Ho parlato poco, qui sul blog, di uno degli autori che più amo. Gli ho dedicato una recensione e basta. Mi piacerebbe dargli spazio, e magari lo farò. Per caso, stamani, ho visto che oggi è l’anniversario della sua morte e allora vorrei rileggere con voi l’incipit di “Sostiene Pereira“, e il testo che Tabucchi scrisse per “Il Gazzettino” nel settembre del 1994.
Sostiene Pereira di averlo conosciuto in un giorno d’estate. Una magnifica giornata d’estate, soleggiata e ventilata, e Lisbona sfavillava. Pare che Pereira stesse in redazione, non sapeva che fare, il direttore era in ferie, lui si trovava nell’imbarazzo di mettere su la pagina culturale, perché il “Lisboa” aveva ormai una pagina culturale, e l’avevano affidata a lui. E lui, Pereira, rifletteva sulla morte. Quel bel giorno d’estate, con la brezza atlantica che accarezzava le cime degli alberi e il sole che splendeva, e con una città che scintillava, letteralmente scintillava sotto la sua finestra, e un azzurro, un azzurro mai visto, sostiene Pereira, di un nitore che quasi feriva gli occhi, lui si mise a pensare alla morte. Perché? Questo a Pereira è impossibile dirlo. Sarà perché suo padre, quando lui era piccolo, aveva un’agenzia di pompe funebri che si chiamava Pereira La Dolorosa, sarà perché sua moglie era morta di tisi qualche anno prima, sarà perché lui era grasso, soffriva di cuore e aveva la pressione alta e il medico gli aveva detto che se andava avanti così non gli restava più tanto tempo, ma il fatto è che Pereira si mise a pensare alla morte, sostiene. E per caso, per puro caso, si mise a sfogliare una rivista. Era una rivista letteraria, che però aveva anche una sezione di filosofia. Una rivista d’avanguardia, forse, di questo Pereira non è sicuro, ma che aveva molti collaboratori cattolici. E Pereira era cattolico, o almeno in quel momento si sentiva cattolico, un buon cattolico, ma in una cosa non riusciva a credere, nella resurrezione della carne. Nell’anima sì, certo, perché era sicuro di avere un’anima; ma tutta la sua carne, quella ciccia che circondava la sua anima, ebbene, quella no, quella non sarebbe tornata a risorgere, e poi perché?, si chiedeva Pereira.
“Sostiene Pereira” è un romanzo scritto in forma originale, una testimonianza raccolta dalla voce di Pereira, ambientata nel Portogallo della dittatura di Salazar – siamo nel 1938 – che, con la Spagna di Franco, decise di reprimere ogni libertà e di avallare la scelleratezza hitleriana. La trama probabilmente la conoscete, e comunque in rete trovate centinaia di recensioni. Personalmente, amo questo romanzo per diversi motivi: per il suo valore letterario in primis, e per i valori che esprime. “Sostiene Pereira” è un’esortazione a perseguire la libertà e la coscienza critica individuale, quello strumento che ciascuno può esercitare, nel suo piccolo, per sommarsi a tante altre che, insieme, possono opporsi alle dittature che imbavagliano le coscienze e l’informazione. Tabucchi nel romanzo racconta un luogo e un tempo specifico – il clima e le derive politiche della seconda metà degli anni Trenta – ma il messaggio è di grande attualità, e dunque, se già non lo avete fatto, vi suggerisco di leggere questo che possiamo ormai considerare un gioiello della letteratura italiana del Novecento.
Il testo pubblicato su “Il Gazzettino”:
Il dottor Pereira mi visitò per la prima volta in una sera di settembre del 1992. A quell’epoca non si chiamava ancora Pereira, non aveva ancora i tratti definiti, era qualcosa di vago, di sfuggente e di sfumato, ma aveva già la voglia di essere protagonista di un libro. Era solo un personaggio in cerca d’autore. Non so perché scelse proprio me per essere raccontato. Un’ipotesi possibile è che il mese prima, in una torrida giornata d’agosto di Lisbona, anch’io avevo fatto una visita. Ricordo con nitidezza quel giorno. Al mattino comprai un quotidiano della città e lessi la notizia che un vecchio giornalista era deceduto all’Ospital de Santa Maria di Lisbona e che le sue spoglie erano visibili per l’estremo omaggio nella cappella di quell’ospedale. Per discrezione non desidero rivelare il nome di quella persona. Dirò solo che era una persona che avevo fuggevolmente conosciuto a Parigi, alla fine degli anni sessanta, quando egli, da esiliato portoghese, scriveva su un giornale parigino. Era un uomo che aveva esercitato il suo mestiere di giornalista negli anni quaranta e cinquanta, in Portogallo, sotto la dittatura di Salazar. Ed era riuscito a giocare una beffa alla dittatura salazarista pubblicando su un giornale portoghese un articolo feroce contro il regime. Poi, naturalmente, aveva avuto seri problemi con la polizia e aveva dovuto scegliere la via dell’esilio. Sapevo che dopo il Settantaquattro, quando il Portogallo ritrovò la democrazia, era ritornato nel suo paese, ma non lo avevo più incontrato. Non scriveva più, era in pensione, non so come vivesse, era stato purtroppo dimenticato. In quel periodo il Portogallo viveva la vita convulsa e agitata di un paese che ritrova la democrazia dopo cinquant’anni di dittatura. Era un paese giovane, diretto da gente giovane. Nessuno si ricordava più di un vecchio giornalista che alla fine degli anni quaranta si era opposto con determinazione alla dittatura salazarista. Andai a visitare la salma alle due del pomeriggio. La cappella dell’ospedale era deserta. La bara era scoperta. Quel signore era cattolico, e gli avevano posato sul petto un cristo di legno. Mi trattenni presso di lui una decina di minuti. Era un vecchio robusto, anzi grasso. Quando lo avevo conosciuto a Parigi era un uomo sui cinquant’anni, agile e svelto. La vecchiaia, forse una vita difficile, avevano fatto di lui un vecchio grasso e flaccido. Ai piedi della bara, su un piccolo leggio, c’era un registro aperto dove erano riportate le firme dei visitatori. C’erano scritti alcuni nomi, ma io non conoscevo nessuno. Forse erano suoi vecchi colleghi, gente che aveva vissuto con lui le stesse battaglie, giornalisti in pensione. In settembre, come dicevo, Pereira a sua volta mi visitò. Lì per lì non seppi cosa dirgli, eppure capii confusamente che quella vaga sembianza che si presentava sotto l’aspetto di un personaggio letterario era un simbolo e una metafora: in qualche modo era la trasposizione fantasmatica del vecchio giornalista a cui avevo portato l’estremo saluto. Mi sentii imbarazzato ma l’accolsi con affetto. Quella sera di settembre compresi vagamente che un’anima che vagava nello spazio dell’etere aveva bisogno di me per raccontarsi, per descrivere una scelta, un tormento, una vita. In quel privilegiato spazio che precede il momento di prendere sonno e che per me è lo spazio più idoneo per ricevere le visite dei miei personaggi, gli dissi che tornasse ancora, che si confidasse con me, che mi raccontasse la sua storia. Lui tornò e io gli trovai subito un nome: Pereira. In portoghese Pereira significa albero del pero, e come tutti i nomi degli alberi da frutto, è un cognome di origine ebraica, così come in Italia i cognomi di origine ebraica sono nomi di città. Con questo voglio rendere omaggio a un popolo che ha lasciato una grande traccia nella storia portoghese e che ha subito le grandi ingiustizie della Storia. Ma c’era un altro motivo, questo di origine letteraria, che mi spingeva verso questo nome: un piccolo intermezzo di Eliot intitolato What about Pereira? in cui due amiche evocano, nel loro dialogo, un misterioso portoghese chiamato Pereira, del quale non si saprà mai niente. Del mio Pereira invece io cominciavo a sapere molte cose. Nelle sue visite notturne mi andava raccontando che era vedovo, cardiopatico e infelice. Che amava la letteratura francese, specialmente gli scrittori cattolici fra le due guerre, come Mauriac e Bernanos, che era ossessionato dall’idea della morte, che il suo migliore confidente era un francescano chiamato Padre António, dal quale si confessava timoroso di essere un eretico perché non credeva alla resurrezione della carne. E poi, le confessioni di Pereira, unite all’immaginazione di chi scrive, fecero il resto. A Pereira trovai un mese cruciale della sua vita, un mese torrido, l’agosto del 1938. Ripensai all’Europa sull’orlo del disastro della seconda guerra mondiale, alla guerra civile spagnola, alle tragedie del nostro passato prossimo. E nell’estate del novantatre, quando Pereira, divenuto un mio vecchio amico, mi aveva raccontato la sua storia, io potei scriverla. La scrissi a Vecchiano, in due mesi anch’essi torridi, di intenso e furibondo lavoro. Per una fortunata coincidenza finii di scrivere l’ultima pagina il 25 agosto del 1993. E volli registrare quella data sulla pagina perché è per me un giorno importante: il compleanno di mia figlia. Mi parve un segnale, un auspicio. Il giorno felice della nascita di un figlio nasceva anche, grazie alla forza della scrittura, la storia della vita di un uomo. Forse, nell’imperscrutabile trama degli eventi che gli dèi ci concedono, tutto ciò ha un suo significato.
Mi rimane un ricordo vivido di un incontro con lui organizzato dal nostro docente di Letteratura portoghese durante gli anni universitari … Copio il link al docu-film diretto da Diego Perucci, prodotto da Giuseppe Cassaro e Samuele Rossi per Echivisivi in associazione con Dottor Cardoso. E, naturalmente, vi suggerisco anche di vedere il film di Roberto Faenza, in cui Marcello Mastroianni si cala nei panni di Pereira. C’è un aneddoto al riguardo; si dice che Mastroianni, appena finito di leggere il romanzo, chiamò Tabucchi, di cui era amico, e gli urlò “Pereira sono io!”.
Un bel modo per ricordare Tabucchi, un fine intellettuale europea, nel giorno del suo anniversario.
"Mi piace""Mi piace"
Dovremmo tenere a mente la sua statura, sia come letterato (quanti di noi hanno scoperto Pessoa grazie a lui?) che si è espresso in opere notevoli, sia come intellettuale e uomo. Gli dedicherò altri post, sperando di incuriosire chi ancora non lo conosce. Grazie del commento
"Mi piace"Piace a 2 people
Ho letto da poco “Viaggi e altri viaggi” e la raccolta di racconti “Il gioco del rovescio”: è un autore che ho recuperato, colpevolmente solo ora. Intanto grazie per questo approfondimento. Aspetto con impazienza i prossimi post dedicati a questo scrittore ;).
"Mi piace"Piace a 1 persona
Ottimo, sei sulla buona strada… ;)))
"Mi piace"Piace a 1 persona
a mia memoria, uno degli incipit più belli della letteratura italiana dagli anni ottanta in avanti
"Mi piace"Piace a 1 persona
di sicuro; ti prende subito e ti spinge fino all’ultima pagina
"Mi piace""Mi piace"
sì, Tabucchi era intellettualmente un onesto
"Mi piace"Piace a 1 persona
Mi fai venire voglia di rileggerlo. L’ho amato moltissimo e così anche il film, cosa rara (ma c’era Mastroianni)
"Mi piace"Piace a 1 persona
Anche a me è piaciuto il film e quando penso a Pereira mi viene in mente Mastroianni… il romanzo merita sicuramente una rilettura! ciao!
"Mi piace"Piace a 1 persona
bellissimo questo collage che hai fatto attorno a Tabucchi/Pereira, l’incipit memorabile del romanzo, la sua “confessione” al Gazzettino, le tue note, il trailer del cortometraggio.
Con Tabucchi io mi sono sempre perso, nel senso che mi affascinava la sua scrittura, precisa e fantasiosa allo stesso tempo e a un certo punto mi disorientavo dentro la sua dimensione onirica.
Tristano muore è un romanzo che forse ho amato più di sostiene Pereira.
ml
"Mi piace"Piace a 1 persona
Molto bello anche quello, sempre nel suo stile… non so se si trova in rete, ma era stato fatto un film-documentario sulla genesi di quel romanzo, con Tabucchi che raccontava la lunga gestazione (circa dieci anni). Ho provato a cercare adesso, ma non l’ho trovato…
"Mi piace""Mi piace"
Mi accorgo di aver “dimenticato” Trabuchi. Mi chiedo come sia avvenuto. Non lo leggo da molti anni.
Tanti i suoi libri che non ho letto. Forse, dovrei lasciar perdere la voglia che mi hai indotto di rileggere Sostiene Pereira, e dedicarmi a conoscerlo meglio.
"Mi piace"Piace a 1 persona
dai, che poi sono curiosa di sentire i tuoi commenti
"Mi piace""Mi piace"
😀
"Mi piace""Mi piace"
Hai fatto molto bene, Pina, a ricordare Tabucchi. Una figura eccezionale, rigorosa e – come dici- onesto intellettualmente, senza le vanità che altri esibiscono. L’ ho sempre apprezzato più come critico e pensatore che come scrittore. Ma è passato tanto tempo e forse dovrei di nuovo misurarmi con lui: il tuo post mi ha risvegliato il ricordo e la curiosità. Grazie e ciao!
"Mi piace"Piace a 1 persona
Mi fa piacere stuzzicare la curiosità! buone letture
"Mi piace""Mi piace"
Ho amato molto questo libro e mi mancava la storia dell’incontro tra Tabucchi e Pereira: molto interessante!💙
"Mi piace"Piace a 1 persona
spesso sono proprio i personaggi a materializzarsi prima ancora che l’autore li abbia concepiti
"Mi piace"Piace a 1 persona
È vero, è una cosa che mi colpisce molto, quasi venissero da un’altra dimensione e ogni tanto si affacciassero nelle menti di chi è in grado di raccogliere la loro storia
"Mi piace"Piace a 1 persona