Mi era costato sangue e sacrifici, ma a venticinque anni – sei prima della mia avventura a Barcellona – avevo ottenuto qualcosa che era un piccolo miracolo per un ragazzo cresciuto in periferia: avevo superato le selezioni ed ero entrato nell’ultra-esclusivo, ultra-selettivo programma di formazione InvestMedia. Ogni mattina chiudere la porta dietro di me, il computer che mi dava il benvenuto chiamandomi per nome, il caffè portato sul vassoio, ogni mattina alle otto meno un quarto tutto si mescolava in uno schiaffo di autocompiacimento.
Il cielo di domani, di Luca Brunoni, Fontana edizioni Lugano 2016
Torno sul tema del lavoro per parlare del romanzo che ho appena letto. La storia che l’autore propone è molto attuale e porta il lettore in un mondo apparentemente ovattato, patinato, di alto profilo professionale e remunerativo, un mondo dove successo e carriera promettono felicità e prosperità. Soprattutto a chi ha bisogno di una rivincita con la vita. Almeno fino a che si è disposti ad accettare qualche effetto collaterale. Una storia che ruota attorno ad un segreto che emerge piano piano, svelandosi per indizi e avvicinamenti, rivelazioni e visioni dal passato. Una narrazione serrata, tesa come una corda, capace di tenere il lettore in pugno fino alla fine. Un romanzo che fruga tra le pieghe del potere esercitato all’interno delle grosse aziende attraverso strumenti di persuasione ambigui.
Il protagonista è un ragazzo che proviene da una famiglia dalle precarie condizioni economiche, una vita di rinunce e semi-povertà, il padre morto in un incidente sul lavoro; un ragazzo sensibile, con qualche fragilità emotiva legata al contesto in cui è cresciuto, ma con grandi doti intellettuali, che gli permettono di portare a termine gli studi universitari in modo brillante grazie ad una borsa di studio. Armato delle sue capacità e della voglia di riscatto, riesce a superare una durissima selezione e a entrare nel ristretto novero degli “happy few” che vengono assunti dalla banca americana e inseriti in un programma di formazione ad alto livello. Non solo; nel pacchetto che gli viene richiesto di firmare – e che si rivelerà una specie di cappio al collo -, legati ai risultati, ci sono benefit come l’auto aziendale, un fantastico appartamento in un quartiere tutto nuovo che la banca sta costruendo ai confini di Milano. Un quartiere esclusivo, blindato, destinato agli alti livelli manageriali, come lui stesso sembra avviato a diventare. Uno stipendio di tutto rispetto gli permette di accedere ad una qualità di vita che mai, fino ad allora, aveva neanche lontanamente intravisto e sperato di raggiungere, potendosi anche permettere di provvedere alle cure della madre malata e di aiutare la sorella.
Detto così sembra il sogno che si realizza; ma, c’è sempre un rovescio della medaglia. Come ben si può immaginare, gli viene richiesta una dedizione totale al lavoro, per potere raggiungere i risultati che da lui ci si aspetta. Giornate spese totalmente in ufficio, dati da macinare, presentazioni da sottoporre ai clienti, performance sempre in linea con gli obiettivi. Chi ha lavorato in azienda, sia che si tratti di multinazionali che di aziende nostrane, sa bene come si profili questo genere di situazione.
Le ripercussioni sulla vita privata di questa abnegazione sono disastrose: se stai dodici ore in ufficio, se quando vai a casa invece di uscire a farti una birra con gli amici, o di portare la fidanzata a spasso, ti rimetti a lavorare fino a notte fonda, difficilmente qualcuno continuerà a seguirti.
“Ma sei felice? Questa cosa ti sta piacendo davvero?” (..)
“È un’opportunità unica” dissi “ e lo sai benissimo.”
“E Martina che fine ha fatto?” È un po’ che non la vedo.”
“Martina sa che è un periodo impegnativo. “ (..)
“Immagino che lo stesso valga per i tuoi amici.”
“Ci sono momenti in cui uno deve fare dei sacrifici, se vuole riuscire.” (..)
“Tutto questo non fa per me. C’è qualcosa di malsano – qualcosa che entra in conflitto con il mio cervello primordiale, i miei cazzo di istinti di uomo. Di uomo nudo e ignorante. (..) E la domanda che sono venuto a farti è: sei sicuro che faccia per te? Che sia davvero quello che vuoi?”
E non è detto che ribellarsi sia possibile; o meglio, qualcuno può decidere di attuare delle forme coercitive subdole e celate sotto ingannevoli pretesti. Fino a convincerti persino di soffrire di una malattia. Che loro possono curare. La “grande famiglia” – come ama definire la banca il responsabile del programma di formazione, che sulla sua riuscita gioca la sua stessa carriera – sa come domare certe ribellioni, sa come manipolare senza che il dipendente in questione nemmeno se ne renda conto.

Ma quando l’insubordinazione sembra sotto controllo e il bravo soldatino sottomesso ai suoi obblighi aziendali, accade qualcosa che rimette tutto in gioco. Un corso a Barcellona, apparentemente anomalo rispetto agli standard che la banca aveva garantito in situazioni precedenti, apre una piccola crepa, che pian piano si allarga, fino a divenire una diga che si sgretola e lascia passare un’onda d’acqua talmente potente da infrangere qualsiasi finzione, anche se ben congegnata. Basta dimenticarsi di prendere certe pillole ed ecco salire l’onda dei ricordi, flash di momenti vissuti che riaffiorano, che instillano il dubbio che sia stia vivendo la propria vita, o che, piuttosto, sia una vita diversa.
E se un giorno avessimo potuto gestire la memoria a piacimento? Cancellare i ricordi brutti o superflui, custodire e classificare quelli belli, come si fa con le fotografie di un viaggio? Butti giù due pillole e ti si apre in testa un riquadro, come se stessi lavorando al computer: vedi elencati tutti i tuoi ricordi, classificati per anno. Puoi spostare, tagliare, sfoltire, combinare, cancellare.
La figura chiave di questo risveglio è una persona che il protagonista conosce bene, ma che non può rivelarsi, ed è del tutto insospettabile; una coscienza che ad un certo punto si sfila, rosa dai rimorsi per le ripercussioni della politica aziendale che pretende di disporre in modo totale dei suoi dipendenti, o almeno di quelli su cui ha puntato tutto.
La storia si sviluppa in una Barcellona anomala, cupa, attraversata da temporali e piogge, un tempo meteorologico che sembra evolvere di pari passo con il mondo interiore del protagonista; settantadue ore in cui tutto è in discussione: il passato, il presente e il futuro, un amore perso e rimpianto, e uno nuovo che si cerca di salvare; amicizie vecchie e nuove che fanno da bussola in questo mare tempestoso.

Barcellona è uno dei protagonisti di questo bel romanzo: come un essere vivente, respira e urla, abbraccia e nasconde, scuote e consola. È una presenza salvifica, palpitante e reale.
Non vi dico di più, potrei rovinarvi la corsa verso un finale inatteso.
L’incipit potete leggerlo qui.
Luca Brunoni è nato a Lugano nel 1982. Ha studiato giurisprudenza e letteratura e vive tra la sua città natale e Neuchâtel. “Il cielo di domani” è il suo primo romanzo.
Certo che a leggere le tue recensioni la voglia di leggere si fa esuberante…ciao Pina
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eh… non scelgo a caso… mi fa piacere mettere l’acquolina in bocca e stimolare la curiosità!
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lo so bene che non scegli a caso…è così difficile e pieno di smarrimenti il cammino nella letteratura del presente… fai un lavoro utilissimo preziosa amica
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grazie, Poeta, almeno, ci provo …
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❤ :* alla grande direi…
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Concordo con Franz, decisamente. Poi dici di Ballard e della sua inquietudine, ma anche queste “grandi famiglie aziendali” non solo proprio il massimo per tenere sotto controllo i livelli d’angoscia, eh. Sul tema del lavoro e sul fatto che anche quando riesci a diventare uno degli “happy few” (ho adorato il riferimento), non è detto che tutto vada per il verso giusto c’è molto da riflettere e da dire. Buone letture.
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Grazie Benny. sì in effetti in questa storia ci sono molte inquietudini, che si riflettono sulla vita privata del protagonista. Anche a livello affettivo, è una bella sfida – quella dei nostri tempi – dove spesso la corsa ad accaparrarsi un posto di lavoro fa perdere di vista cosa è più importante. Brunoni scava molto nella psicologia dei suoi personaggi, per andare a tirare fuori le motivazioni più nascoste che fanno compiere certe azioni
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Molto bella questa recensione, concordo con tutti gli altri commenti sopra. Brava e grazie
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grazie a te per il passaggio!
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È sempre un piacere
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L’ho letto e sono rimasta poco soddisfatta di come è andata a finire… mi sarebbe piaciuto che l’autore criticasse più il sistema economico iniquo piuttosto che farne una questione di liberazione personale…
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Capisco, del resto ogni lettore ha le sue aspettative. A me non è dispiaciuto, anzi; la fine mi sembra esemplificativa del fatto che dal singolo la ribellione si può allargare e divenire un esempio contagioso. grazie del passaggio
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