Sono trascorsi tre anni da quella lettera, e il libro è ormai una realtà. Il titolo è quello suggerito da Mary Ann. I suoi desideri e i miei si sono compiuti: non c’è in esso niente che possa arrecare danno a Liz e Sara; non manca neppure nulla di ciò che, ai nostri tempi e a quelli dei nostri padri, accadde a Obaba. Il libro contiene le parole che lasciò scritte il figlio del fisarmonicista, e anche le mie.

Il figlio del fisarmonicista, pag. 20

Il figlio del fisarmonicista, di Bernardo Atxaga, 21 lettere editore 2021, traduzione di Paola Tomasinelli, pp.541

Senz’altro tra i migliori autori baschi spicca Bernardo Atxaga, che avevo conosciuto per caso, anni fa, imbattendomi nel suo romanzo durante una fiera del libro. Fu subito amore.
Bernardo Atxaga è lo pseudonimo dello scrittore basco Joseba Irazu Garmendia; è autore di teatro, poesia, canzoni, drammi radiofonici e narrativa per adulti e bambini, è uno dei maggiori scrittori della nuova narrativa basca. In Italia non è molto conosciuto al grande pubblico ma il suo romanzo di cui qui vi parlo, ha vinto il Grinzane Cavour 2008 nella sezione Letteratura straniera. E’ un’opera a più livelli di fruibilità, un romanzo nel romanzo, che ruota attorno ai temi della memoria, dell’amicizia, della malinconia, dell’etica rispetto alla lotta politica; è anche un affresco di uno dei periodi storici più complessi della storia iberica.

Il contesto storico narrato e i luoghi – i Paesi Baschi – li ho nel cuore: mi sono emozionata leggendo le vicende di Joseba bambino e poi uomo. Il romanzo ruota attorno alla storia di una amicizia e da quella, di tutta una generazione. Il racconto si apre con il capitolo “L’inizio” e con una scena che risale a quando i due bambini, Joseba e David, il figlio del fisarmonicista, avevano otto anni, nell’aula della loro scuola. David, che già suona lo strumento, deve eseguire un brano per assecondare l’invito della maestra e testimoniare la sua naturale abilità, che, per ora, sembra essere la vocazione della sua vita.
Il racconto fa subito un balzo in avanti nel tempo, a settembre 1999, quando Joseba si reca in California per dare l’estremo saluto al suo amico d’infanzia, insieme alla vedova. Da lei Joseba riceve il quaderno di David, scritto in lingua basca, che ripercorre il filo delle loro vite e che David ha riempito dal suo punto di vista. Durante il viaggio di ritorno verso la Spagna, Joseba legge queste pagine che lo riportano indietro nel tempo, quando lui e l’amico vivevano insieme a Obaba, la località basca che fa da sfondo alle loro vicende e che troviamo nei racconti di Obabakoak, e integra i ricordi di David con i suoi.
Dal capitolo successivo, “Nomi”, parte il racconto di David.

E’ necessario sottolineare subito come i titoli delle sezioni, se ben guardati, siano molto significativi. A ciò si aggiunge la numerazione dei paragrafi, che utilizza numeri romani per indicare le parti dei capitoli che raccontano gli eventi del tempo di Obaba, e numeri arabi per intestare i paragrafi in cui si raccontano le attività dei gruppi indipendentisti, ma anche le attuali circostanze della stesura di “Memories”, che coincide con l’avanzare della malattia del protagonista / narratore.

All’inizio dell’opera è posta la poesia “Morte e vita delle parole”, titolo chiaramente metaletterario. L’inversione dell’ordine dei termini morte/vita allude all’incessante evoluzione del linguaggio: vecchie parole cadono in disuso, vengono sepolte, ma subito ne compaiono di nuove, alcune appartenenti al lessico tecnico, altre spontanee, nate dall’esperienza quotidiana, come ci racconta costantemente Atxaga durante tutta la sua attività letteraria e culturale, sia in relazione alla lingua dei Paesi Baschi sia in senso linguistico più generale.

David ha scritto le sue memorie in lingua basca e le ha riprodotte in sole tre copie, una delle quali deve essere consegnata alla biblioteca di Obaba, un’altra al Club del Libro che ne aveva sponsorizzato la stampa, e la terza alle figlie, Liz e Sara, che, secondo i desideri del padre, devono imparare il basco e leggere le sue memorie per comprendere meglio le radici della famiglia paterna. Per tramite di David, Atxaga ci sta dicendo che la lingua è il veicolo privilegiato per comprendere bene una cultura e promuovere un dialogo pacifico tra culture diverse.

Dunque il racconto si compone in forma di meta romanzo, in cui il diario diventa poi il libro che, all’interno della cornice iniziale, noi leggiamo. E tutto ha un significato ben preciso, come ben è stato evidenziato nell’interessante articolo di Maria Caterina Ruta (Università di Palermo):

Il passaggio dall’ambiente dell’Obaba degli anni Cinquanta al ranch californiano degli anni Novanta è molto ardito in termini di dimensioni spazio-temporali, forse meno rispetto all’ambiente naturale americano, che ha una certa somiglianza con colline e valli, praterie e gli animali dei Paesi Baschi. Il figlio del fisarmonicista, come lo zio Juan, già sepolto nello stesso cimitero, allontanandosi dalla sua terra natale, aveva cercato un paesaggio che gli fosse in qualche modo familiare e che gli permettesse di iniziare una nuova vita dopo le deludenti esperienze degli anni di Obaba e la militanza politica. Ma queste pagine evidenziano anche l’assenza di un anello nella catena comunicativa che si era instaurata tra David e sua moglie. La scarsa conoscenza del basco da parte di Mary Ann continua ad essere un ostacolo per lei ad avvicinarsi ancora di più al mondo di origine del marito dopo la sua morte, e potrebbe esserlo per le figlie, se Liz e Sara non rimediano alla mancanza che ha causato tanta preoccupazione al padre.

Come tutti i romanzi che toccano vicende drammatiche ancora vive nella memoria di un Paese, in Spagna ha fatto anche molto discutere. Il racconto parte dagli anni Sessanta, sotto la dittatura di Franco, sullo sfondo le feroci repressioni, specialmente laddove c’era sentore di indipendentismo. A scuola non si dice molto della guerra civile e fare domande per sapere cosa fosse realmente successo non è una buona idea.  I ragazzi devono pensare a studiare e a comportarsi come si conviene. Ma i ragazzi crescono, e come spesso accade, crescendo iniziano a farsi domande, a volere sapere. E a scoprire verità scomode. I sospetti di scoprire chi e quanto sia compromesso con i fatti di sangue avvenuti negli anni della guerra civile, e le certezze a cui giungono, spingono alcuni giovani verso la lotta clandestina. Ma le contraddizioni di chi lotta per la libertà della regione macchiandosi però, a sua volta, di fatti di sangue, un certo tipo di ideologia che non ha radici culturali in quei luoghi, dissidi e ripensamenti, generano nei due giovani molti dubbi sulla validità di quel tipo di lotta armata. Entrambi sentono che il tentativo di affrancarsi e di fare valere l’identità basca dovrebbe partire dalle radici profonde nella cultura, nella lingua, più che nella violenza; ma la storia di quella regione sembra arrivata ad un punto di non ritorno.

Non voglio dire molto di più sulla trama. Aggiungo che il libro, oltre ad essere molto ben scritto e incredibilmente coinvolgente, è anche un ottimo strumento per conoscere la storia dei Paesi Baschi filtrata attraverso le storie personali dei protagonisti, simbolicamente portatori di un bagaglio di vita e di cultura generazionale. A me è piaciuto; se vi ho incuriosito, come spero, leggetelo e ditemi se vi ha fatto lo stesso effetto.

Riporto la prima  strofa della poesia che l’autore ha posto all’inizio; l’incipit del romanzo lo potete leggere nella sezione dedicata agli Incipit d’autore.

Atxaga poesia logo