Torno sulla spinosa questione per proporvi l’intervento di Nicola Lagioia, scrittore, intellettuale, direttore del Salone Internazionale del Libro di Torino dal 2017, su Internazionale, oggi.

 

Sui giornali e in rete c’è stato un vivace dibattito che, se da una parte dimostra quanto il tema appassioni, dall’altra rischia di eclissare una questione di maggiore portata. Ritengo che gli argomenti di chi vuole riaprire siano sensati quanto quelli di chi preferisce non farlo, ma sono anche convinto che questa sia l’occasione per un discorso più ampio. Non vorrei che si scambiasse, insomma, un analgesico per la cura, perché il vero problema è che l’intera filiera del libro rischia letteralmente di crollare su se stessa. Centinaia di famiglie si ritroverebbero in questo caso sul lastrico nei prossimi mesi, la cultura del nostro paese riceverebbe un danno epocale, e non sarà una riapertura anticipata a scongiurare ciò che, più che un pericolo, sta diventando una ragionevole certezza. Non credo che quello del libro sia più importante di altri settori per la vita sociale, economica, democratica del nostro paese. Non credo, tuttavia, che sia meno importante. Di certo è uno dei comparti più compromessi dalla crisi.

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A dispetto del volume d’affari, l’editoria libraria è un settore in cui arricchirsi è l’eccezione e sopravvivere l’obiettivo primario. È inoltre un settore che per metà è retto da precari, partite Iva, lavoratrici e lavoratori praticamente a cottimo, persone che la cassa integrazione non sapranno mai cos’è, e che per vedersi pagare una fattura aspettano di solito il triplo del tempo previsto dai contratti.

È un settore in cui la grande professionalità non coincide con il livello retributivo (abbiamo in Italia una delle migliori scuole di traduzione al mondo, che è anche tra le peggio retribuite a livello internazionale), e a dispetto delle tante leggende che prosperano sull’ambiente (non tutte le case editrici sfornano bestseller, non tutti gli autori vincono lo Strega o il Campiello, in certi casi la qualità si trova ai margini), si tratta di un settore estremamente fragile sul piano economico.

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