Al posto delle favole lei aveva avuto le ballate, a modo suo era stata una bambina fortunata. Le storie venivano raccontate ogni sera vicino al camino, prima che il sonno la portasse in luoghi sconosciuti che le lingue del fuoco illuminavano insieme alla sua attesa. Prima che la legna si consumasse insieme ai suoi desideri. Fosse stato per lei sarebbe rimasta tutta la notte seduta lì, accanto alla brace coperta dalla cenere, aspettando un’altra ballata. Aveva una storia preferita, tra tutte, le aveva dato anche un titolo, come si fa con quelle che si leggono nei libri colorati per bambini. Ma sapeva che quella non sarebbe mai potuta diventare una storia colorata. «Come se l’anno non avesse altri giorni», cominciava lei appena il buio stendeva il suo velo nero. «La notte è ancora lontana», diceva la donna della famiglia che quella sera aveva il compito di mettere a letto tutti i bambini della grande casa, ma lei era impaziente di sentire la fine della storia. In cuor suo ogni volta sperava in un finale diverso.
C’era una volta una ragazza-sposa che si ammalò il giorno del suo matrimonio. Mentre da lontano arrivavano le carovane che dovevano portarla dal suo amato, le venne la febbre alta e cominciò a tremare. Insieme a lei tremavano tutte le stringhe che adornavano il suo vestito.
Così iniziava la storia. Negli anni successivi avrebbe ripetuto ogni singola parola prima di andare a letto, come una preghiera, come l’unica preghiera possibile. Per qualche strano motivo credeva che la sua salvezza sarebbe arrivata da quella storia. Credeva in un incantesimo che doveva essere sciolto, ma non aveva altre formule magiche a disposizione. Così ripeteva a memoria quella storia.
Anilda Ibrahimi