Quando si è impossibilitati a viaggiare fisicamente non resta che viaggiare con la mente, mettendo in moto la nostra fantasia attraverso la lettura di romanzi, diari di viaggio e saggi che ci trasportano in un universo di grande fascino: l’India. Grazie alla sua varietà di paesaggi naturali, città storiche e culture, l’India è un paese che non smette mai di stupire. Essendo un mosaico di popoli e di religioni, una società stratificata, soprattutto nelle concentrate e caotiche metropoli, attraverso il sistema delle caste – con muri eretti dal pregiudizio – anche la sua produzione letteraria è molto variegata e ciascun scrittore indiano rappresenta un tassello di quello stesso mosaico, uno sguardo attento alle trasformazioni e ai cambiamenti  sociali in continuo divenire.

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(Madurai, Tempio Meenaksi)

Gli scrittori indiani più noti nel mondo occidentale sono scrittori in lingua inglese e sono i rappresentanti di quel fenomeno che è stato definito “la diaspora indiana”: molti fra loro abitano in Gran Bretagna, o negli Stati Uniti, dove spesso hanno studiato e vissuto. Il fatto di non vivere più in India (anche se quasi tutti affermano di tornarci spesso) non implica di non potere scrivere sull’India, anzi accade proprio il contrario. La “questione delle origini”, quali la regione di provenienza, il luogo dove vive, la lingua, la religione, la casta di appartenenza, è la prima cosa che uno scrittore indiano si pone e sulla quale è chiamato a lavorare. E questo vale anche per quegli autori che vivono o hanno vissuto per lunghi periodi, lontano dall’India.

Le storie narrate da Salman Rushdie, ad esempio, si situano spesso in Kashmir, regione da cui la famiglia dell’autore proviene, così come “Il Paese delle maree” di Amitav Gosh può essere letto come una formidabile epopea ecologica, un’arringa in favore dell’arcipelago delle Sundarbans, paludi del delta del Gange a sud di Calcutta, città d’origine dell’autore.

In India la narrativa moderna è nata da un’intima interazione tra una tradizione del narrare propria alla cultura indiana, di antichissima origine, e quella propriamente di matrice occidentale, soprattutto inglese del XIX secolo. Nonostante si affermi spesso che il romanzo sia essenzialmente una forma letteraria europea, gli scrittori indiani hanno saputo adoperare il genere con disinvoltura usando il romanzo, e in modo minore i racconti brevi, come la modalità chiave con la quale articolare la loro visione della vita e della società. Nell’era post-coloniale la narrativa indiana, sia nelle lingue locali che in inglese, attraversò un periodo di auto-rinnovamento per quanto concerne il contenuto e la forma, nel tentativo di afferrare le profonde contraddizioni della realtà psicologica e socio-politica indiana in rapida trasformazione, i nuovi costumi, le modalità di percezione, il nuovo dinamismo sociale scaturito dall’acquisizione della consapevolezza democratica da parte di segmenti della società fino a quel momento emarginati.

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(Varanasi)
Se il nuovo romanzo indiano in inglese ha attirato il pubblico internazionale di lettori, sono sempre più numerosi i racconti nelle lingue indiane che vengono ora tradotti in inglese e nelle altre lingue europee. La presenza dell’India in veste di paese ospite presso la Fiera del Libro di Francoforte nel 2006, presso la Fiera del Libro di Parigi nel 2007, e presso il Salone Internazionale del Libro di Torino nel 2010 , dimostra l’interesse e l’entusiasmo generati dalla narrativa indiana tra i lettori e gli editori in Occidente.

Il romanzo “storico” è un genere molto amato tra gli scrittori indiani: forte è il desiderio di raccontare vicende dolorose, non così lontane dal presente. Accanto all’uso della lingua inglese, sono moltissimi, anzi la maggior parte, gli scrittori che usano le lingue vernacolari per comunicare: scrivere in malayalam, in kannada, in tamil, in gujarati, in marathi, in hindi, etc. è contribuire alla modernizzazione del genere trasportandolo nella complessità della vita moderna, inventando nuove strutture ed idiomi che meglio esprimono la loro nuova percezione della vita e del modo di pensare.

La narrativa indiana in inglese ha iniziato a ricevere riconoscimenti internazionali sempre maggiori con la pubblicazione del libro I figli della mezzanotte di Salman Rushdie, una sorta di spartiacque tra due modi di fare letteratura, non tanto lontani fra loro, quanto contigui nella loro diversità di narrare il reale. Ma non possiamo dimenticare il contributo di pionieri come R. K. Narayan, Raja Rao, Anita Desai ed altri. Di certo con Rushdie, Vikram Seth, Amitav Gosh e Arundhati Roy abbiamo assistito ad un cambiamento di modello: questi scrittori non hanno le insicurezze che sembravano tormentare i loro predecessori. Questi autori  e i successivi non sentono di dover chiedere scusa per il fatto di scrivere in inglese, poiché considerano questa lingua una lingua indiana legittima e la utilizzano con grande versatilità e creatività.

(Fonte: Indika.it)

ROMANZI

Se volete entrare nelle atmosfere di questo grande paese, i romanzi sono sicuramente un portale che apre mille prospettive; la produzione è molto vasta e varia, declinata in generi che spaziano dalla narrativa classica, al romanzo storico, al romanzo di formazione fino al romanzo rosa, che si è sviluppato in parallelo con la produzione cinematografica di Bollywood.

Rushdie figli della mezzanotte

I figli della mezzanotte di Salman Rushdie risale al 1981. Nello stesso anno il romanzo ha vinto il James Tait Black Memorial Prize e il Booker Prize. In seguito è stato nominato “Booker of Bookers” nel 1993 e “Best of the Booker” nel 2008 per celebrare il venticinquesimo e il quarantesimo anniversario del premio, rispettivamente. È nella classifica dei 100 libri del secolo di le Monde. Dal romanzo è stato tratto un omonimo adattamento cinematografico del 2012. Il libro narra le vicende dei mille bambini nati il 15 agosto 1947, allo scoccare della mezzanotte: il momento, cioè, in cui l’India ha proclamato la propria indipendenza dall’Impero britannico. Tutti costoro posseggono doti straordinarie: forza erculea, capacità di diventare invisibili e di viaggiare nel tempo, bellezza soprannaturale. Ma nessuno è capace di penetrare nel cuore e nella mente degli uomini come Saleem Sinai, il protagonista che, ormai in punto di morte, racconta la propria tragicomica storia; una vicenda surreale attorno a cui si dipana una grandiosa saga familiare, un canto corale sullo sfondo della storia dell’India del Ventesimo secolo.

Per questo romanzo vi rimando alla bella recensione di Benny, uscito sul suo “vecchio” blog Unreliablehero.

Sahota fuggiaschi

Ho letto questo romanzo qualche anno fa e mi è rimasto scolpito nel cuore. Sahota narra le vicende di tre ragazzi, Randeep, Avtar e Tarlochan, e di una ragazza, Narinder, che intrecciano le loro vite in un anno cruciale delle loro esistenze. Sullo sfondo, l’India e l’Inghilterra, il presente e il passato. Le disumane condizioni di lavoro, quando c’è, il cinismo di chi sfrutta i disperati, la solitudine; e una cultura, quella indiana, dove il concetto di casta si applica in modo spietato. Ma anche la tenacia, la forza di volontà che spinge oltre i propri limiti, che fa restare in piedi anche quando tutto sembra perso. Immigrati, clandestini e regolari appena arrivati sul suolo britannico, e discendenti di seconda o terza generazione. Realtà che l’autore conosce bene, lui che è nato in Inghilterra da genitori indiani, originari del Punjab come i protagonisti del romanzo, e che ha raggiunto a fatica un sentimento di (parziale) integrazione. Come il dottor Cheema, uno dei protagonisti minori del romanzo. Nato in Inghilterra, con un buon lavoro e una bella casa, che si sente comunque un ospite. (la mia recensione continua….)

Nella forma di lettera, o di confessione ad Alia, Arun – protagonista e voce narrante – scrive un memoir, ripercorrendo a ritroso la sua vita e offrendo al lettore il suo punto di vista esclusivo. I personaggi che animano il racconto sono le menti della “Nuova India”. (la mia recensione continua…)

Desai in custodia logo

Anita Desai è fra le scrittrici indiane più accreditate. Selezionata per ben tre volte al Booker Prize, ha vinto il premio nazionale indiano Sahitya Akademi, oltre al Premio Padma Bhushan 2014 per il suo contributo alla letteratura indiana. Se non avete ancora letto i suoi romanzi vi consiglio In custodia, del 1987, finalista al Booker Prize, esilarante e al tempo stesso amaro.

Deven, un modesto e pavido maestro di hindi che ha dovuto abbandonare le lusinghe di Delhi per guadagnarsi una magra esistenza in una desolata cittadina di provincia, ha un’unica consolazione nella vita: la poesia. Luce segreta delle sue mediocri giornate è infatti l’amore per la grande tradizione poetica urdu, nata nelle sfavillanti corti islamiche dell’India settentrionale e, a dire il vero, ormai un po’ appannata dai rivolgimenti della storia. Un giorno, finalmente, proprio la poesia urdu sembra offrire a Deven un’inattesa possibilità di riscatto, quando per caso si ritrova insignito del glorioso incarico di intervistare addirittura il massimo vate di Delhi, l’anziano Nur. Ma il povero insegnante scoprirà, suo malgrado, che la missione pullula di insidie. Pirotecnico, comico e al contempo malinconico, questo geniale romanzo mette a confronto contemporaneità e passato, dandocene un ritratto spettacolare.

Ghosh paese maree

Piya è appena arrivata a Canning, l’ultima fermata per i Sundarban, l’immenso arcipelago che si stende fra il mare e le pianure del Bengala e che, secondo la leggenda, è sorto il giorno in cui la treccia del dio Shiva si è disfatta e i suoi capelli bagnati si sono sciolti in un immenso e intricato groviglio. Piya, giovane biologa marina nata in Bengala ma cresciuta negli Stati Uniti, è arrivata in questo dedalo di fiumi e foreste per scandagliare le profondità marine. Sui corsi d’acqua di mezzo mondo, Piya si è sempre sentita protetta dalla sua inequivocabile estraneità, dai suoi capelli neri corti, dalla sua pelle scura, dai suoi lineamenti delicati di giovane donna indiana. Qui, in un posto in cui si sente più straniera che altrove, sa che il suo aspetto la priva di ogni protezione. Per Kanai Dutt, invece, l’interprete diretto a Lusibari per decifrare un misterioso diario lasciatogli da uno zio, l’arcipelago è soltanto il paesaggio dove poter sfoggiare l’agilità e la prontezza del viaggiatore capace di cogliere istintivamente l’attimo. Soltanto per Fokir, il pescatore, i Sundarban sono il mondo. A bordo della sua barca, fatta di canne, foglie di bambù e fragili assi di legno, Fokir conosce ogni angolo di quest’universo, e sa che qui non esistono confini tra acqua dolce e salata, fiume e mare, terra e acqua, poiché quotidianamente le maree penetrano fin dentro le pianure del Bengala e foreste e isole intere scompaiono. Di Amitav Ghosh potete leggere anche la trilogia dedicata alla nascita dell’India moderna: Mare di papaveri, Il fiume dell’oppio, Diluvio di fuoco. Vi segnalo anche il recente L’isola dei fucili.

Seth ragazzo giusto

Siamo a Brahmpur, nell’India settentrionale; è il 1951. La signora Rupa Mehra ha appena benedetto il matrimonio della figlia Savita e già sta pensando all’altra figlia, Lata, e al “buon partito” che sicuramente troverà anche per lei. Ma Lata ha deciso di opporsi all’usanza dei matrimoni concordati: vuole scegliere da sé l’uomo con cui dividere l’esistenza… Da qui, pagina dopo pagina, il quadro si allarga e accoglie un’intera genealogia di personaggi, uomini e donne che vivono, lavorano, si scontrano, si amano, intrecciando le loro avventure e i loro sentimenti agli avvenimenti storici e politici del loro Paese sontuosamente magico e drammaticamente povero, saggio e dissennato, antichissimo e bambino.

Joshi japur

Jaipur, 1955. La giovane Lakshmi Shastri si è lasciata alle spalle una vita di povertà e un marito violento per diventare una delle artiste dell’henné più richieste in città.
Lakshmi offre alle sue clienti una gamma di motivi complessi, capaci di rispecchiare le storie delle donne alle quali sono destinati. I suoi vividi ghirigori color cannella non hanno mai deluso le sue clienti convinte che abbiano addirittura poteri magici.
Con il tempo è arrivata perciò assai vicina a conquistare ciò che desidera: una casa tutta sua, un posto nel quale poter accogliere i genitori e chiederne il perdono per essere fuggita dal marito, rovinando così la loro reputazione.
Un giorno, però, il passato bussa alla sua porta: suo marito è riuscito a rintracciarla, e ad accompagnarlo c’è una ragazzina sconosciuta, una tredicenne con gli occhi enormi, di un azzurro che vira al verde, iridescenti come le piume di un pavone. È Radha, sua sorella. Una sorella di cui la giovane donna ha sempre ignorato l’esistenza. Una sorella, soprattutto, destinata a portare uno scompiglio tale nella vita di Lakshmi da metterne a repentaglio carriera e reputazione.
L’arte dell’henné a Jaipur è il vivace e avvincente ritratto di una donna che, nell’India degli anni Cinquanta, lotta contro antichi pregiudizi e convenzioni per conciliare la propria realizzazione personale con il rispetto e l’amore per la famiglia.

anappara pattuglia bamnini

La pattuglia dei bambini segue la scia dei romanzi degli ultimi quindici anni ambientati nelle baraccopoli delle metropoli indiane e pakistane. Ricorda Le dodici domande (da cui è stato tratto il film The Millionaire), Giochi sacriShantaram, Belle per sempre, La bambina che non poteva sognare e vari altri di questo filone. Anappara racconta un mondo pericoloso e struggente attraverso gli occhi di un ragazzino che, a dispetto di tutto, non perde mai la speranza.

Jai ha nove anni, va pazzo per i dolci, ama i telefilm polizieschi e vive in un basti, lo slum di una megalopoli indiana. Nello stesso quartiere abitano anche i suoi due migliori amici: Pari e Faiz. I tre hanno imparato presto a cavarsela da soli, e quando un ragazzo della loro classe scompare, nel totale disinteresse della polizia, si improvvisano detective. Il basti, intanto, precipita nella paura, e subito riaffiorano le antiche divisioni tra indú e musulmani, con i politici pronti a soffiare sul fuoco. Cosí, mentre gli adulti si dimostrano, come spesso accade, irresponsabili, a cercare la verità rimangono solo Jai e i suoi compagni, che però dovranno spingersi ben oltre ciò che avevano immaginato.

Nair cuccette per signora

Stazione ferroviaria di Bangalore, India. Akhila, single quarantacinquenne da sempre confinata nel ruolo di figlia, sorella, zia, è a un passo dal realizzare il suo grande sogno: salire su un treno gloriosamente sola, sistemarsi in una delle cuccette riservate alle signore e partire alla volta di una meta lontana, il paesino in riva al mare di Kanyakumari. Con le cinque donne del suo scompartimento – Janaki, moglie viziata e madre confusa; Margaret Shanti, insegnante di chimica sposata con un insensibile tiranno; Prabha Devi, la perfetta donna di casa; Sheela, quattordici anni e la capacità di capire ciò che le altre non possono; Marikolanthu, la cui innocenza è stata distrutta da una notte di lussuria – si crea subito una profonda intimità. Nelle confidenze sussurrate durante la lunga notte Akhila cerca una risposta alle domande che la turbano da quando era bambina, gli stessi dilemmi che caratterizzano il viaggio intrapreso da ogni donna nella vita.

Roy il dio delle piccole cose

Vincitore del Booker Prize e libro più venduto in tutto il mondo nella storia di questo prestigioso premio: un romanzo da leggere senza dubbio. India, fine anni Sessanta: Amnu, figlia di un alto funzionario, lascia ilmarito, alcolizzato e violento, per tornarsene a casa con i suoi due bambini.Ma, secondo la tradizione indiana, una donna divorziata è priva di qualsiasi posizione riconosciuta. Se poi questa donna commette l’inaccettabile errore di innamorarsi di un paria, un intoccabile, per lei non vi sarà più comprensione, né perdono. Caso letterario che ha rivelato al mondo una nuova autrice e con lei un’intera generazione di scrittori indiani, il romanzo d’esordio di Arundhati Roy è la storia di un grande amore, e dell’eterno conflitto tra sentimenti e convenzioni, attraverso gli occhi di due bambini, capaci di cogliere le piccole cose e i piccoli eventi al di là di ogni distinzione sociale e morale. Nei loro pensieri e nelle loro parole, espresse in una lingua che deforma l’inglese degli ex dominatori, risuona la critica più radicale a ogni legge che stabilisca chi si deve amare, e come, e quanto.

Mehta maximum city

Il ritratto di una città, una delle più grandi del mondo, attraverso le voci dei suoi abitanti. Mehta narra le mille storie che s’intrecciano nelle strade della metropoli: Sunil, il teppista indú che un giorno dà fuoco a un musulmano e ottiene gloria e fortuna; Ajay Lal, il poliziotto onesto in un mondo di corrotti; Monalisa, la ballerina del beer bar che sa come condurre il gioco della seduzione; Mohsin, il killer della malavita che vorrebbe un giorno sposarsi per amore. E naturalmente gli attori della più grande industria cinematografica del mondo, quella di Bollywood, dove la vita della città viene rimasticata e digerita per diventare leggenda. Un libro vasto e labirintico come la metropoli che racconta, ricco di vita, storie, emozioni e ricordi personali.

Tejpal assassini

Nuova Delhi, domenica mattina. Uno dei giornalisti investigativi più famosi del paese è scampato a un attentato e i suoi killer sono stati arrestati. Peccato che l’unico a non essersene accorto sia proprio lui, la presunta vittima. Prima ancora che possa capire quello che sta succedendo, il giornalista viene messo sotto scorta dal governo e in poche ore la sua vita diventa un inferno. Nessuno gli spiega nulla, uomini ombra lo seguono giorno e notte. Il processo contro i suoi “assassini” prende il via e l’uomo viene chiamato a testimoniare, in un’atmosfera sempre più grottesca e kafkiana. A poco a poco capisce di essere un bersaglio, parte di un progetto legato indissolubilmente al destino geopolitico del suo paese. Un paese dove gli omicidi sono all’ordine del giorno, dove chi detiene il potere plasma la realtà a suo piacimento, dove il confine tra colpevoli e innocenti è infinitamente sottile. E proprio varcando questo confine, e scavando a fondo nella vita degli assassini che ha di fronte, che potrà salvarsi. Il romanzo è ispirato alla vera storia di Tarun J Tejpal: il giornalista, dopo aver scoperto il più grave scandalo di corruzione del governo indiano, è stato vittima di diversi tentativi di omicidio e ha vissuto a lungo sotto la protezione della polizia e dei servizi segreti, fino a quando i colpevoli non sono stati smascherati.

Fratelli di sangue

Fratelli di sangue narra la storia di una famiglia musulmana attraverso tre generazioni, dal colonialismo all’indipendenza, sino agli anni sessanta del secolo scorso. Prayag è un ragazzino hindu orfano che raggiunge Telinipara, una località vicino Calcutta, dall’originario Bihar. Viene adottato da una famiglia musulmana. Si converte all’Islam, si sposa, lavora duramente per costruirsi una posizione di rilievo, crea intorno a sé un ambiente multi-religioso e pacifico. La storia continua seguendo le vicende del figlio, Akbar Ali, e del nipote, M.J., sino al compimento del diciassettesimo anno d’età di quest’ultimo.

Siamo nell’India britannica, nel pieno della rivolta dei Sepoy del 1857. Ash è solo un bambino quando perde entrambi i genitori, lei indiana e lui inglese. Sarà la sua balia hindu a salvarlo. Per un caso fortunoso il piccolo Ash salva la vita al giovanissimo Marajà ed entra al suo servizio, fra intrighi di palazzo e peripezie di ogni genere. Fino a quando, ad appena dodici anni, sarà costretto a fuggire per sottrarsi a una fine orrenda.
In qualità di ufficiale delle Guide, un corpo scelto dell’esercito britannico, cercherà di difendere la sua terra tanto dai soprusi dei suoi fratelli inglesi quanto dalla violenza di quelli indiani, sempre in cerca di se stesso, lacerato fra le sue due identità. Fra intrighi, tempeste di sabbia, assedi e inseguimenti nella giungla, dovrà superare culture e religioni per incontrare l’amore e segnare la storia dell’India.
Ispirato a una storia vera, Padiglioni lontani non è solo un romanzo appassionante, ma è anche un incredibile affresco dell’enorme complessità dell’India con tutte le sue tradizioni, storie, leggende e religioni. Nessun altro romanzo ha saputo raccontare l’India con tanta forza nell’immaginario occidentale.

La maga delle spezie

Una vecchia signora indiana in una botteguccia di Oakland, California, con le sue mani nodose sfiora polveri e semi, foglie e bacche, alla ricerca del sapore più squisito o del sortilegio più sottile. E’ Tilo, la Maga delle Spezie. La sua storia inizia in uno sperduto villaggio indiano dove la rapiscono i pirati, attratti dai suoi arcani e misteriosi poteri, per portarla su un’isola stregata e meravigliosa. Lì Tilo apprende la magia delle spezie che in America le permetterà di aiutare chi, come lei, si è lasciato l’India alle spalle. Nella Bottega della Maga, dunque, sfilano vite e desideri, fatiche e speranze d’immigrati, e le spezie, con i loro mille, minuscoli occhi, scrutano ogni gesto della loro signora.

Shining India

K.V. Shankar Aiyar è un manager di successo. Gurucharan Ray è un suo amico cinquantenne, che K.V. considera come un suo discepolo nell’arte di arricchirsi nella nuova India. In realtà i pensieri di Gurucharan sono molto distanti dalla generale euforia innescata da un PIL in vertiginosa crescita. Spedito in missione dall’azienda in una remota regione, un giorno Gurucharan scompare. Unica sua traccia, i suoi diari che K.V. si vede recapitare. Pagine in cui Gurucharan esprime un profondo disagio dinanzi alla distanza, che si fa sempre più grande, tra chi detiene il potere e chi lo subisce in India. Bhatta, un giovane uomo che ha cambiato mille lavori, è stato un ragazzo inquieto e tormentato attratto da Gurucharan. Per lui Gurucharan ha sempre rappresentato una possibilità di salvezza dalla schiavitù del lavoro e del benessere a tutti i costi. Un giorno Bhatta viene a sapere della morte improvvisa di Gurucharan; si reca nella regione in cui l’amico si era ritirato e scopre l’intenzione di fondare un grande villaggio utopico nella Valle dei Fiori, nei pressi di Hemkund. Un progetto nel quale lui stesso avrebbe dovuto avere un ruolo. Ma il tempo ha mutato le cose: Bhatta è diventato il padrone di una galleria d’arte di successo. Nel suo animo, il senso di una qualsivoglia redenzione si è affievolito fino quasi a scomparire. Adesso, di fronte a sé, vede soltanto i fulgidi bagliori della Shining India. L’India dei sogni sorti sul cimitero del mondo antico.

Lahiri interprete malanni

Passando ai racconti, vi segnalo la raccolta di Jhumpa Lahiri: autrice nata a Londra da genitori bengalesi, cresciuta negli Stati Uniti, ha esordito con questa silloge, aggiudicandosi il Premio Pulitzer per la narrativa nel 2000. (Qui la mia recensione)
Attraverso nove storie di vita quotidiana, Jhumpa Lahiri ci consegna un’India variegata, assumendo ora lo sguardo di chi sta ancora affrontando l’urto della diversità, ora quello degli immigrati di seconda generazione impegnati a tener viva la propria identità originaria, ora quello di chi dall’India, con la sua civiltà millenaria ormai aperta agli echi dell’Occidente, non se n’è mai andato.

Le strade del figlio è una lettura che intriga e ispira anche molte riflessioni; ci sono diverse tematiche nel libro ma sicuramente quella più importante è il viaggio come forma di conoscenza, crescita e formazione. Il viaggio accende la curiosità, il confronto, apre la mente, spesso mette alla prova; ci si può trovare in situazioni di cui non si è in controllo, può capitare di venire a contatto con culture diverse, ci si deve adattare a luoghi e usanze e cibi diversi da ciò cui siamo abituati e tutto ciò porta a scoprire cose nuove di noi stessi. (Qui la mia recensione)

Romanzi di autori indiani ne trovate un po’ in tutti i cataloghi delle case editrici. Ad esempio Hoepli, ha una buona varietà di proposte che spaziano attraverso i generi. Anche Neri Pozza, nella collana Le tavole d’oro, dedica spazio alla letteratura indiana.

DIARI DI VIAGGI

In questa sezione si annoverano i grandi classici, a partire da L’odore dell’India di Pasolini, Un’idea dell’India di Moravia, La città della gioia di Lapierre, Passaggio in India di E.M. Forster, Viaggio in India di Hesse. Oltre a questi, ci sono diari di viaggio più recenti che possono aiutarci a conoscere il grande paese in previsione di un viaggio.

The passenger india

Esattamente un anno fa, Iperborea pubblicava il volume dedicato all’India della serie The Passenger. Questa tappa di The Passenger l’India, è più ricca che mai: di storia, culture, conflitti, suggestioni e contraddizioni. Ci immergeremo in questo Paese che evoca pace, armonia e spiritualità, ma come ci racconta l’economista di fama mondiale Prem Shankar Jha è attraversato da fortissime tensioni sociali e religiose, con un nazionalismo indù al potere che fomenta gli animi, discrimina i musulmani e riscrive il passato cercando di appiccicargli addosso l’etichetta «un paese, una religione, una lingua». Niente di più falso, la varietà linguistica e letteraria di un paese con 780 lingue (28 riconosciute) ci viene presentata in tutto il suo splendore dalla studiosa Arunava Sina, mentre lo scrittore kashmiro Mirza Waheed e il corrispondente dall’India Carlo Pizzati citano due tra i casi più eclatanti di regioni con un fortissimo senso d’identità: la tragica lotta per l’autonomia del Kashmir e l’orgoglio Tamil in un Sud che si sente profondamente distante da Nuova Delhi. L’urbanista A.G. Krishna Menon ci presenta le bellezze e la complessità della capitale partendo dal paradosso di un potere politico che si rifà continuamente alle tradizioni, salvo poi ignorarle del tutto quando si tratta di modernizzare selvaggiamente i centri storici delle città. Tra le cosiddette minoranze dell’India, ci sono anche i 25 milioni di sikh, più volte minacciati da politiche repressive come ci ricorda il grande scrittore Amitav Gosh. Un esempio di inclusione riuscita è il cricket, lo sport nazionale che permette a tutti, perfino ai senza casta, di sognare un futuro luminoso. La ricercatrice Susmita Mohanty ci proietta nel presente e nel futuro del programma spaziale indiano, ricchissimo e all’avanguardia eppure snobbato dall’opinione pubblica mondiale, sebbene la competizione con la Cina sia forte. Il cinema indiano è notoriamente un tripudio di colori, suoni ed emozioni ma pochi sanno che gli indiani vanno pazzi per le location straniere, Alpi svizzere in primis, uno dei tanti segreti del paese che verranno svelati in questo The Passenger.

India indimenticabile

Il subcontinente indiano è sterminato, quasi un mondo a parte: ci vuole una vita intera per conoscerlo tutto e forse non basta. Un viaggio in questa terra porta con sé un pesante bagaglio di esperienze del tutto personali, sicuramente toccanti, probabilmente indelebili e aggiunge un pezzo al puzzle variegato di questa terra di contraddizioni su cui nei secoli sono stati versati fiumi d’inchiostro. È che il fascino di questa terra travalica il buon senso: l’urgenza di mettere nero su bianco un calderone di emozioni non si placa con i giorni. E allora non resta che farsi trascinare da questa corrente e acchiapparne qua e là suggestioni da regalare ad altri, siano essi moderni hippie in pellegrinaggio, cultori dell’esotico o semplici viaggiatori aperti all’ignoto.

Petrignani ultima india

Dalla giungla del Periyar a Benares, dal favoloso parco dei templi di Khajuraho a Bombay, da Pondicherry all’agognato incontro con Sai Baba, da Cochin a Sarnath, da Matangesvara alla città-utopia di Auroville, Ultima India descrive le tappe simboliche di un soggiorno spirituale che ci restituisce tutto il fascino dell’India, innanzi tutto la vertigine che, nel «paese dell’anima», afferra il viaggiatore occidentale «nell’abbandonare la presa, nel lasciarsi spogliare di tutto, nel diventare agnello».
E, parallelamente alla descrizione reale dei luoghi, si confronta con le mille stratificazioni culturali, da Kipling a Hesse, da Henri Michaux a Pasolini, da Manganelli a Tabucchi, a Moravia che hanno creato un’India parallela, un’India dell’immaginario altrettanto reale di quella vera.

La figlia del Maharja è una lettura molto piacevole e ricca, che offre al lettore la cronaca di un viaggio impreziosita da accurate descrizioni, con un approccio antropologico che racconta l’India in tutte le sue sfaccettature culturali, filosofiche e religiose. Un libro prezioso per chi intende organizzare un viaggio in quel paese, o anche solo sognarlo ad occhi e libro aperto. (Qui la mia recensione)