Da sempre André aveva usato due parole diverse per le sue madri. Era un po’ difficile da spiegare. Mamma era riservato a Hélène, sua zia, che lo aveva cresciuto a Figeac, mia madre a Gabrielle, sua madre, che abitava a Parigi; con lei aveva passato solo quattro settimane l’anno per i primi diciassette anni della sua vita, e ancor meno da quando non viveva più nella casa dell’infanzia.
Storia del figlio, pag. 39
Storia del figlio, di Marie-Hélène Lafon, Fazi editore 2022, traduzione dal francese di Antonella Conti, pagg. 160; illustrazione in copertina «Interior with cat», Marius Borgeaud, 1918
Marie-Hélène Lafon, apprezzata scrittrice francese, arriva per la prima volta nelle librerie italiane con il suo capolavoro, vincitore del prestigioso premio Renaudot, campione di vendite, amato dai lettori e dalla critica.
Storia del figlio è una saga familiare, che si sviluppa lungo le linee del tempo abbracciando un secolo, ed una geografia che si muove tra Figeac, Chanterelle e Aurillac passando per Parigi; racconta tre generazioni con un movimento discontinuo, andando a ritroso nel tempo e compiendo salti in avanti, con un andamento ellittico, per ricostruire la storia di un figlio che cerca il padre ma anche quella di quei figli, e quelle figlie, che devono staccarsi da questa terra, l’altopiano del Massiccio Centrale, per cercare la loro affermazione, e di coloro che invece decidono di rimanere lì, ancorati ai luoghi natali.

Il romanzo prende l’avvio all’inizio del Ventesimo secolo, puntando l’attenzione su una famiglia con due gemelli, bambini di cinque anni, Paul e Armand, e un fratello più piccolo, Georges. Un incidente gravissimo – un dramma che aleggerà per sempre come un fantasma – cambia le loro vite. Alcuni anni dopo, Paul è uno studente delle superiori in un collegio di Aurillac, dove incontra un’infermiera scolastica molto più grande di lui, Gabrielle. Tra i due prende vita una relazione segreta dalla quale nasce un figlio, André, che il padre non riconosce. La sua storia – un destino costruito attorno a un assente – è il centro attorno a cui gravita l’intero racconto, tra passato, presente e futuro.
Paul è uno dei figli/padri del romanzo. È un ragazzo, prima, e un uomo, poi, ambizioso, che vuole lasciarsi alle spalle le origini contadinesche: aspira a divenire un brillante avvocato del Foro di Parigi, non ha intenzione di accollarsi una responsabilità di cui non sente la necessità. Lo conosciamo da bambino, intimorito dal padre autoritario e colpito da un lutto tremendo, ma è, soprattutto il padre, sconosciuto, del giovane André (Dadou) che sua madre, trasferitasi a Parigi per seguire Paul, affida alle buone cure di Hélène, sua sorella, che lo cresce insieme alle sue tre figlie, e che lo ama come se fosse suo, e Léon che sarà un buon padre surrogato senza mai sostituire quello assente. Gabrielle trascorre nel paese natale di Figeac quattro settimane l’anno e quei giorni sono l’unico momento in cui André si ritrova con lei, in un rapporto di distaccata vicinanza.
Paul le stava scivolando via dalle mani e presto sarebbe sparito dalla sua vita. Aveva manie di grandezza, poteva aspirare a un bel matrimonio, ma anche e soprattutto alle buone conoscenze che le amanti di pregio sanno procurare ,ansiose di fornire al nuovo amico mille utili cortesie per il tramite di mariti facoltosi e ben introdotti. Gabrielle indovinava e subodorava questi maneggi più di quanto non ne avesse contezza.
Storia del figlio, pag. 67
Gabrielle, la madre biologica di André, è una donna anticonformista (“una puledra scappata dalla stalla”), in anticipo sui tempi. È single, libera, indipendente e intende rimanere tale. Ha lasciato la sua provincia, la sua condizione, per condurre una vita lontana dalle chiacchiere che si fanno in paese sui suoi modi considerati libertini. Sorpresa dalla gravidanza inaspettata, che vive da sola, a Parigi, in quanto Paul non riconosce il figlio, trova una soluzione che andrà bene a tutti, potendo mantenere la sua libertà, garantendo una vita serena al figlio. Il rapporto tra le due sorelle è molto interessante, sono molto diverse, distanti, nella personalità e nello stile di vita, ma rimarranno vicine e troveranno un equilibrio attorno ad André.

Facendo un balzo avanti nel tempo, troviamo André padre: dal matrimonio con Juliette nasce Armand, un figlio amato, coccolato dalle cugine e dalla nonna, ma un altro figlio che lascerà le terre natie per vivere nel mondo, in Canada, in Oriente. Che a sua volta sarà padre e che proprio in questo passaggio della sua vita sentirà la necessità di chiudere il cerchio, di tornare in quel paesino quasi da regno delle favole, Chanterelle, in cui un ramo della sua famiglia ha avuto origine, e dove le lapidi del piccolo cimitero raccontano una intera saga familiare.
Per il bambino le date sono specificate; raccontano l’allegria di un’estate d’inizio secolo, due figli primogeniti, un uomo trentottenne ansioso di perpetuare la stirpe, una giovane donna di vent’anni e la sorella di diciassette indaffarate a star dietro ai neonati; Juliette immagina anche l’abisso della primavera del 1908, il fulmine che si abbatte, pensa a una malattia infantile che potrebbe aver colpito il meno vigoroso dei gemelli. Tutte le famiglie custodiscono nei loro più intimi recessi quei piccoli morti che i tempi serbavano in sorte, come un tributo di carne fresca offerto agli dèi Lari delle discendenze pletoriche.
Storia del figlio, pag.131
Il romanzo è scritto con uno stile molto letterario: Marie-Hélène Lafon, scrittrice e saggista, presta grande attenzione alla linguistica e all’estetica dei suoi testi. Questo è senza dubbio uno dei motivi per cui sceglie come epigrafe una citazione di Valère Novarina sulla scrittura come materia organica:
Il linguaggio è il nostro terreno, la nostra carne. Nella mia raffigurazione, il cantiere di un testo è come una cavità, un’apertura del terreno, e il suo avanzamento, la sua progressione, come una camminata in montagna.
Marie-Hélène Lafon esplora i silenzi e i non detti di una famiglia attraverso una decostruzione cronologica, mescolando il punto di vista di personaggi diversi e giocando su ellissi temporali. Il linguaggio è quindi essenziale, rigoroso, quasi scolpito come su una pietra dura, con rari dialoghi, per focalizzare l’attenzione sulla “storia” che l’autrice vuole raccontare: è un linguaggio che svela sottilmente e con forza le emozioni degli antieroi del romanzo. Lo spazio fisico – ambienti naturali, interni di abitazioni – in cui la trama prende forma, sono descritti in modo sensoriale (gli odori e colori, ad esempio) dando un certo realismo all’opera. Ecco le sensazioni di Paul bambino:
Riflette molto sugli odori e sui colori delle persone, delle cose, delle stanze o dei momenti. Georges ha lo stesso odore della marmellata di prugne quando la zia la fa cuocere a lungo nella pentola di rame, d’estate, proprio l’odore di quando cuoce. Amélie ha l’odore del fiume in primavera, il fiume alto della neve sciolta. Paul ha l’odore del vento e della lama fredda dei coltelli che sono in cucina e che loro non possono toccare. Per sua madre è incerto, cambia sempre, gli viene in mente la neve quando la sera diventa blu ai margini del bosco, il caffè caldo, volte odora anche di rosso. Per suo padre forse il minestrone, ma non ne è proprio sicuro, si ferma, qualcosa gli si blocca dentro e preferisce non insistere. Gli odori sono un gioco e col padre non si può giocare.
Storia del figlio, pagg. 13/14
Marie-Héléne Lafon è professoressa di Lettere classiche a Parigi, ha scritto una dozzina di libri tutti ambientati nella natale regione dell’Alvernia: i suoi romanzi hanno sempre avuto molti lettori fedeli. Con Storia del figlio, grazie al quale ha vinto il premio Renaudot, ha raggiunto l’apice della sua carriera.
Pina, attraverso i libri e le recensioni-presentazioni, con te si viaggia sempre. E si conoscono persone … pardon personaggi. 👏👏👏
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Ecco, l’idea è proprio quella… Fare viaggi letterari…
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E trovare i legami con la vita da tutti i punti di vista. E in modo da camminare e correre e fermarsi e pensare e parlare e respirare insieme alle gambe, alle braccia e alle facce dei libri per quanto “solo” carta numerata.
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che racconta storie, che quasi mai sono di pura invenzione…
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Link Pina
Saludos Juan
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