Il grande Iran, di Giuseppe Acconcia, Exorma edizioni 2016

Libro che si compone di diverse anime: è un diario di viaggio, un reportage giornalistico, una attenta analisi – frutto di esperienza diretta – delle condizioni geo-politiche e storiche in cui l’Iran si colloca rispetto a se stesso e allo scacchiere internazionale. Vale la pena leggerlo per capire le logiche di propaganda al suo interno e quelle orchestrate dalle potenze internazionali, primi fra tutti gli Stati Uniti.

Acconcia il grande iranQuesto libro è il frutto di dieci anni di vita, di viaggi e ritorni in questo paese di Giuseppe Acconcia, uno dei più accreditati corrispondenti italiani dal Medio Oriente.

Il titolo del libro è un riferimento agli intrighi russi, statunitensi e britannici – paesi che hanno manipolato la Persia sin dall’Ottocento – riportati nel classico di Peter Hopkirk Il Grande gioco, ma è soprattutto una riflessione critica sul progetto dell’ex presidente Usa, George W. Bush, di Grande Medio Oriente.

Se la politica estera della Repubblica islamica non ha mai assunto un atteggiamento aggressivo dopo il 1979 e neppure ha perseguito forme di esportabilità del modello khomeinista, ci ha pensato la cieca politica estera Usa a creare il mito del Grande Iran.

Anteprima

«Tehran è una città bizzarra. Vista dall’alto sconvolge con i suoi 15 milioni di abitanti che si riversano su strade straripanti di macchine, taxi e moto. Quella di Tehran è una ricchezza degradante che si trasforma in povertà nel Sud.

A Nord si innalza una montagna alta più di seimila metri e innevata quasi per tutto l’anno, oasi di libertà e di incontri fugaci. A Sud si trova un bazar grande quanto una città con moschee, venditori, caravanserragli e vecchi hammam, grandi parchi dove famiglie e giovani restano per ore di giorno e di notte fumando un galium (narghilè). Per i ragazzi solo pochi sono i caffè aperti fino a mezzanotte dove ci si concede maggiore libertà.

Le librerie su Via della Rivoluzione espongono locandine dimenticate di opere di Nietzsche e Khayyam. Buchi vendono pane in forni di pietra o espongono frutta e frullati da bere intorno a Piazza della Rivoluzione. Murales inneggiano ovunque all’Intifada palestinese, ricordano i martiri della guerra contro l’Iraq o semplicemente rappresentano un mondo che tanto confina con l’Oriente da subire le intromissioni più esasperate dell’Occidente».

Giuseppe Acconcia, giornalista professionista e ricercatore, specializzato in Medio Oriente, dal 2005 ha vissuto tra Iran, Egitto e Siria. Scrive per Al Ahram, The Independent, Il Manifesto. Collabora con Linkiesta, Oil, Radio3Rai, Reset. Ha pubblicato saggi con Il Mulino, The International Spectator, Ispi. Autore di Egitto. Democrazia militare (Exòrma, 2014), La primavera egiziana (Infinito, 2012) e di Un inverno di due giorni (Fara, 2007).

Gli è stato assegnato il premio Giornalisti del Mediterraneo 2013 e ha recentemente realizzato un documentario radiofonico per Radio3 Il Cairo dalle strade della rivoluzione.

 

 

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