Pensò di nuovo di vendere il negozio, ma chi lo avrebbe comprato? Ida ci sperava ancora. Ogni giorno ci sperava. Quel pensiero gli strappò un sorriso amaro, anche se non aveva voglia di sorridere. Era un’idea assurda e cercò di scacciarsela dalla mente. Eppure c’erano dei momenti in cui si ritirava nel retrobottega, si versava un goccio di caffè e indugiava piacevolmente sull’idea di vendere. Ma se anche per miracolo ci fosse riuscito, dove sarebbe andato, dove?

 

Il commesso, di Bernard Malamud, 1957, Minimum fax 2013, traduzione di Giancarlo Buzzi, prefazione di Marco Missiroli

Morris Bober è un anziano ebreo, proprietario della bottega di alimentari a Brooklyn, che tira avanti a stento con i magri ricavi che il negozio produce, schiacciato tra la crisi che impoverisce i suoi esigui clienti, e il nuovo negozio di alimentari, più moderno e in grado di offrire prodotti migliori, appena aperto all’angolo. Morris è vecchio, malandato ma si alza ogni mattina all’alba per aprire il negozio, e ci resta fino a notte, ogni giorno della settimana. Non ha la tempra né i mezzi per rilanciare il suo negozio e fare fronte alla concorrenza; si commisera e soprattutto si duole di non potere offrire un futuro migliore a sua moglie e a sua figlia, la bella e ventenne Helen.

pontediBROOKLYN

Il quartiere è il “melting pot” simbolo di una città – e di una nazione – costituita perlopiù da immigrati che inseguono non tanto il remoto “sogno americano” di fortuna e ricchezza, ma un sogno molto più ridimensionato, come sfuggire alla miseria, evitare che i propri figli diventino dei delinquenti e, anzi, riuscire a pagar loro gli studi affinché possano risalire la scala sociale, mettere da parte qualche soldo per la vecchiaia … cose così.

Nella vita di Morris e della sua famiglia entra un uomo, Frank Alpine, di origini italiane: un orfano che, dopo essere scappato da due famiglie a cui era stato affidato, ha vagabondato dalla costa Ovest a quella Atlantica, ha fatto diversi lavori, senza riuscire ad affermarsi in alcuno né a mettere via un soldo, ha commesso qualche reato riuscendo tuttavia a defilarsi. Frank entra in questa famiglia quando Morris viene rapinato: dice di voler dare una mano, nel negozio, e che questo potrebbe servirgli come apprendistato, perché da tempo pensava di potersi mettere nel commercio; si mostra disponibile e non chiede niente in cambio, se non la possibilità di avere un pasto e un letto.

La moglie di Morris, Ida, è assolutamente contraria: prima di tutto perché Frank è un goy, un non ebreo, e poi perché non riesce a fidarsi di questo ragazzo, che “quando ti parla non ti guarda negli occhi”, teme che possa truffarli, o, peggio, che possa insidiare la loro figlia Helen.

Morris, invece, vede nell’arrivo di Frank quasi un segno del destino: grazie alla sua presenza sembra che il negozio migliori, che gli incassi aumentino e questo ridona nuova speranza all’anziano commerciante di potersi risollevare, di potere di nuovo guardare al futuro. Un barlume di fiducia che viene presto stroncato dall’amara verità: Frank ruba, pochi spiccioli alla volta, ma lo fa e questo è per Morris un duro colpo.

Tra Morris e Frank, finché lavorano a stretto contatto, si instaura un fitto dialogo, che, ampliato dai loro pensieri su se stessi e sull’altro, definisce i loro caratteri, facendoci vedere le qualità e i difetti, i tentativi di riscattarsi e di impegnarsi in cose positive da parte di Frank, la volontà di fidarsi e di aiutare il ragazzo che se ha sbagliato, pensa Morris, è perché è stato duramente messo alla prova dalla vita.

Questi due personaggi non sono né pienamente “buoni”, né del tutto “cattivi”: sono la sintesi della società umana che arranca e, pur nelle difficoltà e dinnanzi alle dure prove, sa che vuole mantenere fede all’onestà e si impegna per farlo, non sempre riuscendoci. Frank sa di cedere spesso per debolezza a commettere azioni malvagie, pur non volendolo fare e ripromettendosi di smettere; ma qualcosa lo porta a continuare a commettere gli stessi errori. Però non vuole sentirsi giudicare da Morris, un ebreo che secondo lui non osserva i dettami della sua religione: non va in sinagoga, mangia il prosciutto…

Frank dice di ispirarsi fin da bambino a san Francesco d’Assisi e chiede a Morris, un po’ provocatoriamente, cosa significhi dunque per lui essere ebreo:

Quello che conta è la Torah. La legge, cioè: un ebreo deve credere nella legge. (..) E osservare la Legge significa comportarsi bene, essere onesti, essere buoni. Buoni con gli altri. La vita è abbastanza difficile. Perché dovremmo fare del male a qualcuno? A tutti dovrebbe andare nel migliore dei modi, non solo a te o a me. Non siamo mica bestie. Ecco perché ci vuole la Legge. È questo in cui credono gli ebrei.

L’altra protagonista del romanzo è Helen: ha dovuto rinunciare a proseguire gli studi e si è trovata un lavoro ma non abbandona il sogno, un giorno, di potersi iscrivere all’università e aspirare ad un lavoro che la faccia sentire realizzata e utile. Intanto si concede un unico passatempo- a parte qualche passeggiata e rarissime serate fuori – cioè la lettura. Ha avuto un paio di fidanzati, uno dei quali continua a corteggiarla, ma Helen crede che non abbiano in comune niente. Sente molta nostalgia per il passato, quando da ragazzina con i compagni si divertiva, d’estate, in spiaggia; ora, si sente quasi sfuggire di mano la vita:

Malamud citazione«Quando una persona è giovane, è privilegiata», osservò Helen, «è piena di possibilità. Ti possono capitare cose meravigliose, e quando ti alzi al mattino senti che andrà di sicuro così. Vuol dire questo, essere giovani, ed è ciò che ho perduto. Adesso ogni giorno mi sembra uguale a quello prima e, quel che è peggio, uguale al giorno dopo.»

Frank si innamora di Helen e anche lei, dopo la iniziale diffidenza, si sente attratta; a frenarla è sapere che i suoi non approverebbero il legame con un non ebreo ma anche certi atteggiamenti altalenanti di Frank. Per molto tempo lei si tormenta e, tra slanci e ripensamenti, concede ben poco a Frank, che invece si illude di potere presto conquistarla. Quando finalmente Helen sembra sciogliere ogni dubbio, Frank commetterà un errore madornale: come sempre gli è successo, anche se sa qual è la cosa giusta da fare, finisce per agire all’opposto, vanificando gli sforzi e le buone intenzioni. In uno dei loro scambi, sta tutta la distanza che li separa:

Lei disse gentilmente: «Frank, qualche volta le cose non vanno secondo i nostri piani. Non ci stia male.»

«Il giorno che non ci starò più male, spero che mi seppelliscano.»

Malamud fotoMalamud, con la sua prosa asciutta e pungente, molto attenta al dettaglio, paziente, indaga le pieghe dell’anima, i sentimenti contrastanti espressi attraverso un susseguirsi di avvicinamenti e allontanamenti; la sua scrittura procede lenta, senza tralasciare le riflessioni, i dubbi laceranti dei personaggi, nella continua altalena tra bene e male, fino al finale aperto. Come in un grande romanzo ottocentesco.

Spesso Malamud è stato definito come uno dei maggiori rappresentanti della letteratura americana ebraica del Novecento, accostato a Isaac Singer, Saul Bellow, Chaim Potok e Philip Roth – che ha definito “Il commesso” il capolavoro di Malamud –; in realtà lui si sentiva un po’ stretto in questa definizione, preferiva mettere in risalto l’universalità delle sue opere:

Sono nato in America e sono sensibile a tutto quello che questo paese mi può offrire. Nella mia vita c’è molto di più del mio essere ebreo. Io scrivo per tutti coloro che vogliono leggere.”

Copio il link all’editore: https://www.minimumfax.com/shop/product/il-commesso-1644

L’incipit lo trovate qui.