Skyline, di Annalisa Bruni, Cleup edizioni 2020
Skyline raccoglie quindici racconti della scrittrice veneziana Annalisa Bruni; alcuni di questi erano già stati pubblicati in antologie e riviste, ma ce ne sono anche di inediti. Il mood che aleggia sulla raccolta ci riporta alle atmosfere di Altri squilibri, di cui vi ho parlato QUI. Si tratta di quindici diverse angolazioni da cui vediamo la stessa realtà; cambiano i personaggi, le storie che hanno alle spalle, ma, a tenerli uniti ci sono le difficoltà e le fatiche del vivere giorno per giorno relazioni sfilacciate, o arrivate al capolinea; relazioni su cui si riversano le proprie frustrazioni trasformandole in vicoli ciechi da cui non si vede alcuna uscita. C’è la difficoltà di accettarsi, millantando un sé diverso, o quella di doversi costruire un castello di carte attorno, che un alito di vento, un soffio, può fare cadere.
Così come lo skyline è una specifica “impronta” urbana visuale che riflette l’intersezione tra polimorfe identità, allo stesso modo le interrelazioni tra i diversi personaggi assumono un’incidenza rilevante, vanno a mostrare lo stridente attrito tra i diversi desiderata, tra le aspettative spesso discordanti, che altro non portano se non delusione e rabbia.
Bruni maneggia questa materia grezza fino a darle una forma; l’osservare e il rappresentare non sono mai neutrali: lo sguardo e le sue tracce, infatti, pur nella loro parzialità, possiedono la capacità di rendere visibile, con un punto di vista esterno eppure partecipe, quei piccoli mondi privati che si vuole mantenere nascosti. Lo fa con una scrittura fluida, veloce, che punta all’essenzialità, che usa armi tattiche quali l’allusione, l’ellissi, l’ironia, oppure ossimori che stanno lì come cartelli segnaletici.
Annalisa Bruni ha un talento notevole per il racconto, ne ha dato prova in tutte le sue raccolte; il suo sguardo falsamente innocente è come un dardo che centra il bersaglio, una traiettoria breve, veloce, precisa; come un abile disegnatore che con pochi tocchi rappresenta una scena d’insieme. Uno sguardo che, come nel racconto che dà il titolo alla raccolta, ci fa vedere la realtà per quello che è, magari brutta nel primo impatto, ma carica di significato.
Questo chiedo: di avere restituita la mia dignità, con un altro finale. Un finale che sia mio, coerente a me stessa e non ai sogni romantici di una scrittrice che non sa cosa sia l’amore, che non sa cosa sia la vita.
In Eyre vs Brontë assistiamo ad un originale processo in cui la protagonista del celebre romanzo si scaglia contro la sua creatrice, accusandola di averle affibbiato un destino che lei non si merita. Quante volte ci è capitato di pensare la stessa cosa, di non meritarci quello che ci è accaduto? Di non essere stati artefici del nostro destino?
Nel racconto L’assenza la Bruni ci porta nel mondo distorto dell’editoria, un mondo sempre più mediatico, dove il verbo più declinato è apparire, per mettere a nudo un malcostume diffuso: le “sponsorizzazioni” da parte da parte di autori famosi verso autori esordienti, naturalmente scelti dagli editori. Un fenomeno che si manifesta sotto forma di fascetta che avvolge il libro da lanciare, riportante le solite frasi generiche e sensazionali, tipo “un esordio fulminante”, “un romanzo destinato a diventare un classico” e via burlando. Ecco dunque che un giovane aspirante giornalista, stufo fino alla nausea di questo andazzo, durante una famosa Fiera del Libro, mette in atto il suo “esperimento”, che naturalmente va a segno.
E ancora di libri si parla nel racconto Tutto per un libro, in cui incontriamo una protagonista malata di libri, una “book-addicted” come si dice oggi. E qui, ironia per ironia, è facile guardarsi allo specchio, un po’ di sguincio, che non si sa mai, magari potrei essere proprio io quella drogata di libri… E ancora in Contraddizioni, in cui la nota giornalista del più importante quotidiano italiano si ritrova senza pubblico alla presentazione del suo libro. Tra quello che propugna nel suo libro sul nuovo modo di intendere il femminismo e il suo agito, beh, ci sono molte contraddizioni…
Voglio solo vivere è un breve, caustico racconto che ritrae la desolazione intorno alla fine di un matrimonio. Fine voluta da lei, fine inevitabile, un fine corsa a cui si è giunti, forse ognuno con le proprie responsabilità, ma di cui la “colpa” non spetta che a lei. Colpevole di avere scelto la vita. L’unica che ha.
Anche in Le farò veder le stelle troviamo una coppia in crisi. Si sono allontanati, troppo, in modo irrimediabile; lo capiamo dal punto di vista di lei, che delusa e amareggiata, scopre la doppia vita di lui, le sue notti passate al pc in cerca di siti porno e di incontri; che lascia correre sulle sue lunghe assenze che altro non sono che vacanze insieme ad altre donne. Lei che si inventa uno stratagemma per entrare in contatto con una delle donne con cui suo marito ha allacciato una relazione. Ma perché? Crede ancora che ci sia qualcosa di salvabile? Che cosa vuole scoprire di se stessa?
Sul lago ci porta nelle atmosfere un po’ malinconiche di una giornata piovosa sulle rive di un lago, in una rinomata località, ridente nelle giornate di sole, sbiadita dietro i vetri rigati dalle gocce di pioggia. Se poi si è seduti ad un tavolo, da soli, circondati da una teoria di tavoli popolati da anziani, il cibo diventa troppo, la tristezza prende piede, e ci si ritrova ad immaginarsi da vecchi a discutere col proprio compagno intorno al conto. A quel punto ci vuole un buon digestivo e una certa dose di autolesionismo per finire la serata.
Ne Il certificato salta fuori la figura del maniaco del controllo, colui che faccio tutto io e voi siete qui solo per incasinarmi la vita. Un marito-calamità, o forse una calamita di frasi fatte in salsa di vittimismo. Uno di quelli che poi si rivelano approssimativi, che cercano sempre un colpevole, qualcuno su cui riversare le proprie insoddisfazioni, e che alla fine ottengono di essere compatiti.
In Tutte le mattine si respira un’aria rarefatta, e una speranza di resilienza.
La protagonista svolge una vita monotona, che si snoda su una routine fissa tra casa, lavoro e i viaggi che collegano le due sfere. Sempre gli stessi orari, le stesse azioni. E la consapevolezza di questo tedio, di fare una vita grigia e ripetitiva, la avvilisce. Si sente un po’ come il Paterson che ha visto nel film, al cinema. Qui il riferimento è al film Paterson, di Jim Jarmusch: il film copre una settimana, a cominciare da lunedì, nella vita di Paterson, che lavora per la società di trasporto pubblico come autista di autobus nelle cittadina di Paterson del New Jersey, città dove vive e in cui è nato il poeta William Carlos Williams. Il protagonista del film scriveva poesie per esprimere le sue ambizioni sopite, la voglia di cambiamenti e un amore appena sussurrato, poesie che ritraggono le cose semplici della quotidianità, proprio come nello stile del poeta nato nella cittadina.
Forse è proprio quello che serve anche alla protagonista del racconto, appuntare i propri pensieri, rendere evidente la sua esistenza, e dare concretezza alla sua sfera intima. Un racconto brevissimo ma di una lievità commovente.
Non mi pento ruota attorno al tema della difficile accettazione degli immigrati, di qualunque colore sia la loro pelle, e del luogo di provenienza. Tutto il livore, l’astio di un immigrato italiano, arrivato in Veneto dal Meridione, la sua vita interamente votata al lavoro e al sacrificio, all’uniformarsi e a farsi accettare, si raggrumano in un atto di violenza gratuito, scaturito da un futile battibecco con un giovane nero italiano.
Il tema delle relazioni tossiche è trasversale a diversi racconti inclusi nella raccolta, come Noi due, Voglio solo vivere, Morirò pecora nera, Le farò veder le stelle, Senza lacrime cattive, e viene sviluppato nelle sue diverse declinazioni. Emergono i temi di matrimoni svuotati di ogni sentimento, di tradimenti, di violenza fisica e morale. E di tentativi di trovare vie di uscita.
Dunque uno Skyline composito, un profilo di identità umane che si stagliano contro un orizzonte di vita, con le complessità, le contraddizioni e le speranze che lo animano.
Vi rimando anche alla mia recensione di altre due raccolte di racconti di Annalisa Bruni.



Questo libro potrei averlo scritto io, è proprio il mio genere. Mi piace! 🙂
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Sai che ti ho pensata, davvero!!!
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Eh, ma io mi ci ritrovo tantissimo in questa scrittrice. Devo somprare i suoi libri. 😀
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Buona lettura allora!
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Grazie! Sei il mio sito “libresco” preferito! 😀
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♥️♥️♥️♥️♥️
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Ma grazie!
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Ciao Annalisa, piacere di conoscerti. 😀
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Ne sono lieta!
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Grazie di cuore per questa lettura analitica e profonda dei miei racconti. È emozionante ritrovarsi nelle sensazioni e nelle riflessioni di chi ha letto le storie di Skyline cogliendone il senso profondo.
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Grazie, lei ha un vero talento per l’arte del racconto. Ora lo posso dire a ragion veduta…
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🙂
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