Se c’è una città dove si respira la storia, questa è Berlino. Per molti è ancora la città del Muro, ma la divisione in Est e Ovest è solo un ricordo del passato di Berlino: da trent’anni ormai la capitale della Germania è una sola, ed è una città ottimista e dinamica.

Berlino è una metropoli moderna e vitale, dove convivono in perfetta armonia realtà diversissime: la Berlino ricca degli affari e della finanza; la Berlino della storia e dell’arte, che vanta prestigiosi musei e un fermento culturale sempre vivo; la Berlino alternativa che reinventa gli spazi urbani, con centri sociali e club di tendenza che si appropriano di ex fabbriche ed aree degradate, un’infaticabile vita notturna, che dà alla città il suo carattere energetico e inequivocabilmente grintoso; la Berlino multiculturale, un caleidoscopio di colori, profumi e sapori; la Berlino capitale della street art, figlia di una ricca e vibrante scena artistica, espressione individuale della sua cultura underground.

Il suo patrimonio culturale è immenso e comprende varie forme e stili artistici. Nonostante la devastazione provocata dalla Seconda Guerra Mondiale e dalla divisione della città in due, la bellezza e la modernità di Berlino sono testimonianza dell’ottimo progetto di ricostruzione della città, capace di valorizzare i propri tesori culturali. Oggi la città offre un mix eclettico fra architettura moderna e classica.

«Da oscura cittadina medievale a capitale del regno prussiano, da centro vitale del Terzo Reich a emblema della Germania riunificata: splendori e miserie della “città del destino tedesco”»Forse mai in nessun luogo come a Berlino si sono dati appuntamento gli alterni destini della storia. Capitale della Prussia e centro culturale d’importanza europea sotto il regno di Federico il Grande, simbolo del militarismo e del fasto dell’impero di Guglielmo I e Bismarck, dilaniata dalla cieca follia di Hitler, ridotta a un cumulo di macerie e capace di risorgere dopo l’«anno zero», spaccata in due da un muro di cemento – bieca materializzazione della guerra fredda e della minaccia atomica – e oggi unita nel segno della nuova Europa, Berlino ha alimentato miti e leggende, ha saputo ricreare il proprio passato, è stata la vetrina dell’Occidente, ma anche lo scenario delle violente proteste sessantottine e delle vite bruciate dei «ragazzi dello zoo», la prima metropoli multietnica e «alternativa» del Vecchio Continente. In un teso equilibrio fra la vita dei grandi e quella del popolo, fra le trame della politica e gli slanci della cultura, fra un retaggio di antica magnificenza e la nuda realtà degli avvenimenti storici, Alexandra Richie ci offre un quadro ricco e complesso della «sua» città: denso, documentato, mai di difficile lettura, il libro è un omaggio a tutto quanto Berlino ha rappresentato dalla sua fondazione nel XII secolo fino alle vicende del dopo Muro, vera e propria città dalle due anime, «metropoli di Faust».

Sito ufficiale

Per organizzare una passeggiata letteraria vi rimando a questo sito. Inoltre vi suggerisco di leggere questo interessante articolo pubblicato sul sito del Goethe Insitute che racconta come il poliedrico tessuto sociale di Berlino si riflette nella sua scena letteraria: a Berlino si scrive, si legge e si pubblica in molte lingue, da molto tempo non più solo in tedesco.

Vi segnalo anche il volume di Iperborea pubblicato in occasione del trentennale della caduta del Muro:

Dopo essere stata a lungo la capitale della controcultura, il luogo di nascita di mille mode in anticipo sui tempi e avere attirato giovani e investimenti, Berlino ora vive i problemi di una capitale matura, più affollata e gentrificata di una volta. Un grande scrittore e testimone di mezzo secolo di storia della città, Peter Schneider, ci riporta alle atmosfere del «Cielo sopra Berlino», quando Potsdamer Platz era un deserto che simboleggiava le cicatrici della guerra; mentre un giovane scrittore che ha vissuto in prima persona l’ultimo febbrile decennio berlinese, Vincenzo Latronico (sotto trovate il suo romanzo), individua in un altro spazio deserto – la distesa verde dell’ex aeroporto di Tempelhof – il luogo che meglio rappresenta il sogno che molti rincorrono trasferendosi nella capitale tedesca: una maggiore libertà. Ma certo con il tempo gli spazi liberi sono diminuiti, come constatato sulla propria pelle da Annett Gröschner, autrice di numerosi libri su Berlino, che ci mostra come la speculazione immobiliare ha cambiato il suo quartiere, Prenzlauer Berg. Lo spirito libertario e anticonformista della città, che respiriamo addentrandoci insieme alla giornalista Juliane Löffler negli inferi del sex club più trasgressivo di Berlino, il KitKat. In un momento storico in cui si aprono sempre più crepe sui lati oscuri della Riunificazione, riscopriamo un testo profetico di Cees Nooteboom del 1991, inedito in Italia, e pubblichiamo il reportage pluripremiato di Daniel Schulz sulla sua gioventù tra i neonazisti in provincia. Ha ancora senso dire «berlinese dell’Est»? A giudicare dalla forte identità delle due squadre di calcio di Berlino Est, sembrerebbe proprio di sì, come ci racconta Alina Schwermer. Pochi sanno che anche il destino della comunità vietnamita, oggi sempre più visibile grazie all’exploit della loro cucina, rispecchiava quello tedesco: i nordvietnamiti lavoravano nella metà socialista, mentre i sudvietnamiti erano immigrati a Berlino Ovest. Alisa Ahn Kotmair, artista di origini vietnamite, ci accompagna alla scoperta di questa Little Vietnam berlinese.

Troviamo Berlino protagonista di molti romanzi, a cominciare da:

A passeggio per Berlino di Joseph Roth. Alla fine del 1920 Joseph Roth si trasferisce a Berlino, collaborando con la Frankfurter Zeitung e altri quotidiani e scrive una moderna forma di reportage letterario, e si pone come appassionato testimone e acuto osservatore della vita sociale del suo tempo. I reportage qui raccolti ci offrono una sorprendente e personale visione della Berlino degli anni Venti, una città che si propone come asilo per rifugiati ebrei, russi, turchi, armeni, greci, una metropoli di persone senza fissa dimora, di mendicanti, di senzapatria che lottano per la propria sopravvivenza. Ma c’è anche la Berlino delle avanguardie, dal volto moderno, borghese e benestante, cui Roth non risparmia scetticismo e ironia su temi quali il traffico, l’architettura, la politica, la moda, i grandi magazzini, il ritmo frenetico della metropoli in espansione e la commercializzazione dell’industria del divertimento. I reportage diventano per Roth l’occasione di penetranti considerazioni storiche e sociali, descrizioni piene di simpatia nei confronti degli emarginati, e di accusa e denuncia del conformismo dei tempi nuovi che porta alla perdita di identità e all’appiattimento dell’individuo. Roth ci regala insomma un quadro variegato, divertente e sofferto di una città inquieta e in continua espansione che ha rappresentato una grande rivoluzione culturale e dei costumi.

Berlino segreta di Franz Hessel. Il romanzo “Berlino segreta”, apparso nel 1927, sviluppa in forma narrativa gli spunti contenuti nei numerosi articoli e prose dedicati da Hessel all’arte della flânerie, mantenendone intatte la levità e l’eleganza. La vicenda racconta l’ultima giornata di Wendelin, un giovane e affascinante studente, nella città da cui sta per prendere congedo. Con lui, con la sua eccentrica e libertina cerchia di amori e di amicizie, il romanzo ci conduce tra i salotti e le abitudini mondane di un’alta borghesia impoverita dalla grande inflazione e travolta dai mutamenti di un mondo avviato a un inarrestabile declino. Nel ritratto dell’anziano professor Clemens Kestner e nei suoi dialoghi con il protagonista, Hessel ha occasione di esporre la sua visione del mondo e la sua proposta di una garbata forma di resistenza individuale alla frenesia della modernità, fondata su una personalissima etica di rinuncia al piacere del possesso.

Berlin Alexanderplatz Alfred Döblin. La storia narra le vicende di Franz Biberkopf, delinquente berlinese, che esce di prigione dopo 4 anni. Siamo nel periodo tra le due guerre e il protagonista si muove tra i quartieri frequentati dalla classe operaia dell’epoca. Lo stile è un flusso narrato da molteplici punti di vista; la prosa utilizza effetti sonori, articoli di giornale, canzoni, citazioni da altri libri, discorsi.

I demoni di Berlino di Fabiano Massimi. Berlino, 27 febbraio 1933. Alle nove di sera le strade della città sono deserte per colpa del freddo pungente. Fino a quel momento, la serata è identica a tante altre che segnano la fine dell’inverno tedesco. Ma in un attimo cambia tutto: i pompieri della città ricevono una chiamata concitata. Devono accorrere al Reichstag, il parlamento, perché qualcuno ha appiccato il fuoco. Sulla scena, in un tempo troppo breve, giungono anche Adolf Hitler e Hermann Göring, che non perdono tempo a indicare i colpevoli dell’attentato: i comunisti. Nell’arco di poche ore, il segretario del sempre più potente partito nazionalsocialista chiede e ottiene lo stato di emergenza. E, nell’arco di pochi mesi, vince le elezioni con il 44 per cento delle preferenze. Ma chi ha ordito davvero la trama dell’attentato che ha innescato la concatenazione di eventi più tragica della storia dell’umanità? Chi era a conoscenza di questi piani? E chi, pur sapendo, non è intervenuto? O forse qualcuno ci ha provato? Qualcuno che ora vive a Vienna e si guadagna da vivere come custode; qualcuno che ogni volta che esce di casa deve lasciare un capello tra lo stipite e la maniglia della porta d’ingresso; qualcuno che nasconde una pistola sotto al cappotto. Qualcuno che era noto come commissario Sigfried Sauer della polizia di Monaco. Poche sere prima dell’incendio, Sauer è stato attirato a Berlino da una vecchia conoscenza, l’ispettore Karl Julian, il quale gli ha comunicato che Rosa, la donna di cui l’ex commissario è innamorato, si è unita alla Resistenza ed è sparita. Nella capitale, gli intrighi, gli assassini, i loschi giochi di potere, i tradimenti si moltiplicano mentre Sauer prova a rintracciare Rosa e a sciogliere le intricate trame tessute dalle forze politiche in lotta. Ad aiutarlo Johanna Tegel, l’unica donna operativa nella sezione criminale della polizia. Ma la Storia irromperà presto e con violenza nelle loro vite…

Addio a Berlino di Christopher Isherwood. “Io sono una macchina fotografica con l’obiettivo aperto” dichiara l’alter ego di Christopher Isherwood arrivando nell’autunno del 1930 a Berlino, dove resterà fino al 1933. Un obiettivo – si può aggiungere – inesorabile, attraverso il quale partecipiamo come dal vivo ai suoi incontri nel cuore pulsante di una Repubblica di Weimar che si avvia al suo fosco tramonto: da un’eccentrica, anziana affittacamere alla sensuale Sally Bowles, aspirante attrice un po’ svampita, a Otto, ombroso proletario diciassettenne, a Natalia Landauer, rampolla di una colta famiglia ebrea dell’alta società. Tra cabaret e caffè, tra case signorili e squallide pensioni, tra il puzzo delle cucine e quello delle latrine, tra file per il pane e manifestazioni di piazza, tra crisi economica e cupa euforia – da nulla dettata e in bilico sul Nulla -, Isherwood mette in scena “la prova generale di un disastro” e ci fa assistere alla “resistibile ascesa del nazismo”. Non solo: cogliendo con ironia corrosiva i presaghi rintocchi che accompagnano la grandeur di un mondo “inutilmente solido e pesante”, ci consegna una scabra narrazione che ci ricorda come la Storia – e ogni storia – sia sempre contemporanea.

Il rogo di Berlino di Helga Schneider. Vienna, 1971. In un appartamento nel cuore della città una giovane donna sta per incontrare sua madre. Non si vedono da trent’anni. Helga era bambina quando, in una Berlino già sventrata dalle bombe, la madre aveva abbandonato il marito e i figli per entrare volontaria nelle SS. Ora, dopo pochi formali abbracci, la conduce verso un armadio dentro al quale è riposta una perfetta uniforme nazista. Sospira, nostalgica. E Helga scappa, corre per le scale, si allontana per sempre da lei e da quella implacabile fedeltà.
Passeranno altri vent’anni prima che Helga Schneider si decida a ripercorrere la sua infanzia. Ne è nato un libro diversamente implacabile, dove la memoria, anziché stendere un velo di pietà o di perdono, sembra liberare una rabbia troppo a lungo taciuta; un libro che ci fa rivivere i morsi della fame, la solitudine dei collegi, le angherie di una matrigna, la paura dei bombardamenti, la voce del Führer che echeggia nel bunker della Cancelleria, la lunga reclusione in una cantina: fino al giorno in cui i primi soldati russi avanzano in una Berlino ormai completamente distrutta.

Lettera a Berlino di Ian McEwan. Berlino, inverno 1955: il tempo della guerra fredda, il tempo delle spie. Nelle viscere della città devastata si lavora all’«Operazione Oro», lo scavo di un tunnel al confine con la zona russa, allo scopo di immettersi sulle frequenze telefoniche sovietiche e intercettarne i messaggi operativi: un progetto ardito e pericoloso a cui collaborano la Cia e l’M16, i due servizi segreti alleati e al tempo stesso rivali. In un simile clima di tensione e sospetto prende avvio la vicenda di Leonard, timido tecnico inglese coinvolto nel progetto spionistico, e Maria, donna tedesca esuberante e desiderosa di vivere: una struggente storia d’amore e di iniziazione ai sensi e alle emozioni. Dal romanzo è stato tratto il film The Innocent, di John Schlesinger con Isabella Rossellini e Anthony Hopkins.

L’ombra di Berlino, di Jonathan Lichtenstein. Il Kindertransport fu un’operazione di salvataggio che si svolse alla vigilia dello scoppio della Seconda guerra mondiale e fece arrivare nel Regno Unito dalla Germania nazista quasi diecimila bambini ebrei. Il padre di Jonathan Lichtenstein, Hans, fu uno di loro, fuggì da Berlino sull’ultimo di questi treni. Quasi tutti i membri della sua famiglia sarebbero periti a opera della follia antisemita, mentre Hans – ancora bambino – si trovò catapultato in un mondo ignoto. Un memoir profondo e commovente che tratta del trauma più terribile del XX secolo e dei suoi effetti, che come i cerchi di un’onda sull’acqua si fanno sentire ancora oggi; un’Odissea malinconica e illuminante che attraversa i decenni e l’Europa.

Ognuno muore solo di Hans Fallada. Un romanzo sulla resistenza e sulla disperazione. Contrastante, quindi, con il luogo comune di un Hitler che non conobbe oppositori tra la gente ordinaria, unita nella colpa collettiva. Fallada racconta di poveri eroi. Anna e Otto Quangel, lui caporeparto lei casalinga, come tutti i loro pari soli e addormentati e poco prima ancora abbagliati dal Fiihrer, conoscono un risveglio dopo la notizia della morte del figlio al fronte, e cominciano a riempire alcuni caseggiati della loro Berlino con cartoline vergate in modo incerto di appelli ingenui di ribellione. Lo fanno per comportarsi con decenza fino alla fine, ben sapendo che morranno e sicuri che nel vicino incontreranno più facilmente il delatore. L’autore li illumina, scorgendo in loro una specie di coscienza della nazione, rappresentata dai tanti volti intorno, espressioni di un popolo spaccato in due, chi opprime e chi è sepolto nella sua paura. Nel 2016 ne è stato tratto il film Lettere da Berlino, regia di Vincent Pérez.

La ragazza di Berlino di Anne Wiazemsky. Una grande storia d’amore tra le rovine di Berlino, tra un mondo che scompare e una nuova vita che si affaccia. Mossa dalla voglia di sentirsi utile, di aiutare gli altri la giovane Claire, figlia del grande scrittore François Mauriac, durante la Seconda Guerra Mondiale presta servizio come autista della Croce Rossa nel sud della Francia. Impavida percorre le strade a notte fonda, trasportando feriti, agonizzanti, assistendo a scene dolorose, di sangue e morte, mentre aiuta contemporaneamente la Resistenza francese. E quando la guerra finisce la giovane decide, contro il volere dei suoi, di spingersi fino nel cuore della Germania sconfitta: Berlino, distrutta e occupata dalle forze alleate. Le rovine di Berlino diventano così scenario di una grande storia d’amore. La scrittura di Anne Wiazemsky accoglie il lettore, trasportandolo in una realtà a un tempo cruda e fiabesca, dove la freschezza e l’entusiasmo giovanili si accompagnano alla drammaticità degli episodi narrati in un racconto di grande sincerità.

Il ragazzo di Berlino di Paul Dowswell. Un bel thriller per gli adolescenti. Germania, 1972. Alex Ostermann vive con la sua famiglia a Berlino Est. I genitori hanno credenziali irreprensibili per il regime, ma lui e sua sorella Geli non sposano interamente la propaganda sovietica e si ostinano a vedere del buono nella cultura occidentale. Alex è affascinato dalla musica rock, ascolta di nascosto i Rolling Stones e i Led Zeppelin e ha perfino formato una piccola band con alcuni amici. Geli, sempre vestita di nero e con le sue fotografie di edifici in rovina, mostra inclinazioni “decadenti”. A casa, i genitori fingono di disapprovare le passioni dei figli mentre l’unica a parlare in modo critico del regime è la nonna. Alla fine l’eccessivo “individualismo” dei ragazzi, pericoloso per la “causa socialista”, attira l’attenzione della Stasi, che comincia a tenerli d’occhio. Quando le pressioni diventano insopportabili, la famiglia Ostermann riesce a fuggire dalla Ddr, ma a un prezzo che Alex e Geli non sono disposti a pagare.

Il cielo diviso di Christa Wolf, pubblicato nella Germania Est subito dopo la costruzione del Muro, nel 1963. Manfred scappa a Ovest per trovare lavoro. Rita riesce a raggiungerlo, ma non decide di fermarsi con lui: la vita di Berlino Ovest non fa per lei. Il romanzo ebbe un discreto successo all’estero ma anche nella Germania Est dove potè circolare in quanto prendeva le distanze dal modello di vita occidentale.

Sono passati più di 30 anni da quando Il cielo diviso è stato pubblicato per la prima volta in Germania. In questo arco di tempo il Muro di Berlino è stato abbattuto. Eppure la storia d’amore di Rita e Manfred, storia cresciuta e naufragata all’ombra di quel Muro e dei grandi eventi storici e esso collegato, non ha perso neanche un briciolo della sua forza emotiva e metaforica. I due giovani sono ancora lì, sotto gli occhi del lettore, nel momento in cui si uniscono in un innocente progetto di vita comune e poi, nemmeno due anni dopo, quando questo stesso amore si spezza sotto l’arida pressione della Storia. Allora le differenze ideali e di temperamento dei due prevalgono e le loro strade si separano.

Russendisko di Wladimir Kaminer. Il libro parla di un giovane emigrato dalla Russia che giunge a Berlino proprio quando cade il Muro. L’intera comunità di emigrati dell’est, appena uscita dal socialismo reale, si ritrova catapultata in una delle più vivaci città europee. Sono questi i protagonisti di questa serie di racconti: personaggi eccentrici, a tratti surreali, descritti con humour e umanità, che si muovono animando la cultura underground berlinese. Russendisko (dal tedesco “discoteca dei russi”) è uno stile musicale che trae ispirazione dalla musica popolare, unendo elementi del folklore russo con elementi di musica moderna.

Inizialmente il termine “Russendisko” era utilizzato nel linguaggio colloquiale per designare quei locali (soprattutto discoteche) frequentati principalmente da russi o da persone di origine russa. In Germania questo termine, derivante dall’influsso della cultura russa in terra tedesca, aveva un significato dispregiativo. Il giornalista russo Wladimir Kaminer, con la sua raccolta di racconti brevi, grazie alle sue pubblicazioni e ai suoi progetti, ha legittimato il termine, facendolo diventare il nome di una vera e propria corrente musicale.

Tre giorni a Berlino di Christine De Mazières. Chi erano, cosa facevano, cosa pensavano e cosa speravano le persone «normali» che, il 9 novembre del 1989, si trovarono a vivere a Berlino una delle notti più importanti e sconvolgenti del secolo scorso, quella della caduta del Muro? Christine de Mazières, nel suo sorprendente romanzo d’esordio, immagina volti, vite e destini che si intrecciano, si legano e si mescolano fra loro, piccole storie che galleggiano e si perdono nella Grande Storia, personaggi che in quei giorni convulsi la Storia la subiscono, l’affrontano e la fanno al tempo stesso, diventando ognuno un frammento di un insieme più grande, proprio come le pietre del muro che crollava. Fra loro, Anna, francese innamorata della Germania, che sogna di ritrovare Micha, conosciuto anni prima a Berlino Est. Lo stesso Micha, figlio ribelle di un gerarca comunista, che in passato aveva tentato invano di fuggire all’Ovest. E poi il misterioso Niklas e gli altri uomini e donne, ragazze e ragazzi, ognuno con i propri amori e i propri conflitti, che in quell’incredibile notte di trent’anni fa riempirono fianco a fianco le strade berlinesi per avanzare, tutti insieme, verso i posti di frontiera, dando vita a una folla sognante e determinata che nessuno avrebbe più potuto fermare.

Piano D di Simon Urban. Un romanzo ucronico di altissimo livello letterario. Un romanzo che ha in sé diverse anime: un thriller dove gli omicidi non mancano, una spy novel, un romanzo a sfondo fanta-politico. Il tutto confezionato con una scrittura capace di sorprendere per la sua grandezza immaginifica, per l’umorismo, per l’ironia che a volte si tramuta in doloroso sarcasmo, per la capacità visionaria dell’autore di dare forma con le parole alla realtà che egli ha immaginato. E che vi farà molto riflettere sull’antitesi socialismo-capitalismo, sulle crepe e le derive di ciascuno dei due sistemi che, da una parte e dall’altra del muro, governano le persone. Tutto inizia il 19 ottobre 2011: siamo a Berlino ma la città è ancora divisa dal Muro, e le Germanie sono ancora due, la Repubblica Federale e la Repubblica Democratica. Il Muro in realtà era stato abbattuto e le frontiere aperte ma, visto che qualche milione di abitanti aveva preferito fuggire all’Ovest, per fermare l’emorragia, si è provveduto a ricostruirlo e a richiudere saldamente i confini. Dalle trame dei vari servizi segreti emerge una proiezione nel futuro che lo studioso aveva messo a punto in segreto: il Piano D. D come Deutchland, come un’unica Germania, un sogno di riunificazione che idealmente incendierebbe molti cuori, così come potrebbe incenerire molte menti… Qui trovate la mia recensione.

Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino (Wir Kinder vom Bahnhof Zoo) è un libro pubblicato nel 1978 dai giornalisti K. Hermann e H. Rieck e dalla protagonista Christiane Vera Felscherinow. Il racconto autobiografico descrive con particolare realismo il trasloco a sei anni dalla campagna di Amburgo al sobborgo berlinese di Gropiusstadt. Ora Christiane F. ha dodici anni, un padre violento e una madre spesso fuori casa. Inizia a fumare hashish e a prendere Lsd, efedrina e mandrax. A quattordici anni per la prima volta si fa di eroina e comincia a prostituirsi. È l’inizio di una discesa nel gorgo della droga da cui risalirà faticosamente dopo due anni. La sua storia, raccontata ai due giornalisti del settimanale “Stern” Kai Hermann e Horst Rieck, è diventata un caso esemplare, una denuncia dell’indifferenza della nostra società verso un dramma sempre attuale. Una testimonianza cruda, la fotografia di un’epoca.

Nel 1981 ne fu tratto il film Christiane F. – Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino (Christiane F. – Wir Kinder vom Bahnhof Zoo), con la regia di Uli Edel e la colonna sonora di David Bowie, uno dei maggiori successi cinematografici di quell’anno, consacrando Felscherinow alla notorietà globale. La trama del film è di molto semplificata rispetto al libro e non rende giustizia alla profondità del testo. Infatti la maggior parte delle riflessioni di Christiane sulla società, le sue osservazioni sul benessere occidentale di quegli anni, sui giovani, sulla droga, ecc. – in breve, la sua visione del mondo – non vedono assolutamente la luce nelle scene del film.

I berlinesi di Sven Regener. Un romanzo generazionale che ritrae le atmosfere tipiche degli anni Ottanta della Berlino Ovest. Novembre 1980. Frank Lehmann, accompagnato dal suo buffo amico Wolli, arriva a Berlino da Brema dopo essere stato appena congedato dal servizio militare a causa di “questioni psicologiche”, ovvero, in realtà, un finto tentato suicidio. Ora è in città, nel quartiere di Kreuzberg, popolato di artisti, punk, squatter, perdigiorno pittoreschi e sconclusionati amanti dell’alcol e della notte, per rintracciare il fratello Manni, stare da lui un po’ e ricominciare tutto. Arrivato all’appartamento che Manni divide con almeno altri tre o quattro coinquilini fissi (il numero dipende dall’umore dell’affittuario ufficiale, Erwin), Frank però scopre che suo fratello non è lì e che nessuno dei suoi amici sa esattamente dove sia, o comunque non ha intenzione di rivelarlo a lui. Inoltre nessuno lo conosce con il suo vero nome, Manni; tutti lo chiamano Freddie. Man mano che i giorni passano e che scopre nuovi dettagli della vita del fratello, Frank viene gradualmente accolto nella bizzarra umanità costituita dagli abitanti di quella città così diversa da tutte le altre, imparando a conoscere le loro abitudini e i loro codici strampalati. Tra i berlinesi infatti vigono regole particolari, i berlinesi, apprende Frank, sono una realtà a sé: che finora ha vissuto quasi difendendosi dal mondo esterno, ben presto se ne sentirà parte, perché non importa da dove vieni e chi sei stato, in nessun posto come a Berlino puoi cercare veramente di essere te stesso.

Slumberland di Paul Beatty (vincitore del Man Booker Prize 2016). Ambientato a Berlino nel 1989, è la storia Dj Darky, un nero di Los Angeles che sogna di ritrovare Charles Stone, mitico musicista dell’avanguardia jazz, e fargli suonare il suo perfetto pezzo beat. Un romanzo osannato dalla critica in cui Paul Beatty, con tono provocatorio e humour raffinato, riflette sulla questione razziale, sulle relazioni uomo-donna e su tanta musica, costruendo un graffiante ritratto delle contraddizioni di quegli anni.

Il Muro cadrà a breve e una nuova Berlino si schiude davanti al suo sguardo, sterminata e pullulante di vita: va scovato il cuore pulsante della città, ne va colto il battito, va fatto proprio. Un’arteria tra tutte gli balza agli occhi segnando un percorso, indicando la meta: un locale in cui si fa musica, lo Slumberland bar. In quei pochi, fumosi metri quadrati di impiantito sporco e ritmo perfetto, una nuova stagione di ascolto si schiude e lo accoglie: un’educazione sessuale, politica e acustica che via via si annette territori inediti, nuovi gusti musicali, nuove memorie fonografiche. Come un caldo giro di basso che s’insinui lungo le strade smarginate e vivaci della città, Dj Darky mette così a punto e affila le armi di un’ironia argomentativa che non ammette limiti: sulla negritudine in quegli anni in America e in Europa, sulle relazioni tra uomini neri e donne bianche, sulla musica jazz e techno, sulla condizione dei tedeschi dell’Est dopo l’unificazione e quella degli afroamericani dopo le battaglie per i diritti civili.

Salam Berlino di Yadé Kara. Hasan, il protagonista del libro, è un ragazzo diciannovenne che ha passato gran parte dell’infanzia a Berlino, per poi tornare a Istanbul perché la madre odia vivere nel ghetto degli immigrati turchi. Dopo il crollo del muro decide di tornare in Germania, a lui piace Berlino, la sente sua e ci trova gli stimoli che l’aiutano a capire cosa vuole fare nella vita. Si iscrive all’università e comincia a lavorare, diventa attore in un film, ritrova vecchi amici e si innamora. Nel frattempo la situazione familiare precipita perché si scopre che il padre tradiva la moglie con una donna di Berlino Est e ha un altro figlio. L’altra rivendica i suoi diritti e la moglie a Istanbul non perdona.

Berlino di Ales Steger. La Berlino raccontata da Ales Steger in questi trentuno episodi – corredati da foto dello stesso autore – non è solamente la città che ognuno di noi può aver visitato o anche solo immaginato attraverso i libri e i film, ma è il ritratto di un anno di permanenza del giovane poeta e scrittore sloveno nella capitale tedesca e delle sue flanerie attraverso i suoi luoghi più segreti e bizzarri. I brevi testi del libro – a metà tra il racconto di viaggio, la guida letteraria e il taccuino filosofico – nascono da incontri girovaghi con le persone e le memorie della capitale, che nonostante i grandi cambiamenti non può e non vuole mascherare le ferite del proprio passato.

Gente di Berlino di Amanda Greco. Fuggita dalla realtà del piccolo paese, dal malgoverno, dalla sua stessa inquietudine, la protagonista approda a Berlino e si ritrova a vivere con Theo, amico eccentrico, vegano e gay. Lei, 34 anni, piena d’ansie, legata a una visione logica delle cose, con l’urgenza di ordinare le idee, trovare punti di riferimento stabili. Lui, coetaneo, spirito ramingo e senza radici, con la spiccata inclinazione a stravolgere la realtà, rompendone i canoni, per infilarvi dentro le fioriture della sua mente fantasiosa. È fermamente convinto che in casa dimori il fantasma di una prostituta uccisa, che odia il sesso e che fa fuggire tutti gli amanti che i protagonisti si portano a casa o che, a pensarci bene, sarebbero fuggiti comunque. I due vivono in un appartamento bohémien, decadente e misterioso, nel quartiere degli artisti, Kreuzberg, che si popola di gente stravagante, atipica, perlopiù attratta dall’energia carismatica di Theo: la Gente di Berlino.

In un crescendo di tensione e colpi di scena, nel suo primo romanzo Calla Henkel esplora il tema dell’amicizia femminile, dei legami tossici, della ricerca di un’identità e di come sia difficile crescere trovando un equilibrio tra le proprie passioni e i compromessi necessari alla sopravvivenza, sullo sfondo di una Berlino vitale e quanto mai affascinante.

Nel tentativo di superare l’omicidio dell’amica del cuore, Zoe lascia New York e si trasferisce a Berlino grazie a una borsa di studio. Qui ritrova Hailey, già sua compagna alla scuola d’arte, alla quale si appoggia completamente stringendo un’amicizia intensa e poco equilibrata. La differenza tra le due ragazze, infatti, non potrebbe essere più evidente: tanto Zoe è priva di scopo e influenzabile quanto Hailey è egocentrica e sicura di sé, idolatra Andy Warhol e Britney Spears e vuole fare della propria vita un’opera d’arte. A complicare la situazione ci sono le stranezze dell’appartamento in cui vivono – rumori insoliti e voci che non si sa da dove provengano – di proprietà di una scrittrice di thriller. Hailey e Zoe si convincono che la donna le stia spiando, forse per trovare materiale per i suoi romanzi. Decidono allora di giocare al suo stesso gioco, cercando di essere loro a determinare la narrazione: organizzano party esclusivi all’insegna dell’eccesso e presto tutta la Berlino del circuito artistico e giovanile fa a gara per ottenere un invito. Le notti diventano sempre più frenetiche e fuori controllo e Zoe, che cerca se stessa anche indossando i vestiti delle amiche, inizia a chiedersi quale storia stia vivendo e come andrà a finire

Un romanzo che ritrae la crisi generazionale dei millennials, persi nei loro desideri di fuga e stabilità, con un linguaggio asciutto e nitido.

Tutti vorrebbero la vita di Anna e Tom. Un lavoro creativo senza troppi vincoli; un appartamento a Berlino luminoso e pieno di piante; una passione per il cibo e la politica progressista; una relazione aperta alla sperimentazione sessuale, alle serate che finiscono la mattina tardi. Una quotidianità limpida e seducente come una timeline di fotografie scattate con cura. Ma fuori campo cresce un’insoddisfazione profonda quanto difficile da mettere a fuoco. Il lavoro diventa ripetitivo. Gli amici tornano in patria. Il tentativo di impegno politico si spegne in uno slancio generico. Gli anni passano. E in quella vita così simile a un’immagine – perfetta nel colore e nella composizione, ma piatta, limitata – Anna e Tom si sentono in trappola, tormentati dal bisogno di trovare qualcosa di più vero. Ma esiste? Vincenzo Latronico torna alla narrativa con una storia lucida e amara di sogni e disillusioni, una parabola sulle nostre vite assediate dalle immagini dei social media e sulla ricerca di un’autenticità sempre più fragile e rara. Qui trovate la mia recensione.

Marzahn è un quartiere nella zona nord-orientale di Berlino. Dopo la riunificazione è diventato un quartiere multietnico, dove i destini di persone provenienti da tanti e diversi Paesi si incrociano. Il libro di Katja Oskamp suona come una dichiarazione d’amore nei confronti di questo quartiere che, dal punto di vista letterario, è un enorme contenitore di storie, un serbatoio infinito da cui pompare carburante per la macchina narrativa. Con la sensibilità e l’abilità di scrittrice, Katja riesce a condensare in poche pagine dei ritratti teneri e folgoranti, le storie delle persone comuni che hanno vissuto nella Germania dell’Est, dove, a volte, sono arrivati dopo lunghe traversie. Con uno sguardo ironico e partecipe, racconta le loro storie con rispetto, con compassione e sincera vicinanza, senza denigrare lo stile di vita dell’ex Germania dell’Est, facendo anzi risaltare quel senso di solidarietà e di reciproco aiuto che caratterizzava la vita dei quartieri popolari. Katja è semplicemente una osservatrice curiosa, e le storie che, pagina dopo pagina, offre al lettore, vanno a costruire il variopinto mosaico di una comunità piena di storie da ascoltare. Una commedia umana in miniatura. Qui trovate la mia recensione.