Proseguo nella lettura dei Sonetos del amor oscuro, di Federico García Lorca (i primi due li trovate qui e qui); oggi vorrei parlarvi di:

Llagas de amor

Esta luz, este fuego que devora.

Este paisaje gris que me rodea.

Este dolor por una sola idea.

Esta angustia de cielo, mundo, y hora.

 

Este llanto de sangre que decora

lira sin pulso ya, lúbrica tea.

Este peso del mar que me golpea.

Este alacrán que por mi pecho mora.

 

Son guirnalda de amor, cama de herido,

donde sin sueño, sueño tu presencia

entre las ruinas de mi pecho hundido;

 

Y aunque busco la cumbre de prudencia

me da tu corazón valle tendido

con cicuta y pasión de amarga ciencia.

 

Piaghe d’amore

 

Questa luce, questo fuoco che consuma.

Questo paesaggio grigio che m’attornia.

Questa pena per un’idea fissa.

Quest’angoscia di cielo, mondo e ora.

 

Questo pianto di sangue che illustra

inerte lira, torcia senza presa.

Questo urto del mare che mi batte.

Questo scorpione entro di me in attesa.

 

Serto d’amore, branda di ferito

sono ove sogno insonne la presenza

tua fra queste macerie del mio petto;

 

e se un vortice cerco di prudenza

il tuo cuore mi dà un dirupo fitto

di cicuta e affanno d’amara scienza.

 

Questo sonetto ha nelle quartine una struttura fortemente anaforica. L’effetto più vistoso della costruzione è la martellante reiterazione – con l’unica eccezione del verso 6 – dei dimostrativi “esta/este“, che concentrano l’attenzione del lettore su ciascun sintagma che viene così isolato dalla serie, acquista una sua particolare rilevanza, ribadita e scandita, ed infine unita dalla struttura accomunatrice lungo tutta la fronte.

Tutti i lessemi costituenti la serie enunciativa sono le caratterizzazioni, le sfaccettature che, nel loro insieme, contribuiscono a descrivere le “llagas de amor” nel titolo.

Nel v.1 la “luz” ma soprattutto il “fuego que devora” appartengono al codice universale del linguaggio amoroso; il dolore provocato da questo pensiero che insistentemente popola la coscienza dell’io poetico, dà luogo ad un senso d’angoscia che si espande a tal punto da coinvolgere la dimensione totale, cosmica: “cielo, mundo, y hora“. Il mondo esterno viene quindi caricato di questo peso che opprime il poeta, c’è proiezione di sentimenti.

Nella seconda quartina il dolore è “llanto de sangre“, è angoscia che distrugge fino al sangue, è un “alacrán” che morde il petto dell’amante; è inoltre una sofferenza enorme: “peso del mar“.

Ambedue le quartine hanno una struttura binaria: in Q1 la pena ha dimensione interiore e cosmica; in Q2 il dolore coinvolge la esistenza fisica ed emotiva.

Le terzine costituiscono una sorta di glossa delle quartine. L’io parlante, nonostante denunci la propria condizione dolorante, espressa con sintagmi appartenenti al codice lessicale peculiare lorchiano, quali “cama de herido“, “pecho hundido“, si appella ad una fedeltà all’amato, ad un’offerta d’amore: “Son guirnalda de amor“, “sueño tu presencia“. Il parlante quindi soffre le pene d’amore ma ancor di più soffre per l’ “ausencia” incombente dell’essere amato. La passione amorosa è forte e prorompente anche se il soggetto cerca di domarla e incanalarla: “aunque busco la cumbre de prudencia“.

L’assenza, nella seconda terzina, si profila come rifiuto: da un lato l’offerta di sé stessi e del proprio amore, dall’altro “me da tu corazón valle tendido / con cicuta y pasión de amarga ciencia“, vuoto e dolore amaro.

Grazie alla sua struttura metrico-sintattica (con la presenza di numerosi “encabalgamientos mediales” ), il testo ha un tono diretto, discorsivo, immediato che si amalgama perfettamente alla sua semantizzazione, al suo essere cioè, una confessione, una constatazione rivolta a sé stesso del parlante.

Alla prossima!!

Casa Museo Natal de Federico García Lorca

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