In questo post ci avventuriamo nella Grande Mela, l’iconica città simbolo del melting pot, ripercorrendo i romanzi che lì sono stati ambientati e che hanno contribuito a definire il suo carattere: una città dinamica, vitale, accogliente, culturalmente attiva, ma anche la sede di Wall Street, il simbolo del capitalismo, con i suoi ritmi frenetici, così come di Central Park, il suo verde polmone, simbolo della vita sportiva all’aperto, dei concerti e delle passeggiate romantiche. Insomma, la città che non dorme mai.

Una città che, proprio per le sue caratteristiche, è spesso essa stessa uno dei personaggi principali di romanzi, e di film, e non solo un contesto di ambientazioni. Vista con occhi e prospettive diverse a seconda dei suoi quartieri, e dei loro abitanti, ha fornito e continua a fornire il tessuto su cui si intrecciano le vite e le storie dei protagonisti.

manhattan

Allora partendo da una delle immagini più iconiche, il Ponte di Queensboro, nella famosa inquadratura di Woody Allen nel film “Manhattan“, partiamo alla scoperta della kermesse letteraria che la vede presente nei romanzi a lei strettamente legati. Romanzi che spesso raccontano un’epoca precisa, anche all’interno dello stesso secolo. 

Wharton l'età dell'innocenza

L’età dell’innocenza è il dodicesimo romanzo della scrittrice statunitense Edith Wharton, pubblicato nel 1920 in quattro puntate sulla rivista Pictorial Review e in seguito raccolto in volume. Con esso l’autrice vinse nel 1921, prima volta per una donna, il Premio Pulitzer per il romanzo. La storia è ambientata nel mondo dell’alta borghesia newyorkese degli anni settanta del XIX secolo, durante la cosiddetta Gilded Age.

dos passos new york

Parliamo degli anni Venti, più precisamente del 1925 (in Italia nel 1932 col titolo New York), quando fu dato alle stampe “Manhattan Transfer” di John Dos Passos, Incentrato sullo sviluppo della vita urbana della metropoli tra l’Età dorata e l’Età del jazz, sovrappone le storie individuali che si intrecciano e si separano tra le vie ed i palazzi sfavillanti di New York. Il libro attacca il consumismo e l’indifferenza sociale della contemporanea vita urbana, ritraendo una Manhattan spietatamente brulicante di energia e irrequietezza. Utilizzando inserimenti di vari materiali – dalla pubblicità alle notizie strillate dai giornali – rende la multiforme vita e l’attività della metropoli. Ne nasce un quadro brulicante di corruzione, di amore e di frenetica vitalità.

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Sempre nel 1925 vede la luce uno dei più famosi romanzi americani dedicati ai Roaring Twenties, “Il grande Gatsby” di Francis Scott Fitzgerald. Ambientato a New York e a Long Island durante l’estate del 1922, “Il grande Gatsby”è il più acuto ritratto dell’anima dell’età del jazz, con le sue contraddizioni, il suo vittimismo e la sua tragicità. La storia, che seguendo la tecnica di Henry James viene raccontata da uno dei personaggi, narra la tragedia del mito americano che aveva retto il paese dai tempi dello sbarco a Plymouth Rock e può essere considerata l’autobiografia spirituale di Fitzgerald che, ad un certo punto della sua vita, chiuso con l’alcolismo e con la vita da playboy, voleva capire quali fossero stati gli ostacoli che avevano fatto inabissare la sua esistenza.

Stout Lega uomini spaventati

Degli anni Trenta possiamo citare un giallo, un classico: “La lega degli uomini spaventati” di Rex Stout, apparso nel 1935, nel quale troviamo il famosissimo Nero Wolfe, misogino e amante delle orchidee. La trama di questo giallo ruota attorno ad uno scherzo goliardico, niente di più: mai e poi mai i compagni avrebbero immaginato che Paul Chapin potesse farsi male davvero. Ma al giovane quel gioco era costato caro, ed era rimasto menomato in modo permanente. Ora Paul è diventato un celebre scrittore, mentre agli “amici” dei tempi del college, che si erano sentiti in dovere di aiutarlo per tutta la vita, capitano strani incidenti. Uno alla volta muoiono dopo aver ricevuto degli enigmatici versi: “Uccider mi voleste, l’uomo uccideste, non però… il falco che attender sa paziente”. È Paul l’autore della minacciosa filastrocca? E, soprattutto, è davvero lui l’assassino? A scoprire la verità sarà l’impareggiabile Nero Wolfe.

Il giovane Holden

Passiamo agli anni Cinquanta, esattamente al 1951, anno di nascita del più famoso romanzo di formazione: “Il giovane Holden“, di J. D. Salinger. Una curiosa vicenda lega la copertina del libro: nell’edizione originale è completamente bianca. Questa cosa è voluta dall’autore stesso, affinché il libro venisse scelto per il contenuto, e non per la copertina. Anche la copertina dell’edizione italiana Einaudi, collana Tascabili, lo è, e non riporta neanche la trama o la biografia dell’autore. Il racconto ha inizio in un’ipotetica cittadina della Pennsylvania, Agerstown, dove ha sede la scuola di preparazione al college alla quale Holden Caulfield è stato iscritto dai suoi genitori, la Pencey. Salinger, che in gioventù aveva frequentato un college militare a Wayne, Pennsylvania, fa certamente riferimento, in questa fase del romanzo, a delle esperienze autobiografiche. La narrazione si trasferisce poi definitivamente a New York, dove, nell’area metropolitana di Manhattan compresa tra la parte sud di Central Park e il Greenwich Village, hanno luogo tutte le vicende successive.

Bellow la resa dei conti

Rimaniamo negli anni Cinquanta, nel 1956 viene pubblicato “La resa dei conti” di Saul Bellow. Tommy Wilhelm, il protagonista, è uno dei personaggi più riusciti della letteratura americana del Novecento. Uomo debole e impulsivo, sospinto da eventi incalzanti che non riesce a comprendere appieno – la separazione dalla moglie, il difficile rapporto col padre -, Tommy è soffocato da un nodo di rivolta e dolore che non sa esprimere, e in questa sua accorata impotenza diventa, pagina dopo pagina, il commovente campione di una lotta contro un mondo opprimente e privo di amore. E una giornata qualunque a New York, tra un grande albergo, una caffetteria e la sala della Borsa, diventa per questo umanissimo personaggio l’occasione per fare il bilancio di un’intera esistenza. L’esistenza di un uomo «che nella sua vita ha sbagliato tutto».

Capote colazione da Tiffany

Pensando agli anni Cinquanta non si può che pensare a “Colazione da Tiffany” , il romanzo breve di Truman Capote pubblicato nel 1958. Nel 1961, ne fu tratto il celeberrimo film di Blake Edwards con Audrey Hepburn e George Peppard. Holly Golightly, la protagonista, è una cover-girl di New York, attrice cinematografica mancata, generosa di sé con tutti, consolatrice di carcerati, eterna bambina chiassosa e scanzonata. È un personaggio incantevole, dotato di una sorprendente grazia poetica. Intorno a lei ruotano tipi bizzarri come Sally Tomato, paterno gangster ospite del penitenziario di Sing Sing, O.J. Berman, il potente agente dei produttori di Hollywood, il “vecchio ragazzo” Rusty Trawler, Joe Bell, proprietario di bar e timido innamorato…

Malamud copertina

Al 1957 risale il romanzo “Il commesso” di Bernard Malamud, di cui ho parlato qui. La storia è quella di Morris Bober, umile commerciante ebreo che nel cuore di Manhattan conduce una vita misera e consumata dagli anni, e di Frank Alpine, un ladruncolo di origini italiane, deciso a riscattarsi e diventare un uomo onesto e degno di stima, aiutando Morris al negozio. Tuttavia il giovane Frank non resisterebbe dietro al bancone, sempre più assediato dalla concorrenza, se non si innamorasse di Helen, la figlia di Morris. La vicenda è straordinariamente intrecciata intorno alle emozioni, ai segreti, al destino di queste tre esistenze. Il ritmo quasi ipnotico della narrazione, la capacità di attenzione al dettaglio, lo stile limpido e ironico regalano al romanzo quell’atmosfera inconfondibile, a metà fra il tragico e il comico, che rende affascinante la narrativa di Malamud.

Barbizon hotel Bren

Pubblicato nel 2021, il libro di Paulina Bren ci riporta nella New York degli anni Cinquanta. Raccontando la storia dell’hotel per sole donne più famoso di New York, Paulina Bren svela, attraverso la storia delle sue ospiti più illustri – dalla sopravvissuta al naufragio del Titanic, l’«inaffondabile» Molly Brown, alla poetessa Sylvia Plath, che lo descrive nel romanzo La campana di vetro, passando per Grace Kelly, Joan Crawford, Candice Bergen, Ali McGraw, Liza Minnelli e molte altre – una magnifica storia di emancipazione femminile. Qui trovate la mia recensione.

Puzo il padrino

Nel 1970 uscì un romanzo che poi divenne la sceneggiatura in un film cult, che consacrò il già famoso Marlon Brando: “Il padrino” di Mario Puzo. Credo che di questo romanzo non vi sfugga la trama: un intreccio che mette in scena il mondo della mafia italo-americana. I legami della “famiglia”, i rituali del “rispetto”, gli intrecci tra potere politico e malavita, gli spietati regolamenti di conti, la vita quotidiana dei boss e dei loro sicari, la capillare organizzazione degli affari illeciti, gli amori, le vendette, i matrimoni, i funerali. Il quadro incredibilmente autentico e agghiacciante dei metodi della mafia, delle sue alleanze e connivenze, dei delitti e delle lotte intestine. Naturalmente ha un prequel e un sequel, legati alla fortuna cinematografica…

DeLillo

Gli anni Settanta li racconta anche Don DeLillo, nel suo “Great Jones Street“, del 1973. Il libro è un affresco spietato e ironico del mondo dello spettacolo, una riflessione visionaria sul mito del successo. La rockstar Bucky Wunderlick, all’apice della fama, decide di abbandonare il suo gruppo mentre è in corso una tournée. Si rifugia in un angolo nascosto di New York, in un appartamento di Great Jones Street, per sfuggire al culto della personalità di cui è oggetto e a un successo in cui non crede più. L’esilio del protagonista, però, è continuamente disturbato dalle visite più disparate: giornalisti a caccia di scoop, agenti interessati a certe sue incisioni inedite, emissari di una misteriosa comune agricola che tentano di coinvolgerlo nel commercio di una nuova e potente droga carpita ai laboratori federali.

Doctorow ragtime

“Ragtime”, di Edgar L. Doctorow, pubblicato nel 1974, racconta l’intreccio dei percorsi di persone celebri e comuni nella zona di New York durante il periodo in cui il ragtime dettava il ritmo alla città, e del tentativo di ottenere giustizia da parte di un pianista di colore vittima di un sopruso legato alla discriminazione razziale. Fantasmagorico, geniale e potente affresco che cattura lo spirito dell’America ai primi del Novecento, Ragtime è il libro con cui Doctorow ha cambiato il concetto stesso di romanzo. Tutto comincia nel 1906 in casa di una ricca famiglia nello stato di New York. Ma subito la linea che separa realtà e immaginazione magicamente sparisce. Henry Ford, Emma Goldman, J.P. Morgan, Evelyn Nesbit, Sigmund Freud, Harry Houdini entrano ed escono dal racconto, incrociandosi con i membri di quella famiglia e con gli altri personaggi creati da Doctorow, in particolare un im-migrato dell’est europeo di origine ebraica e un elegante pianista nero. Intorno c’è la New York d’inizio secolo con i suoi mille volti, la ricchezza e la povertà, il razzismo, il progresso e i ghetti, una città che soffre ma che ha voglia di futuro.

Auster Trilogia di NY

Tre detective-stories eccentriche e avvincenti in cui Paul Auster inventa una sua New York fantastica, un «nessun luogo» in cui ciascuno può ritrovarsi e perdersi all’infinito. Pubblicati per la prima volta tra il 1985 e il 1987, i tre romanzi “Città di vetroFantasmiLa stanza chiusa”, che compongono Trilogia di New York, sono diventati classici della letteratura americana contemporanea.

In una città stravolta e allucinata, in cui ogni cosa si confonde e chiunque è sostituibile, i protagonisti di queste storie conducono ciascuno un’inchiesta misteriosa e dall’esito imprevedibile. Tutto può cominciare con una telefonata nel cuore della notte, come nel caso di Daniel Quinn (Città di vetro), autore di romanzi polizieschi che accetta la sfida che gli si presenta e si cala nei panni di uno sconosciuto detective. Ma può anche capitare che chi debba pedinare si senta a sua volta pedinato (Fantasmi); o, ancora, che ci sia qualcuno che s’immedesima a tal punto nella vita di un amico da sposarne la vedova e adottarne il figlio (La stanza chiusa). Tre detective-stories eccentriche e avvincenti in cui Paul Auster inventa una sua New York fantastica, un «nessun luogo» in cui ciascuno può ritrovarsi e perdersi all’infinito. Ed è proprio nell’invenzione di questa solitudine che i personaggi della Trilogia misurano il proprio io e scoprono il loro vero destino.

Lethem la fortezza della solitudine

Nel 2003 arriva alle stampe “La fortezza della solitudine“, sesto romanzo di Jonathan Lethem, uno dei libri da leggere per capire com’era vivere quegli anni. Narra la storia di Dylan e Mingus, due ragazzi, vicini di casa che abitano a Brooklyn. Dylan è bianco, Mingus è nero: la loro amicizia non è sempre facile. Un racconto che si snoda dagli anni settanta ai novanta, all’interno della “Fortezza”, un isolato abitato da una maggioranza di famiglie nere, dove serpeggia la paura del ritorno dei bianchi. La vita nell’America degli anni settanta è fatta di conflitti razziali e politici che si possono accendere anche a partire da scelte molto piccole: quali canzoni ascoltare e quali amici frequentare. Con gli anni novanta l’atmosfera si fa più distaccata, e le persone sono sempre più avvolte nell’indifferenza e nell’isolamento. 

Wolfe il falò delle vanità

Gli anni Ottanta sono stati raccontati da un romanzo che divenne un cult immediatamente: “Il falò delle vanità” di Tom Wolfe, del 1987. La storia è un dramma che tratta di ambizione, razzismo e avidità nella New York degli anni Ottanta e si incentra su tre personaggi principali: Sherman McCoy, un giovane, arrogante finanziere di successo; il sostituto procuratore ebreo Larry Kramer e il giornalista britannico Peter Fallow.

Il titolo è ripreso da un episodio avvenuto a Firenze nel 1497 a opera del frate domenicano Girolamo Savonarola e noto come Falò delle vanità. Lungi dal proporre una riscrittura in chiave moderna dell’episodio, il titolo è un richiamo all’edonismo e al materialismo imperante nella Wall Street degli anni Ottanta.

McInerney mille luci NY

Tra le voci che hanno raccontato gli anni Ottanta, sicuramente c’è Jay McInerney, con il suo romanzo cult “Le mille luci di New York“, pubblicato nel 1984. È il suo romanzo d’esordio, grazie al quale è assurto al rango di icona della letteratura post-minimalista degli anni Ottanta. II protagonista, che lavora presso una rivista chic di New York, al Reparto Verifica dei Fatti, è “andato oltre su una coda di cometa di polvere bianca” nell’intento di saggiare i propri limiti, ma il mondo rutilante dei locali alla moda e dei personaggi di successo che frequenta durante le sue peregrinazioni notturne è incompatibile con la routine quotidiana. La vita spericolata non si concilia con un lavoro che inchioda alla scrivania dalla mattina alla sera. Il capo, una donna severa come una maestra elementare d’altri tempi, non è disposta ad accettare debolezze ed errori. II nostro eroe, che ormai non può più fare a meno di uno stick di Vicks inalante per aprirsi un varco tra i mucchi di “neve” indurita che gli ostruiscono le narici e di un paio di occhiali scuri per difendere gli occhi incapaci di affrontare la luce del giorno, viene licenziato senza preavviso. La vita privata non va meglio: la moglie, una ex ragazza di provincia diventata modella di successo, lo scarica da un giorno all’altro senza troppe spiegazioni. Ma questo comportamento ha ragioni profonde, le cui radici si trovano nell’infanzia e in complicati rapporti familiari. Quando l’autore affronta questa parte della storia dà il meglio di se stesso, scavando anche nella propria biografia, e la scrittura diventa commovente ma priva di sbavature sentimentali.

Auster follie di Brooklyn

Del 2005 è il romanzo “Follie di Brooklyn” di Paul Auster.

Nathan Glass è un assicuratore in pensione in cattivi rapporti con la ex moglie e la figlia. Dopo una pesante operazione chirurgica, e senza una lunga prospettiva di vita, decide di finire i suoi giorni a Brooklyn, nel quartiere dove è nato. Qui ritrova il nipote Tom, ormai ingrigito commesso di libreria, Lucy, la figlioletta della sorella di Tom, e, mentre è in viaggio per il Vermont, anche la donna della sua vita… Tutti e quattro tornano a Brooklyn e le cose si mettono bene, finché non arriva un fatidico 11 settembre…

Per approfondire, vi rimando alla recensione di Benny, sul “vecchio” blog.

Egan il tempo è un bastardo

Arriviamo al 2010, con Il tempo è un bastardo” (titolo originale A Visit From the Goon Squad) della scrittrice Jennifer Egan. Con questo romanzo, l’autrice ha vinto il National Book Critics Circle Award nel 2010 e il Premio Pulitzer per la narrativa nel 2011. Il volume può essere considerato una via di mezzo tra un romanzo e una raccolta di racconti collegati tra loro; parla di ricordi, affinità, autodistruzione e redenzione. Bennie Salazar è un ex musicista punk e ora discografico di successo; Sasha è una giovane donna dal passato tormentato ma piena di passione che Bennie sceglie come assistente. Tra San Francisco e New York, passando per l’Italia e il Kenya, dagli anni Settanta a oggi, e fino al prossimo futuro, le tredici storie che compongono Il tempo è un bastardo mettono in scena una serie indimenticabile di coprotagonisti i cui percorsi di vita intersecano quelli di Bennie e Sasha.

Tartt il cardellino

Nel 2013 esce “Il cardellino” di Donna Tartt. Figlio di una madre devota e di un padre inaffidabile, Theo Decker sopravvive, appena tredicenne, all’attentato terroristico che in un istante manda in pezzi la sua vita. Solo a New-York, senza parenti né un posto dove stare, viene accolto dalla ricca famiglia di un suo compagno di scuola. A disagio nella sua nuova casa di Park Avenue, isolato dagli amici e tormentato dall’acuta nostalgia nei confronti della madre, Theo si aggrappa alla cosa che più di ogni altra ha il potere di fargliela sentire vicina: un piccolo quadro dal fascino singolare che, a distanza di anni, lo porterà ad addentrarsi negli ambienti pericolosi della criminalità internazionale. Nel frattempo, Theo cresce, diventa un uomo, si innamora e impara a scivolare con disinvoltura dai salotti più chic della città al polveroso labirinto del negozio di antichità in cui lavora. Finché, preda di una pulsione autodistruttiva impossibile da controllare, si troverà coinvolto in una rischiosa partita dove la posta in gioco è il suo talismano, il piccolo quadro raffigurante un cardellino che forse rappresenta l’innocenza perduta e la bellezza che, sola, può salvare il mondo.

Cole città aperta

Sempre nel 2013 esce il romanzo d’esordio di Teju Cole, una voce promettente che si fa conoscere con un romanzo intimista e riflessiovo, capace di portare il lettore in giro per i quartieri di New York. Nato da madre tedesca e padre nigeriano, formato alla Nigerian Military School di Zaria e trapiantato adolescente negli Stati Uniti, lontano da affetti e radici, il narratore Julius, all’ultimo anno di specializzazione in psichiatria, non appartiene a nessun luogo. Quando comincia a vagare per le strade di New York, nell’autunno del 2006, lo fa con il distacco dell’outsider, la profondità dell’intellettuale e l’agio del flâneur. La migrazione degli uccelli è l’occasione per riflettere sul «miracolo dell’immigrazione in natura», ai cartelli che annunciano la chiusura della catena Tower Records fanno da contraltare le meditazioni sulla musica amata, Mahler in testa, e un acquazzone sulla Cinquantatreesima è causa di una precipitosa ritirata nell’American Folk Art Museum e della conseguente fascinazione per la pittura di John Brewster lì esposta. Di casualità in intenzione, Julius si muove nelle geografie newyorchesi incontrando persone di ogni classe e cultura, vedendo scorci scolpiti o in mutamento, lasciando che ogni impressione si depositi sul fondo della coscienza e da lì, come cerchio in uno stagno, si propaghi ad altri cerchi, ad altre impressioni. Molte di esse rilucono attraverso il prisma del colore della pelle: ascoltando un concerto alla Carnegie Hall, il narratore nota stancamente quanto siano rari gli spettatori neri nella sala, e un taxista sulla Sixth si mostra indignato al mancato saluto di un «fratello» come lui. L’outsider Julius rifiuta recisamente quelle istanze di appartenenza («non ero dell’umore per sopportare gente che pretendeva qualcosa da me»), e tuttavia la cartografia del sopruso che, con spirito quasi archeologico, va scavando nelle pieghe della città – quando visita l’antico «luogo di sepoltura per negri» di Brooklyn, o raccoglie il racconto del mite lustrascarpe haitiano o quello rassegnato del giovane liberiano recluso nel centro di detenzione per clandestini del Queens – incide necessariamente la questione identitaria.
Mentre accoglie universi, Julius rimane impenetrabile. La sua storia personale resta semioscura perfino quando affronta un viaggio a Bruxelles per riscoprirla, e così i cerchi sullo stagno si ricompongono su segreti scuri come quell’acqua.

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Nel 2019 esce Favola di New York, di Victor LaValle. Il piccolo Apollo, figlio della New York di oggi, cresce con la madre, giovane single di origini ugandesi. Il padre, che è sparito nel nulla, gli ha lasciato solo una scatola di libri e uno strano incubo ricorrente. Da grande, Apollo diventa un commerciante di libri antichi e si innamora della bibliotecaria Emma, insieme alla quale ha presto un figlio. Ma il nuovo arrivato incrina l’idillio della coppia: lui rivive l’abbandono del padre e, alle prese con i propri fantasmi, fatica a comprendere che in lei qualcosa è cambiato. Emma si comporta in modo strano, è sempre più distante e insofferente fino a quando, un giorno, compie un gesto indicibile. Quanto possono essere oscuri i segreti delle persone che più amiamo? Inizia così l’avventura di Apollo alla ricerca della verità su quell’atto terribile: un viaggio che lo porterà su un’isola misteriosa nel cuore della metropoli dove accadono cose al di là di ogni immaginazione e dove la vita quotidiana in una modernissima New York si sospende per lasciare spazio al mito e alla leggenda. questo romanzo è una favola commovente ambientata nell’America di Trump, che racconta il coraggio richiesto per essere genitori ai giorni nostri fondendo il fiabesco dei Grimm, l’orrifico di Poe e il distopico di Black Mirror.

«Una cupa fiaba su New York, piena di magia, mito e mistero, amore e follia. Un’opera ipnotica, monumentale».
Marlon James, Man Booker Prize 2015

Franceschini un gioco perfetto

Una commedia romantica tra il Bronx e Coney Island, passando per i grattacieli di Manhattan e il ponte di Brooklyn, una celebrazione della città più tosta d’America e del gioco considerato una via di mezzo tra gli scacchi e il fioretto, per scoprire che nel baseball, come talvolta nella vita, all’ultimo minuto può cambiare tutto.

Non ha ancora trovato l’uomo giusto, ma è follemente innamorata di uno sport. Maggie Bandini ha trentacinque anni, un matrimonio fallito alle spalle, due figli adorabili, pochi soldi in tasca e una sola passione: il baseball, che segue da quando era bambina e pensa di conoscere meglio di chiunque. Fino al giorno in cui muore uno zio miliardario, lasciandole in eredità i New York Cannons, la sua squadra del cuore, piena di giocatori pagati troppo, incapaci di vincere da troppo tempo: allora le tocca mettersi alla prova come non ha mai fatto e diventare addirittura l’allenatore capo per risollevare le sorti del club. Fra campioni a cui non piace essere guidati da una donna, un cugino invidioso che trama per metterla in cattiva luce e il giornalista Henry Franks che la corteggia, non si capisce se per amore o per ottenere uno scoop, soltanto una «partita perfetta» può realizzare i sogni di Maggie, in campo e fuori.

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Sicuramente si potrebbero citare altre opere, ma questo lo lascio fare a voi, per dare spazio a chi legge questo post e per animare un po’ la discussione.

Lasciatemi però chiudere con leggerezza, con due romanzi famosi, resi celebri dagli ancora più celebri film:

E con una guida utile:

Oltre alle necessarie e più tradizionali indicazioni di viaggio, la guida apre mille finestre sulla città. Ci sono percorsi, visite, cose da fare e vedere, eventi, festival, parate e piccoli pomeriggi di insolito shopping così come se fossimo newyorchesi. E ci accompagnano le voci di scrittori, artisti, architetti, personal shopper, perditempo, musicisti e malviventi. Sia che ci si perda in questa città per la prima volta o per la centesima.