Prima di lasciare la Toscana per tornare in quel di Milano, mi sono concessa una gita in Garfagnana, uno dei miei luoghi del cuore. È una valle stretta tra l’Appennino e le Alpi Apuane, un luogo ancora largamente naturale, impreziosito dai boschi di castagni e dalle acque di molti torrenti. Ci sono tanti paesini arroccati su speroni o lungo dolci declivi, si respira un’aria di montagna profumata di bosco e si mangiano cibi freschi preparati in modo semplice e gustoso. Se vi capita di passare nelle vicinanze, vi consiglio di includerla nel vostro percorso; è raggiungibile da Lucca, dalla Versilia, da Modena e da Aulla.

Ariosto

«Il vigesimo giorno di febraio/chiude oggi l’anno che da questi monti/che dànno a’ Toschi il vento di rovaio/qui scesi, dove da diversi fonti/con eterno rumor confondon l’acque/la Tùrrita col Serchio fra duo ponti/per custodir, come al signor mio piacque/il gregge grafagnin, che a lui ricorso/ebbe, tosto che a Roma il Leon giacque.»

Ludovico Ariosto

Nel febbraio del 1522 Ludovico Ariosto fu inviato a Castelnuovo, in provincia di Lucca, con il difficile incarico di Governatore della Garfagnana, da poco annessa al Ducato Estense di Ferrara. E in questa regione inospitale, abitata da una popolazione fiera e indomita, trascorse ben tre anni, dimostrando grandissime abilità politiche e pratiche, ma sempre rimpiangendo la sua città, la sua donna, i suoi amati studi. La Rocca dove abitò delimita un lato del perimetro del paese antico, donandogli fascino.

La Garfagnana ha lasciato una traccia profonda nelle opere di Ariosto. Egli arrivò in Garfagnana, con nove soldati soltanto, nel 1522, quando Lucca stava vivendo la paura per l’espansionismo di Firenze, il problema del papato e della donazione della Garfagnana agli Estensi. Non era un governatore esperto, bensì un commissario e un poeta (“Mi fecero da poeta a uomo di governo”). I sentimenti prevalenti in lui erano solitudine, paura, angoscia: si sentiva sempre più solo e abbandonato, prendeva piena coscienza di ciò che aveva lasciato a Ferrara, sentiva la mancanza di Alessandra – gentildonna da lui amata in gran segreto -, si interrogava sulle sue reali capacità di governare una terra sconosciuta, abitata da una popolazione litigiosa e da banditi. La sua situazione gli faceva identificare la realtà locale con una situazione avversa, e il suo stato emotivo potrebbe in parte spiegare la negatività del giudizio da lui espresso sulla nostra terra.
Ad Ariosto sono dedicate la Rocca Ariostesca, dove visse e lavorò, un liceo classico a Barga, un piccolo hotel e una piazzetta a Castelnuovo. Nella satira settima Ariosto afferma che la Garfagnana era popolata da gente incolta. Ma forse non conobbe l’arte diffusasi nel 1400 in tante chiese, non visitò i quattro conventi dei frati francescani a Barga, né il duomo in stile neoclassico di Castelnuovo, non incontrò la compagnia di Santa Croce che aveva sede a dieci metri dalla sua fortezza e che gestiva un ospedale e una scuola. Forse Ariosto, in difficoltà, preferiva vivere nel mondo della poesia, chiuso nella sua rocca, in attesa di tornare a Ferrara per vivere con l’amata Alessandra. (articolo di Michela Martinelli, “Lucca in diretta”)

(Sopra: il palazzo del Comune, il Duomo e una via)

Pascoli, che frequentò la Garfagnana – in epoca diversa – ne ebbe delle impressioni diverse:

Su la nebbia che fuma dal sonoro
Serchio, leva la Pania alto la fronte
nel sereno: un aguzzo blocco d’oro,

su cui piovano petali di rose
appassite. Io che l’ amo il vecchio monte,
gli parlo ogni alba, e molte dolci cose gli dico

 

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Chiesa romanica di San Biagio, Poggio

Personalmente, la amo perché è il luogo da cui ha origine la famiglia di mio padre. Ci ho trascorso tante estati, in vacanza dal nonno paterno, vivendo spensierate vacanze e imparando ad amare questo territorio unico e affascinante. La giornata di ieri mi ha riportata indietro nel tempo richiamando una marea di ricordi e di volti, mi ha fatto assaporare i cibi della mia gioventù, regalandomi una felicità intima e intensa.

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