieno di soddisfazioni al terzo Vincent, suo figlio, che partecipò alla costruzione del museo di Amsterdam dedicato al pittore, dove sono oggi custoditi più di 250 quadri, 500 disegni e acquerelli e oltre 700 lettere. Una tappa obbligatoria per chi visita Amsterdam!

van gogh pesco

L’incipit lo potete leggere qui.

Camilo Sánchez è nato a Mar del Plata e vive a Buenos Aires. Giornalista e poeta, ha collaborato con le più prestigiose testate argentine – da «Página 12» a «Clarín» a «Ñ» – sia in qualità di redattore che scrivendo reportage da tutto il mondo. Attualmente dirige «Dang Dai», rivista di scambio culturale tra Argentina e Cina.

Guardando un documentario della BBC, è rimasto colpito da un’immagine di Johanna van Gogh-Bonger, citata fuggevolmente come depositaria dei quadri e delle lettere; durante una lunga permanenza a New York, esplorando musei e biblioteche, ha scoperto il suo ruolo fondamentale, mai raccontato, nel difendere dall’oblio l’opera di Van Gogh. Era la storia che Sánchez aspettava per il suo primo romanzo, La vedova Van Gogh: un omaggio al pittore straordinario morto solo, suicida, e alla donna che ha lottato per renderlo, come artista, immortale.