Non so quanti di voi conoscono le Guerrilla Girls. A metà degli anni 80 iniziarono la loro attività di femministe radicali: indossavano delle maschere da gorilla e protestavano contro la quasi totale assenza nei grandi musei, nelle collezioni e nelle gallerie d’arte, di artiste, di artisti non bianchi o appartenenti ad altri gruppi sociali. Il loro slogan, immediatamente cavalcato da tutte le femministe, era riportato su un manifesto di grande impatto, che divenne famoso a livello mondiale:

Do Women Have To Be Naked To Get Into the Met. Museum? 1989 by Guerrilla Girls

Questo è il loro sito ufficiale, dove potete leggere la loro storia e di cosa si occupano oggi.

Ne parlo perché, anche se qualche passo in avanti si è fatto, lo sbilanciamento è tutt’ora vero: nelle grandi collezioni e nelle mostre le artiste sono presenti con percentuali molto basse, nonostante dal Diciannovesimo secolo in poi, siano aumentate e rappresentino oggi una realtà variegata, attiva e originale. Qualche tempo fa ho parlato di Shirin Neshat, un nome forse tra i più noti, ma certo non l’unica artista a mettersi in gioco con le proprie creazioni.

Pubblicherò una piccola serie di post con i quali vi propongo artiste contemporanee che oggi si distinguono per originalità.

Mehretu Mural

Julie Mehretu, la città dinamica

Julie Mehretu nasce nel 1970 ad Addis Abeba, Etiopia. Nel 1997 si laurea in pittura presso la Rhode Island School of Design. Attualmente vive e lavora a New York. La sua poetica è una reinterpretazione contemporanea di correnti innovative ma già consolidate come l’astrattismo e l’action painting (nota in Italia come espressionismo astratto).

Mehretu opera

La produzione pittorica di Mehretu si compone principalmente di grandi tele sulle quali l’artista applica diversi strati di acrilico. La compressione e la saturazione delle superfici prendono ispirazione dalle città densamente popolate tipiche del XXI secolo. Le sue composizioni fondono assieme rendering architettonici, sovrapposti poi da forme geometriche e da una moltitudine di segni a matita, a penna e a inchiostro.

mehretu workflow

L’artista descrive le sue opere come “mappe narrative di luoghi che non sono”, ovvero rappresentazioni di realtà immaginarie nelle quali riconosciamo i tratti delle realtà urbane contemporanee in cui gli spazi si comprimono e i ritmi accelerano. La complessa trama di sovrapposizioni, con elementi stratificati come ‘se fossero fossili’, rivela una riflessione sulla memoria e sull’eredità delle epoche passate che ancora si riverberano sul presente.

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foto by Emmet Malmstrom

Tra le mostre personali dell’artista ricordiamo quelle presso Guggenheim Museum, New York (2010), Detroit Institute of Art (2007), Walker Art Center, Minneapolis (2003). Mehretu ha realizzato appositamente per il cubo di Punta della Dogana due tele (entrambe Untitled, 2011) che sono state esposte in occasione della mostra ‘”Elogio del dubbio” (2011-13).

(biografia ripresa dal sito di Palazzo Grassi)