Albert pensò che se davvero i beni più preziosi erano ciò che di più caro si possedeva, allora il presupposto per amare una cosa o una persona doveva essere proprio quello: possederla, almeno in parte. E per la prima volta da quando aveva lasciato il Sant’Elena sentì la mancanza di Alfonsa. A lei sarebbe piaciuta quella sua teoria. (pag. 139)

Quasi tutto velocissimo, di Christopher Kloeble, Keller editore 2019, traduzione di Scilla Forti, pagg. 382

Che meraviglia questo romanzo! Non posso che usare la parola preferita da uno dei protagonisti: estasiante! Un romanzo che affronta temi importanti come la definizione di genitorialità, la ricerca dell’identità, il rapporto con le persone svantaggiate nelle facoltà intellettive, con una profondità estrema attraverso uno stile ironico e “leggero”; un romanzo capace di raccontare storie del passato avvolte da fosche tinte, senza disperdere la potenza dei legami che tengono unite le persone; un romanzo di formazione che racconta un viaggio intrapreso per scoprire una verità, incalzati da un tempo che sta per scadere; un romanzo scritto con uno stile diretto, evocativo e cinematografico. Un romanzo che fa riflettere, diverte, commuove. Insomma, uno di quelli che smuove, che quando arrivi alla fine non ti basta dire: bello.

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Fonte: Siviaggia.it

Apriamo le pagine del libro e avventuriamoci in questa storia che corre su due binari temporali: il presente e il passato, e naturalmente ci si aspetta fin dall’inizio che i due filoni arrivino a convergere, trovando nel passato le risposte alle domande del presente. Il protagonista e voce narrante del racconto nel presente è Albert, un diciannovenne cresciuto in orfanotrofio: non ha mai conosciuto la madre, ma conosce e assiste fin da piccolo il padre, Fred,  le cui facoltà mentali sono particolari e lo rendono un eterno bambino, che ama sedersi alla fermata del bus a contare le macchine verdi che passano, che adora le enciclopedie e che per esprimere il massimo delle sue emozioni usa la parola estasiante. E che è persino capace di compiere un gesto eroico. Un personaggio che richiama alla mente Forrest Gump.

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Fonte: Ideegreen.it

Il romanzo ci porta nelle valli e montagne bavaresi, in un paesaggio bucolico, ma che, nel passato, portava anche i connotati dell’arretratezza e dell’isolamento. Nel presente si mostra con un altro volto, più benevolo. In uno dei suoi paesotti prende il via la storia. Quando Albert, finito il liceo, torna a casa dal padre, scopre che gli rimangono pochi mesi di vita, solo “cinque dita”. Albert fatica ad immaginare la sua vita senza Fred, un padre che non ha mai chiamato papà, che ha dovuto accudire anziché essere accudito da lui, ma che è la sua unica famiglia, che, ne è certissimo, lo ama e farebbe di tutto per lui. Persino aiutarlo a scoprire chi sia sua madre, avventurandosi in un viaggio il cui esito è più che incerto, alla ricerca di un volto e di un nome seguendo solo “le briciole di Hansel” che rimangono dal passato. E il richiamo alle atmosfere delle fiabe dei fratelli Grimm non è affatto casuale…

Parallelamente – in un andamento a capitoli alterni – il passato rievoca fatti e persone che vivono nel paese di Segendorf (che poi diventerà Königsdorf, il paese dove vivono Albert e Fred), facendo emergere cupe storie di incesti e di assassinii, di legami torbidi e di brutalità. L’autore, attraverso questo racconto, dipinge una realtà caratteristica di un tempo passato in maniera molto realistica, senza falsi moralismi. E inserisce anche un espediente linguistico autoironico: nei paesi delle valli bavaresi i bambini nati da unioni tra consanguinei che manifestavano delle carenze intellettive, venivano chiamati klöble, un chiaro richiamo al cognome dell’autore.

Con Fred, la vita non è mai banale: capita di scendere nelle reticolo fognario del paese a cercare tesori; così come di parlare con un cavallo. Fred è speciale e Albert vuole stare con lui per tutto il tempo che gli rimane da vivere. Allo stesso tempo, cerca di carpirgli informazioni utili a scoprire l’identità della madre di cui non sa nulla, e costruisce le sue ipotesi.

Tanti e potenti i personaggi femminili: la vicina di casa Klondi, l’amore di Albert, Violet, suor Alfonsa, Anni. Ciascuna con un ruolo decisivo nelle vite di Albert e Fred. A loro fanno da contrappunto i personaggi maschili: oltre ai due protagonisti che impariamo a conoscere da subito, ce ne è un terzo Julius, che arriva dal passato  e che rappresenta l’anello di unione col presente.

In conclusione: questo romanzo è una lettura estasiante, una miscela ben amalgamata di favola, detective story, on the road e Bildungsroman; a volte ci si trova immersi in atmosfere surreali, altre in tinte fosche; si corre con i protagonisti verso l’epilogo, con un ritmo di lettura velocissimo, ridendo, riflettendo e intenerendosi. Mai annoiandosi.

I libri diventarono i miei migliori amici. Con loro giravo per il mondo ed entravo in contatto con luoghi che possiamo visitare solo col pensiero. E grazie a loro riuscii finalmente a vederci chiaro, chiaro come una lettera impressa sulla carta. Capii che non potevo e non dovevo più essere quello che ero stato fino ad allora. Perché tutto passa velocissimo. Un amore. La vita. Tutto, in pratica! Abbiamo poco tempo a disposizione. Chi non lo capisce si smarrirà tra speranze e ricordi e morirà senza aver mai vissuto. I libri mi hanno aperto gli occhi, mi hanno insegnato il significato della frase “Ti voglio bene”: sapermi accettare. Perché è il primo passo per crescere. Dobbiamo capire chi siamo. Se inquadriamo noi stessi possiamo piacerci, e se ci piacciamo gli altri non possono più farci del male, e se gli altri non possono più farci del male siamo nella giusta condizione per spiegare le ali. Sono diventato il mio bene più prezioso. (pagg. 327-328)

Qui potete leggere l’incipit.