In chiusura di questo 2020 che mai avremmo potuto immaginare così, vi ripropongo un post di qualche mese fa.
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Anche i libri invecchiano? Parliamo di una ricorrenza particolare, che ci riporta alla memoria i libri che hanno visto la luce nel 1970, esattamente cinquanta anni fa.
Cosa accadeva nel 1970? Beh, per esempio i Beatles si riuniscono per l’ultima volta per registrare “Let it be”…. Mu’ammar Gheddafi diventa il capo della Libia…. E’ l’anno della missione Apollo 13 … Le manifestazioni di protesta contro la guerra del Vietnam…. Giacomo Agostini vince il suo ottavo titolo al Motomondiale…. Ad agosto si svolge il famoso Festival dell’Isola di Wight …. Nello stesso anno, muoiono il mito Jimi Hendrix e Janis Joplin… In Portogallo muore il dittatore Salazar … E in Cile, Allende vince le elezioni presidenziali …. Si svolge la prima edizione della Maratona di New York … lo scrittore Yukio Mishima si suicida in diretta televisiva… In Italia viene approvata la legge sul divorzio...
E nelle librerie cosa si trova? Quali sono questi libri cinquantenni? Si leggono ancora?
Il Premio Nobel per la letteratura nel 1970 è attribuito a Aleksandr Solženicyn, che prosegue la tradizione letteraria russa facendo un focus sugli aspetti positivi e negativi dell’Unione Sovietica.
In Italia, il Premio Strega è assegnato a Guido Piovene, con il romanzo “Le stelle fredde“.
Abbandonato dalla donna che ama, il protagonista del romanzo lascia la città per trasferirsi nella casa avita in campagna.
Qui viene sospettato dell’omicidio di una persona che nutriva per lui antichi rancori. Ha così inizio una fuga da sé e un ritiro dal mondo durante il quale incontrerà un redivivo Fëdor Dostoevskij; prima di decidere di fare ritorno al mondo dei morti, lo strano personaggio rivela al protagonista una sconvolgente verità: se il mondo dei vivi trabocca di esseri più simili ad astrazioni che a realtà, quello dei morti non è che la sua immagine speculare. All’uomo non resta che cercare dentro di sé le ragioni del suo rifiuto della realtà, quasi che la possibile soluzione si possa trovare solo nel passaggio dalla vita all’impassibile aldilà della scrittura. Per aspirare a una condizione che è insieme vita e morte, la condizione di chi, pur calato profondamente nella realtà, sente la propria solitudine come l’unica condizione possibile.
Il Premio Campiello viene assegnato a Mario Soldati, per “L’attore“.
Enzo Melchiorri è un uomo di terza età e senza lavoro che ha un passato, di poco richiamo magari ma del tutto dignitoso, come caratterista e attore. Fuori dal giro che “conta” ormai da anni, si trova nella disperata necessità di denaro, per far fronte ad una situazione famigliare assai difficile. Vive con la moglie e la domestica in una villa a Bordighera, ed i debiti di gioco della signora Licia Melchiorri sembrano essere la causa prima del tracollo finanziario dell’artista. Sulla sua strada, il Melchiorri incontra, o sarebbe meglio dire, reincontra, un amico, un collega che non vedeva da anni, al quale anni prima Enzo aveva prestato una grossa somma, senza chiedere nulla in cambio. Questo amico, voce narrante del romanzo, sarà coinvolto in maniera sostanziale nella storia, e ne contribuirà a determinare gli sviluppi. Da questo momento la trama de: “L’attore” si snoda tortuosa sotto continui mutamenti di scena e con l’inserimento graduale di personaggi inquietanti, tra cui il faccendiere Nicky Argenta, il quale ha tutto gli interesse a riallontanare i due vecchi compari, e persino la domestica Giovanna, il cui ruolo incrementerà insospettabilmente di spessore nel corso della narrazione. Nel frattempo si varca il confine e ci trova immersi nell’atmosfera affettata ed elitaria dei casinò della Cote D’Azur, per poi tornare in patria, nella Roma simbolo del boom economico, dove tra le classi più abbienti si celano storie di malvezzi assortiti. la vicenda si contornerà di risvolti anche tragici, guidando il lettore verso un finale che forse non ci si aspetterebbe, ma perfettamente in linea col cupo senso di fatalismo, di ineluttabilità che pervade l’opera intera.
Vediamo quali altri libri videro la luce in quell’anno:
Sullo sfondo della prima guerra mondiale, tre personaggi – Zoraide, Luigi e Paolo – sono collegati dal triangolo tipico di molta letteratura verista e probabilmente destinati a una fine passionale e cruenta. Ma in Gadda quel che importa non è certo sapere come si sciolga la trama: è piuttosto la forza della rappresentazione, carica di tutti gli umori più divergenti, dall’ironia alla pietà, dal sarcasmo al sorriso. La scelta di una lingua meno complessa di quella adottata nelle opere posteriori permette a Gadda di affrontare la materia in piena libertà inventiva, tra commenti di cronaca e istantanee della Milano prebellica, tra interni borghesi e ritratti di sfaccendati “boulevardiers”.
Dalla miseria dell’infanzia con una madre senza marito alla condizione finale di moglie precocemente sfiorita, Anna sembra scontare l’inappellabile condanna all’infelicità del suo essere bastarda. Ma, più che di una sofferta espiazione, la sua vana ricerca di felicità brilla della luce di un dolente accettare la vita. E la storia di Anna bambina, giovane e adulta, che si snoda nel suggestivo scenario del Volterrano dai tempi della Prima guerra mondiale, si fa, da individuale, emblema del destino umano di “paura e tristezza”. Simbolo con il suo nome delle tante figure femminili che popolano le pagine di Cassola, Anna sintetizza in sé le vicende di tutte. Un personaggio di indimenticabile purezza, un romanzo struggente, che cattura con la sua «sottilissima filigrana» (N. Ginzburg) e il suo «incanto disarmato» (A.M. Ortese).
Prima opera scritta da Beckett in francese, “Mercier e Camier” è senz’altro il suo romanzo più divertente. È la storia di due amici che decidono di lasciare la loro città (una mai nominata ma riconoscibile Dublino). Il progetto del viaggio viene frustrato da continui intoppi, contrattempi, incontri con personaggi strani e inquietanti, perfino un omicidio, e i due, alla fine, decideranno di fare ritorno alle rispettive case senza essere andati da nessuna parte, se non al bordello cittadino. Ancora a metà fra il romanzo e il teatro, “Mercier e Camier” è il punto di svolta nella scrittura di Beckett che, di lì innanzi, da un lato procederà al trittico “Molloy”, “Malone muore”, “L’innominabile”, dall’altro darà vita ad “Aspettando Godot.”
Il gabbiano Jonathan Livingston (Jonathan Livingston Seagull, 1970) è un celebre romanzo breve di Richard Bach. Best seller in molti paesi del mondo negli anni settanta, diventato per molti un vero e proprio cult, Jonathan Livingston è essenzialmente una fiaba a contenuto morale e spirituale. La metafora principale del libro, ovvero il percorso di autoperfezionamento del gabbiano che impara a volare/vivere attraverso l’abnegazione, ricordando il periodo del Rinascimento, il sacrificio e la gioia di farlo è stata letta da diverse generazioni secondo diverse prospettive ideologiche, dal cattolicesimo al pensiero positivo, l’anarchismo cristiano e la New Age. Bach dichiarò che la storia era ispirata a un pilota acrobatico di nome John H. “Johnny” Livingston (Cedar Falls, Iowa, 30 novembre 1897 – 30 giugno 1974), particolarmente attivo nel periodo fra gli anni venti e trenta.
La dedica originale è: To the real Jonathan Seagull who lives within us all.
La dedica italiana è: “Al vero gabbiano Jonathan, che vive nel profondo di noi.
(fonte: wikipedia)
Ohio, 1941. Pecola Breedlove, una ragazzina nera che i poverissimi e disgraziati genitori non sono più in grado di mantenere, viene affidata a una modesta ma dignitosa famiglia di colore e presto fa amicizia con le due bambine di casa, Frieda e Claudia, con le quali trascorre le sue giornate. Vittima continua di scherni e maltrattamenti, priva dell’affetto di chi dovrebbe crescerla, e invece abusa della sua innocenza, Pecola prega Dio perché le doni un paio di occhi azzurri. Un desiderio straziante, che l’accompagnerà fino a quando la sua giovane, povera esistenza volgerà alla svolta più drammatica, segnando irreversibilmente il suo destino.
Romanzo di esordio, aggiunge alla letteratura statunitense il punto di vista delle donne afroamericane. Il libro è espressione di una nuova sensibilità comune, attenta alla parità di genere e alla lotta al razzismo.
Nel 1970 esce il settantunesimo romanzo di Simenon, nel ciclo del Commissario Maigret, pubblicato da Mondadori negli Oscar.
È uno dei pochissimi romanzi con Maigret protagonista nei quali si trova un preciso riferimento a fatti di attualità della Parigi dell’epoca: nel corso dell’inchiesta, infatti, si accenna al fatto che i mercati generali, che al momento della stesura del romanzo erano ancora situati a Les Halles, “fra qualche mese saranno trasferiti a Rungins“, cosa che effettivamente avvenne nel 1971, circa un anno dopo la pubblicazione del libro.
Non ha avuto vita facile Oscar Chabut. Ha lavorato duro e, dal nulla, è riuscito a costruire un impero. E che importa se il suo Vin des Moines, miscela di vini del Midi e d’Algeria, fa storcere il naso agli intenditori? Moderni uffici in avenue de l’Opera, un appartamento in place des Vosges, una villa in campagna a Sully-sur-Loire, una casa a Cannes, amicizie altolocate: non male per il figlio di un oste del quai de la Tournelle bocciato due volte alla maturità. Aggressivo e sprezzante com’è, sempre calato nella parte dell’uomo d’affari insensibile e senza scrupoli, sempre pronto a ostentare la sua ricchezza e il suo potere, Oscar Chabut pare ci provi gusto a farsi odiare. Tanto più che non esita a portarsi a letto, oltre alle sue dipendenti, le mogli di tutti gli amici. Sicché, quando lo freddano con quattro colpi di pistola all’uscita di una lussuosa casa d’appuntamenti di rue Fortuny – dove si appartava ogni mercoledì con la sua segretaria -, nessuno si stupisce più di tanto. Ma come scovare l’assassino di un uomo che in pratica aveva solo nemici? Un vicolo cieco, si direbbe. E non è certo un caso che Maigret conduca questa inchiesta davvero impossibile febbricitante, vittima di un’influenza che sembra appannarne la leggendaria sagacia. Maigret, lo sappiamo, è più vulnerabile di quanto non si creda: e questa volta ha tutta l’aria di uno scolaro che si sente male il giorno dell’interrogazione.
Sempre nello stesso anno, esce anche “Maigret e la vecchia pazza” e il romanzo “Il ricco“.
Nel 1970 esce anche un nuovo libro di Agatha Christie
Nella sala d’aspetto dell’aeroporto di Francoforte, un gruppo di viaggiatori attende di partire per Londra. Tra costoro c’è anche Sir Stafford Nye, un diplomatico inglese noto soprattutto per il suo spirito caustico e i suoi atteggiamenti stravaganti. Mentre si guarda intorno in cerca di un diversivo, una giovane donna gli si avvicina e gli chiede di cederle mantella e passaporto: potrà così imbarcarsi al suo posto, per sfuggire a un misterioso assassino. Qualsiasi persona sana di mente rifiuterebbe una proposta del genere, ma per l’eccentrico funzionario un’avventura, per quanto insolita, ha davvero un richiamo irresistibile…
Che fine ha fatto la signora Giulia, moglie del rispettabile avvocato Esengrini, scomparsa dalla cittadina di M. un giovedì di maggio del 1955? E perché proprio di giovedì, il giorno così speciale in cui, tutte le settimane da tre anni, prende il treno per recarsi a trovare la figlia in collegio a Milano? Rispondere è compito del commissario Sciancalepre… Attingendo all’esperienza accumulata in venticinque anni al servizio dell’Amministrazione Giudiziaria, Piero Chiara costruisce un romanzo insolito, in cui conferma la sua abilità nel ritrarre i paesaggi umani della provincia italiana e nello stesso tempo rivela una felicità inventiva e una grande padronanza delle tecniche del poliziesco, regalandoci un geniale quanto sorprendente finale.
L’immaginifica e generosa storia dell’assalto a un deposito di armi in Florida, tra giungle tropicali, casematte piene di munizioni, ragazze facili con soldati che fanno festa. Il protagonista è Ulisse Ursini, due metri di parà friulano con un debole per le minorenni, le missioni impossibili e le cause geograficamente lontane (che c’entra lui con Cuba?) ma profondamente vicine ai suoi ideali. Perché Ulisse non è un mercenario, ma un idealista che presta il suo coraggio e la sua passione per il combattimento a chi ne ha bisogno per salvarsi dalle dittature e dai soprusi contro la libertà. Il volume propone anche il racconto “Lupa in convento”.
Ebreo di origini polacche sopravvissuto all’Olocausto, Mr. Sammler vive a New York, tormentato dai ricordi e amareggiato da vicende che lo hanno reso misogino, misantropo, razzista. Intellettuale un tempo famoso, ora si dedica allo studio della complessità della natura umana. E mentre intorno a lui l’America vive l’intensa stagione della rivoluzione sessuale e dei movimenti per i diritti civili e si prepara a conquistare la Luna, Sammler si sente sempre più alienato dal presente e si scopre a sognare il futuro… Il pianeta di Mr. Sammler (1970) è giocato sul contrasto e sulla complementarietà tra l’attività introspettiva del protagonista e una serie di avventure grottesche e picaresche che, suo malgrado, lo coinvolgono.
Nel 1955 il giornale colombiano «El Espectador» pubblicò il resoconto del naufragio di un marinaio, Luis Alejandro Velasco. A raccogliere le sue parole, un cronista alle prime armi. Ripubblicato in volume nel 1970, il “Racconto di un naufrago” lascia ampio spazio alla voce stessa di Velasco: le sue paure primordiali, i fantasmi che si agitano nella notte scura, l’inaspettata salvezza. Ma è il romanziere e l’uomo di impegno civile García Márquez ad andare oltre la cronaca, indagando sui retroscena dei fatti e sulle responsabilità del governo colombiano, fino a trasformare un piccolo episodio in un pezzo di storia del suo Paese.
Nel 1970 uscì postumo “Isole nella corrente” di Ernest Hemigway.
Uscì anche il romanzo “Love story” di Erich Segal, da cui fu tratto il celeberrimo film.
Io nel 1970 avevo 15 anni… ricordo di aver letto Le stelle fredde e Love story, entrambi a scuola, di nascosto, tenendo il libro sotto il banco. Ho letto anche Agatha Christie e Simenon, ma non allora, più tardi. E il Racconto di un naufrago, anche questo però vari anni dopo. A quei tempi non leggevo novità, ma classici, o autori del neorealismo, e Graham Greene, Steinbeck… autori che hanno lasciato in me un’impronta permanente.
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Di questa kermesse ne ho letti diversi…. ma molto dopo….
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Magnifico articolo 👏👏👏🌼
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Grazie!
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l’unico invecchiato male è Cassola
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Vero, però non molto tempo fa ho riletto “Una relazione” e non mi è dispiaciuto. Anzi, mi è piaciuto di più ora. Sto invecchiando???
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non mi sbilancio…
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😉
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Per nascere dovevo attendere ancora 7 anni, io, questi libri, invece, videro la luce e ancora, molti di questi, quasi non hanno rughe – io nemmeno, però quelle gentili righette d’espressioni iniziano a esser poco timide 😀 – sta di fatto che di questo elenco – interessante e da cui mi sono appuntata più di un paio di titoli, ho letto solo Il gabbiano Jonathan Livingston e Love story (scontata?) 😀
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In effetti, sono tra quelli che anch’io ho letto tra i primi…..
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Il mio primo libro importante: La valle dell’Eden di Steinbeck, avevo 10-11 anni e lo leggevo sotto le coperte perché era uno dei libri proibiti dai miei genitori, entrambi grandi lettori.
Quanti ricordi stimolati da questo tuo articolo! Grazie.
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Anch’io ne ho letti tanti di nascosto, mi ricordo L’amante di Lady Chatterley…..
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Quali erano gli altri “proibiti”?
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La beat generation non era ben vista.. Anche Il giovane Holden, non parliamo di Lolita.. E poi Porci con le ali….
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Chiedevo nello specifico familiare 😊
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Io, per esempio, non ho mai avuto una lista di libri preclusi.
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Quelli che ti ho detto sopra non mi erano espressamente vietati, in casa. Però, in generale, erano ritenuti sconvenienti, soprattutto dai “benpensanti”. Naturalmente questo li rendeva ancora più appetibili…. A scuola ho avuto insegnanti progressisti che ci hanno stimolato a non avere preclusioni, e di questo li devo ringraziare.
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Post molto interessante, complimenti! Io tra questi ho letto solo quello di Marquez. È curioso, io non sono un suo ammiratore, non mi piacciono persino i suoi classici più importanti (sarò sicuramente impopolare), e questo libro è stato quello che mi è piaciuto di più.
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Marquez non piace a molti. Il suo stile, i suoi personaggi, il realismo magico… non sempre incontrano il favore dei lettori. A me è piaciuto subito, appena ho letto Cent’anni di solitudine, e poi via via gli altri.
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sempre interessante leggerti , ero decisamente giovane, ma ricordo molto bene quell’anno , mi rimase scolpito nella mente il suicidio in diretta di Yukio Mishima e la morte di Janis Joplin, mia musicista preferita allora che ancora resiste. di quesi libri ne ho letti molti, e per quel che mi riguarda il mio cuore è da sempre legato a Gadda che ormai posso dire di conoscere quasi a memoria, dei libri che hai citato non ho amato Cassola e neppure Il gabbiano , mi sono sembrati sconatti direi che non hanno superato bene i 50 anni!
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In effetti alcuni di questi libri hanno tenuto meglio rispetto ad altri….. Gadda è stato un amore letterario anche per me…
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Nel 1970 leggevo i libriccini per bimbi. Bel post, un’idea nuova!
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😁 Anch’io….
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Complimenti Pina, interessante retrospettiva!
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Grazie Salvina
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Confesso di aver letto solo “Il gabbiano Jonathan Livingston”. Vedrò di spulciare con calma la lista, per trovare qualche spunto di lettura! Grazie! P.S. Il discorso dei libri mal visti mi incuriosisce, perché non sono mai incappata in questo problema, ma ne ho avuto testimonianza indiretta attraverso le mie letture.
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Il fatto è che – parlo degli anni della mia adolescenza – non erano proibiti, però il fatto di leggerli ti metteva automaticamente una etichetta. Non dico da sovversiva, sarebbe troppo, ma da contestatrice si. Va da sé che anche quello era un motivo in più per leggerli…. 😊
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Ovvio, viva il fascino del frutto proibito 😉
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Che bell’articolo!
(… avevo vent’anni, allora…)
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Ciao Luisa!!! Ma, dimmi, usavi i pantaloni a zampa e le camicette a fiorellini ?….. ;)))
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Ma certo….
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