«Ogni domenica vi ritrovate qui a ubriacarvi e mangiare peperoncini piccanti fino a piangere? E facevate a gara a chi piangeva di più e più a lungo? È ridicolo… e fa abbastanza schifo» ha obiettato Lert quando ho finito di spiegargli le feste in lacrime. (..) Con il tempo scoprimmo che lo scopo delle feste in lacrime non era soltanto di intrattenerci; al contrario, June le sfruttava per scindere il pianto dalla tristezza.

Feste in lacrime, di Prabda Yoon, add editore 2018, traduzione dall’inglese di Luca Fusari; la traduzione dal thailandese all’inglese è di Mui Poopoksakul

Avevo adocchiato questa raccolta di racconti sul blog di Claudia Pezzetti, Il giro del mondo intorno ai libri, vetrina inesauribile di novità da tutti gli angoli della terra. Il titolo mi aveva molto incuriosito, e, in prima battuta, avevo immaginato dei racconti di genere realistico, e un po’ etnico; leggendo la recensione di Claudia, ho però messo a fuoco che si tratta di un genere completamente diverso, che mi ha subito incuriosito. Devo anche dire che non ho mai letto alcun autore thailandese e quindi mi sono procurata il libro.

Ciò che mi ha maggiormente colpito di questi racconti è lo stile dell’autore: un’altalena che si spinge ora verso il realismo, ora verso l’immaginario, espresso con fine ironia, con uno humor a volte nero, a volte metafisico, virando continuamente, come una risalita di bolina, tra assurdo e reale. Proponendo dei fermi immagine, che restano sospesi, e lasciano il lettore a cullarsi nella propria immaginazione per dare un finale. Esprimendosi con un linguaggio molto attuale, vicino al parlato, illuminato da voli poetici che vanno dritti al cuore. E con un mood tutto orientale, buddhista, di fatalismo e di stoica convivenza con le prove a cui la vita ci sottopone. 

Un andamento per niente continuo che stimola la curiosità perché non si sa cosa aspettarsi al prossimo racconto; un antidoto contro la noia, capace di sorprendere, ma allo stesso tempo far riflettere e, in qualche caso, innescare quel filo di amarezza. Un raccontare completamente diverso da quello a cui sono abituata e qui sta il bello: imbattersi in una cultura diversa, con uno sguardo che coglie aspetti che tu a prima vista neanche avresti notato. Anche se un sostrato comune lo percepisci e poi, leggendo la biografia di Yoon, capisci il perché di questa sensazione, di questo trovare pezzi di cultura orientale e occidentale fusi insieme. Molto esplicativa, in questo percorso di comprensione, la nota a margine dei racconti della traduttrice dal thailandese all’inglese, per mettere a fuoco la realtà storico culturale in cui lo scrittore esprime il suo approccio creativo.

Prabda Yoon è un artista a tutto tondo: scrittore, regista, editore, traduttore, grafico. Ha studiato negli USA, ha tradotto nella sua lingua romanzi come “Il giovane Holden”, “Arancia meccanica” e “Lolita” (sotto trovate la biografia completa). E questo spiega quanto conosca e abbia assorbito la cultura occidentale, pur mantenendo ferme le sue radici culturali, anzi mescolandole insieme per ottenere un qualcosa di unico.

La raccolta contiene dodici racconti di ambientazione urbana, frammenti di vite delle quali l’autore ci mostra una scheggia; inquietanti, divertenti, criptici, fantastici, sono tutti godibili e originali.

Come il primo – che dà il titolo alla raccolta – in cui un gruppo di amici si ritrova periodicamente per piangere a comando, mangiando peperoncini piccantissimi, su richiesta di una loro amica. O come in “Penna tra parentesi”, dalla costruzione ammiccante. E poi “Miss spazio”, tutto giocato sulla consuetudine thailandese di non lasciare spazi tra le parole, mentre la protagonista ne lascia di enormi, suscitando la curiosità di un ragazzo che la incrocia sull’autobus. E così via, fino all’auto-ironico “Marut davanti al mare”.

Se volete avvicinarvi alla cultura moderna thailandese, questa raccolta vi offre un’ottima occasione.

Prabda YoonPrabda Yoon (1973) è uno scrittore, regista, editore, traduttore e grafico thailandese. Ha studiato negli Stati Uniti Communication Design alla Parsons School of Design a New York; Graphic Design con Dan Friedman e Milton Glaser e Cinema con Robert Breer alla Cooper Union.
In Thailandia ha pubblicato due raccolte di racconti e con Kwam Na Ja Pen (tradotta in inglese come Pen in Parentheses) ha vinto il prestigioso S.E.A. Write Award nel 2002.
Ha tradotto in thailandese Il giovane HoldenArancia MeccanicaLolita, tra gli altri.
Ha una casa editrice indipendente, Typhoon Studio, che pubblica narrativa thai e saggistica internazionale. Ha fondato la libreria e caffetteria Bookmoby al Bangkok Art & Culture Center.
È lo sceneggiatore di Last Life in the Universe (2003) e Invisible Waves (2006) di Pen-Ek Ratanaruang, regista della new wave del cinema thailandese. I suoi ultimi film come regista sono Someone from Nowhere (2017, in concorso al Tokyo Film Festival) e Motel Mist (2016, presentato all’International Film Festival di Rotterdam).