Tra le novità editoriali che trovate in libreria vi segnalo questa, un memoir che dipinge un ritratto personale a tinte forti di una delle città simbolo del nostro Paese.
Ho vissuto la vita come un peso tra le scapole, una punta di coltello che minaccia di morte a ogni passo, qualcosa che preme e scardina. Ho sentito le viti che tenevano insieme la mia fragile esistenza perdere smalto e olio, sentivo la necessità di pizzicarmi la pelle per dire a me stessa sì, ci sono, non sto dormendo un sonno perenne, sono viva. Fino a dieci anni fa trascorrevo intere notti senza dormire. Guardavo l’orologio per vegliare sul tempo e lui inesorabile trascorreva, mi teneva il laccio al collo.
Tutto ciò che siamo stati, pag. 74
Un viaggio nella lontana Napoli natìa diventa un’avvincente dolorosa immersione nei segreti misteriosi di una famiglia e di un intero quartiere. Tutto ciò che siamo stati di Olimpia De Girolamo, brillante esordio narrativo dell’autrice napoletana e svizzera d’adozione, in libreria da lunedì 16 maggio per Gabriele Capelli Editore, è una riflessione profonda e sottile sull’infanzia, le relazioni, i legami sociali oppressivi e le possibilità di liberazione.
Anna, la protagonista del romanzo, torna a Napoli dopo vent’anni per aiutare la famiglia nella ricerca del padre scomparso. Per la quarantenne, che a suo tempo ha trovato serenità nella fuga all’estero, il ritorno a casa e all’immancabile rione, alla durezza della madre e ai non detti che coinvolgono vicini e concittadini, diventa il modo per rivivere e rielaborare violenti ricordi sopiti: conflitti interiori che solo dopo il sorprendente colpo di scena finale sapranno trasformarsi in vera e propria emancipazione e autonomia dal passato.
Si è alzato un vento leggero, lo stesso di quando, da giovane, stavo alla finestra della mia camera che dava sul teatro antico, sognavo miraggi di novità e di bellezza, ma sapevo che nessuno mi avrebbe
Tutto ciò che siamo stati, pag. 36
accompagnata al porto per salpare nella vita, che dovevo cavarmela da sola, correre nel sogno, forse scappare.
La madre le consegna una lettera in cui le parole sono un messaggio in codice tutto da interpretare.
Il ritorno a casa e l’ascesa tra le scale del palazzo mettono in moto la pellicola dei ricordi e il legame tra lei e la sua amica Ada.
I fatti si susseguono in quei giorni partenopei avvolti da misteriosi incontri. Presto la donna si rende conto che il percorso intrapreso va oltre il ritrovamento di un padre indecifrabile, dimostrandosi più vorticoso: è il viaggio verso se stessa, nei fatti dell’infanzia, nel ventre nascosto della sua coscienza, attraverso il buio della città, alla ricerca di parole che possano ricostruire una narrazione visibile e sopportabile della sua vita.
Che fine abbiamo fatto? Chi siamo diventati? Trovo il coraggio di toccare con le dita di una mano l’immagine di Ada e con l’altra quella di Salvatore. Vorrei tornare indietro, ma non si può. Mi appare Ada in controluce, sul pianerottolo al terzo piano, mentre si volta di scatto e mi dice qualcosa che non riesco a sentire. Nel vortice della sua gonna si insinua Salvatore e roteando si dilegua, come nebbia. Chino il capo tenendo le mani premute sulle fotografie.
Tutto ciò che siamo stati, pag. 123
Finalmente piango.
Piango i bambini che siamo stati e che nessuno ha saputo guardare, sento i nostri tormenti generati dai segreti degli adulti debosciati e senza volontà che ci vivevano attorno. Anche loro mi appaiono adesso dei detriti portati dalla corrente, derivati di infanzie violate e sole.
Il mondo di sopra e quello di sotto, in una Napoli sospesa, si intrecciano e restituiscono Anna a se stessa con occhi che imparano a vedere e che non aveva mai avuto prima.
Spiega l’autrice Olimpia De Girolamo:
«Le violenze taciute, certe forme di degrado, i racconti di quanto accadeva nelle famiglie: è questo il materiale che ha ispirato il mio romanzo, frutto di anni di attenta e costante osservazione. La storia di Anna potrebbe essere la storia di molte persone. Spesso nelle famiglie si vivono legami e accadimenti che è scomodo raccontare ma allo stesso tempo necessario, per dare una possibilità di liberazione a chi le subisce. Anna torna a casa, tocca con mano il proprio dolore sepolto ma
ancora vivo, e solo dopo averlo affrontato può rinascere».
Olimpia De Girolamo (Napoli, 1975) si è laureata nel 1999 in Filosofia all’Università Federico II di Napoli, si è poi specializzata in linguaggi cinematografici e ha conseguito un Master in Pedagogia e didattica teatrale. Vive in Svizzera, dove insegna italiano e si occupa di teatro come autrice, attrice e formatrice. È co-direttrice artistica dell’Agorà Teatro di Magliaso. Con il monologo La Mar è vincitrice del Premio Fersen (Milano) e finalista del Premio Donne e Teatro (Roma). Nel 2021 vince il Premio Opennet nell’ambito delle Giornate Letterarie di Soletta con il racconto Il primo scalino: l’assalto del passato che diventerà il romanzo Tutto ciò che siamo stati.
❤ grazie!
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Buona serata!!
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Cara Pina, poco fa, dopo aver letto la tua recensione e poco subito l’estratto e book del libro penso che un bellissimo romanzo. Subito ti fa entrare dentro e non si fa lasciare, anzi ti trascina quasi in un abbraccio fisico. E le parole sono tutte di carne e sangue. Una piccola digressione. Stamattina, vuoi complice na bella jurnata ‘e sole e ‘o cielo azzurro e senza ‘o vient’ d’aiere ca era forte e fastidioso, camminando sia prima che dopo essermi recato dal barbiere, vedevo queste donne sia giovani, un po’ più grandi o anche di trenta e quarant’anni, che ti invogliavano per quei tocchi del vestiario a pensieri cianciosi, voluttuosi, carnali. Ecco, il romanzo, trasmette questa vicinanza fisica. E poi l’uso del “dialetto” è come se ti trovassi a tavola mangiare e di tanto in tanto carezzare o baciarsi con le labbra dello spaghetto con vongole e lupini.
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Credo che l’autrice sarà felice di leggere queste tue appassionate parole… 😊
Il romanzo merita, io lo sto leggendo e mi piace tantissimo, perché, come dici tu, è molto sanguigno, e perché ti porta proprio dentro a Napoli.
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Napoli … i muri umidi e scrostati, spesso sgarrupati, pericolanti e i corpi, non fanno che parlarsi tra preghiere, jastemme e uocchie che paino distratti o complici e così lontani da non allontanarsi mai, specie quando si cerca di scacciare ‘o silenzio.😊
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Napoli è sempre poesia
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Napoli è poesia pure pe comm’ e’ mamm’ attaccat’ ‘e figli: na cosa ca nun fernesce maje, nemmeno quanno scorre ‘o sang’.
‘E figli femmene già piccerelle si’ tozzano cu ‘e mamme e quann’ stanno p’addiventano cuorp’ ‘e femmene, si ncapricciano ancora ‘e cchiù contro ‘e mamme, comme si na mamma fosse, cu tutto chill’ammore sempe presente e soffocante, ‘o nemico principale; e chesto sempe pe nu legame sempe ‘e carne ca saglie a dint’e viscere.
E doppo, quanno pure loro so’ femmene e mamme ‘e figlie, parturisceno pure ‘e mamma: e, tanno so’ femmene fatte e in molti casi, pure sfatte, quanno metteno ‘o munno ‘a mamma ca teneno dint”a ll’ossa.
E ‘o confine fra mamme e figlie è ‘o velo d’a luna. E sciuscinianne dint’a cucina, lavann’ e piatte, si raccontano ‘o bene e ‘o male ‘e ll’uommene.
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Grazie per questi tuoi commenti/racconti/poesie che ci regali!!
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😊
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Ah, marò, mannaggia, che sbadato, complimenti assaje assaje a Olimpia.🌹👏😊
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😁😁😁😁
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