Come già saprete, visto che se ne è parlato su tutti i mezzi e canali di informazione, quest’anno ricorre un anniversario particolare, i settecento anni dalla morte del Sommo, Dante (Durante) Alighieri. Naturalmente ci sarà un nutrito calendario di eventi, ristampe, dibattiti ecc; come è giusto che sia per mantenere sempre vivo l’interesse verso colui che è considerato il padre della nostra lingua e delle nostre lettere.

Non vi tedierò con disquisizioni delle quali, credo, fareste volentieri a meno. Dico solo che io lo amo, l’ho amato anche al liceo, quando mi sembrava quasi un semidio… merito di una prof. illuminata che ce lo ha fatto conoscere e amare.

Però non potevo neanche non dedicare un post ad uno dei miei miti…. quindi mi limiterò a ricordare un aspetto che non tutti conoscono o ricordano dagli studi delle superiori.

Di Dante non è rimasto alcun documento autografo; non solo non esiste il manoscritto originale della Commedia, ma nemmeno quello delle opere latine o volgari, una sua lettera, una firma che possa farlo identificare.

Dante, che ha introdotto gli studi linguistici (De vulgari eloquentia), affrontato il rapporto tra chiesa e stato (De monarchia), discusso di filosofia e teologia senza peli sulla lingua (Convivio), il grande Dante Alighieri non ci ha lasciato alcun testo scritto di suo pugno.

Con i suoi quasi 800 manoscritti arrivati sino a noi la Commedia è seconda soltanto alla Bibbia. Tale diffusione fu resa possibile da un’ampia produzione di codici redatti da numerosi copisti, alcuni famosi, come ad esempio Giovanni Boccaccio, altri semplici lavoranti nelle botteghe che producevano manoscritti nel ’300 e nel ’400; questo, se da un lato ha facilitato la conoscenza dell’opera in tutta la penisola e oltre, dall’altro ha inevitabilmente portato alla rapida corruzione del testo, impedendo di risalire con sicurezza all’originale.

Le date di composizione della Commedia sono ancora controverse; tuttavia, la maggioranza dei critici contemporanei concorda nel ritenere che l’Inferno sia stato composto tra il 1304 (o 1306) e il 1309, il Purgatorio tra il 1309 e il 1315 circa, il Paradiso dopo il 1316 ed entro il 1321.

In assenza dei manoscritti autografi di Dante – che pure erano ancora conosciuti nel Quattrocento, come testimonia l’umanista Leonardo Bruni, autore di una Vita di Dante (1436) – i più accreditati studiosi della moderna filologia dantesca hanno lavorato a lungo per “ricostruire” il testo della Commedia attraverso il confronto tra i vari manoscritti più antichi. L’opera ebbe immensa diffusione e fortuna nel corso dei secoli, presso ceti sociali disparati e in vari ambienti culturali.

Dante fu condannato alla pena capitale (al rogo) nel 1302, ma la fuga a Ravenna gli permise di “glissare” questo appuntamento con la morte. Pena che è stata ufficialmente condonata nel 2008, quando, nel tentativo estremo di fare ammenda, il consiglio comunale di Firenze approvò una mozione che lo perdonava ufficialmente.

Non smettiamo di leggere e studiare il Sommo! Che anche a distanza di secoli, non smette di essere vicino a noi. Non saprei scegliere una citazione che lo rappresenti, credo sia un compito impossibile. Chiunque lo abbia letto e amato avrà i sui versi preferiti; dato quello che sta succedendo in questi giorni tra le aule della politica….. rispolvero questa punzecchiatura…..

Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di province, ma bordello!

(“Purgatorio”, Canto VI)