Il gobbo

 

Dalla solita sponda del mattino

io mi guadagno palmo a palmo il giorno:

il giorno dalle acque così grigie,

dall’espressione assente.

 

Il giorno io lo guadagno con fatica

tra le due sponde che non si risolvono,

insoluta io stessa per la vita

… e nessuno m’aiuta.

 

Ma viene a volte un gobbo sfaccendato,

un simbolo presago d’allegrezza

che ha il dono di una strana profezia.

 

E perché vada incontro alla promessa

lui mi traghetta sulle proprie spalle.

 

22 dicembre 1948

 

Fiore di poesia, di Alda Merini, a cura di Maria Corti, Einaudi editore 1998 (2014)

Alda Merini è poetessa più che nota, anzi, forse, un po’ troppo “abusata”, nel senso che è sicuramente una delle voci poetiche più citate in Italia (in tempi recenti..): il suo nome, i suoi versi e aforismi (ne ha scritti più di cinquecento), i suoi ritratti appaiono un po’ dovunque, spesso in modo coerente, ma spessissimo un po’ come un jolly da giocare per vincere la partita.

Anche tu ne stai parlando, però, direte. Ebbene sì, ma per invitarvi a leggere questo bellissimo volume (la mia copia ha subito un piccolo incidente…) curato da Maria Corti, che ha il duplice pregio di contenere, ovviamente gli scritti della poetessa, ma anche un testo introduttivo molto serio.

L’introduzione della Corti merita una attenta lettura per conoscere Alda Merini e la sua poetica.

… è per noi illuminante il processo mentale seguito da questa originale poetessa: dapprincipio lei vive all’interno di una realtà tragica in modo allucinato e sembra vinta; poi la stessa realtà irrompe nell’universo memoriale e da lì è proiettata nell’immaginario e diviene una visione poetica dove ormai è lei a vincere, a dominare, non più la realtà. Questo processo creativo è vivo a partire già dai primi scritti di Alda Merini, poco noti ai lettori d’oggi perché editi nei primi anni Cinquanta e spesso ormai introvabili. Proprio per questa confusa situazione editoriale si darà molto spazio nell’antologia ai primi scritti poetici dell’autrice, che spesso raggiungono un’originalità inventiva superiore agli ultimi di questa fine millennio.

 

Manicomio è parola assai più grande

delle oscure voragini del sogno,

eppur veniva qualche volta al tempo

filamento di azzurro o una canzone

lontana di usignolo o si schiudeva

la tua bocca mordendo nell’azzurro

la menzogna feroce della vita.

O una mano impietosa di malato

saliva piano sulla tua finestra

sillabando il tuo nome e finalmente

sciolto il numero immondo ritrovavi

tutta la serietà della tua vita.

 

da “La Terra Santa” , 1984