Stella Benson. La cacciatrice di parole, di Francesca Cosentino, Morellini editore 2023, pp. 210
Tra le più interessanti novità editoriali del momento c’è il libro di Francesca Cosentino pubblicato da Morellini nella collana “Femminile singolare” diretta da Sara Rattaro e Anna di Cagno, incentrato sulla figura di Stella Benson: la prima biografia romanzata per conoscere la scrittrice e grande viaggiatrice inglese.
Stella Benson, nata nel 1892 in Inghilterra in una famiglia aristocratica, a vent’anni desidera già una vita fuori dai canoni. Non è una ragazza qualsiasi. È una cacciatrice di parole. Disegnatrice, femminista, nata nel 1892 e morta nel 1933. Frequenta Virginia Woolf e altri grandi scrittori del tempo.

Il padre di Stella Benson era un membro della nobiltà terriera. La zia di Stella, Mary Cholmondeley, era una nota scrittrice. Stella ha trascorso parte della sua infanzia nelle scuole in Germania e Svizzera. Ha iniziato a scrivere un diario all’età di 10 anni e lo ha continuato per tutta la vita.
Stella Benson raggiunse la maggiore età durante il movimento per il suffragio femminile nell’Inghilterra dell’inizio del XX secolo. Nel 1910, costretta da una grave malattia a trascorrere 18 mesi di convalescenza in un sanatorio, dedicò il suo tempo alla lettura e alla riflessione sulle idee e sugli argomenti femministi che allora attiravano notevole attenzione nella stampa intellettuale e politica popolare.
Nel 1913, contro le obiezioni di sua madre, la ventunenne Stella Benson lasciò la sua casa nello Shropshire per una vita indipendente a Londra, dove intraprese una serie di lavori per mantenersi, scrivendo romanzi che alla fine le portarono la fama di scrittrice modernista.
Benson viaggiò in Europa e America. Nel 1921 si trasferì in Cina. Scriveva religiosamente nel suo diario e manteneva una vivace corrispondenza con amici in tutto il mondo, con Bertha Pope, Laura Hutton e Sydney Schiff, per esempio, così come con i membri della sua famiglia e con alcune delle maggiori scrittrici del suo tempo, Winifred Holtby, Storm Jameson, Naomi Mitchison e Virginia Woolf, tra gli altri. Morì nel 1933.
Il libro di Cosentino, come chiarisce nella Premessa ella stessa, non è una biografia in senso stretto:
Questa non è una biografia, ma un’opera di fantasia parzialmente ispirata alla vita della scrittrice Stella Benson. Alcuni fatti e personaggi traggono spunto dalla realtà, altri sono inventati e frutto della mia immaginazione. Mi sono ispirata alle sue opere e alla biografia di Joy Grant del 1987 e a quella di R. Ellis Roberts del 1939. Su Stella Benson e la sua arte della solitudine ho discusso la tesi di laurea in letteratura inglese nel luglio 1991, dopo un periodo di ricerche e studi in Inghilterra. Ho conservato per trent’anni i libri firmati, le fotografie, i disegni. Poi, una sera, ho cominciato a scrivere.
L’impianto narrativo del romanzo si sviluppa attorno a cinque voci, ciascuna seguendo un suo proprio registro, che disvelano ognuno un punto di vista sulla storia della scrittrice. Attraverso queste voci, si compie un viaggio tra Londra e la Cina, passando per gli Stati Uniti, dalla fine dell’Ottocento fino agli anni Trenta del Novecento. Una storia di fuga e rinascita che racconta di emancipazione femminile, passioni, impegno, perdite, ritorni, del movimento delle suffragette e della Grande Guerra. Al centro il grande amore per la letteratura e le parole.
La prima parte inizia a Londra, nel dicembre del 1933, per voce di Nigel, e non a caso con una citazione in esergo di Virginia Woolf. Passeggiando nei pressi della Piccola Venezia, Nigel si siede in un caffè; sfogliando il giornale si imbatte in una notizia che lo pietrifica: “All’improvviso un trafiletto in basso a destra attira la mia attenzione. Morta Stella Benson. Il mondo si spegne.” Stella è morta in Indocina, all’età di quarant’anni. La “sua” Stella. Ecco che Nigel torna indietro col pensiero al 1914, appena prima dello scoppio della Grande guerra, a cui egli stesso avrebbe preso parte. Aveva da poco conosciuto Stella, rendendosi immediatamente conto che si trattava di una persona speciale.
Aveva la pelle trasparente di una creatura dell’aria. Dietro un sorriso enigmatico nascondeva i venti del nord, le brume dell’oceano, la brezza estiva. Si portava nel cuore ettari ed ettari d’Inghilterra. (..) Aveva un alone di unicità. Era incantevole. Ma lei bastava a se stessa, dagli altri non si aspettava niente in cambio. Era insieme attraente e inavvicinabile.
Si erano conosciuti in un cinema; la prima immagine di Stella un profilo sfocato contro lo schermo. Quando le luci si accendono ecco Stella:
Esile, pallida, con i lineamenti delicati, i capelli biondi di un tono luminosissimo. Un’onda scomposta le ricadeva sulla fronte, accarezzandola. I grandi occhi erano cerchiati da occhiaie quasi bluastre, come solo chi ha la pelle chiarissima può avere. Un vestito lilla a fiori scivolava fluido lungo i fianchi. Sembrava in sintonia con la vita.
Impossibile per Nigel non innamorarsi di questa ragazza fragile, ma con le idee chiare sul suo stare al mondo, libera dalle convenzioni che incombevano sulle donne, restia a proiettarsi nel futuro nell’unico ruolo di moglie, aspirante a guadagnarsi da vivere con la scrittura, impegnata insieme alle amiche e alle zie nel movimento delle suffragette.
Si frequentano assiduamente, Nigel già pensa di convincerla a sposarla, quando, come una doccia fredda, lei gli racconta della sua malattia. Una spada di Damocle, un destino che potrebbe accomunarla alla sorella Catherine. Ma a separarli sarà la guerra.
In questa prima parte, Cosentino ci accompagna per voce di Nigel attraverso le opere che Stella compone in quel periodo, alternando al racconto brani tratti dalle opere. Un’operazione davvero felice che conferisce un ancoraggio reale alla narrazione romanzata.
Nella seconda parte la voce narrante è Mary, la zia di Stella; torniamo indietro al 1902, il giorno del decimo compleanno di Stella, e Mary si lascia andare ai ricordi, raccontando la passione della nipote per la lettura. Il legame tra loro due è di quelli speciali, è un’affinità di passioni, di sentimenti, di carattere; Mary è anche la persona che più di tutti la sprona alla scrittura, a partire dal dono del suo primo diario.
Tra noi c’è un legame emotivo, una strana somiglianza, un’affinità quasi viscerale. Mi sento io sua madre, molto più di Essex. Forse lo sono davvero, anche se non l’ho partorita. Lei è come me, è la mia copia.
Attraverso il racconto di Mary, il lettore passeggia per la dimora di famiglia, ne conosce i ritmi e le consuetudini, incontra i suoi abitanti, ne perlustra il parco che la circonda. Nel suo racconto sfilano le sorelle, con il ricordo doloroso della perdita di Hester, morta a vent’anni, il padre, i nipoti. La voce pacata e malinconica di Mary permette al lettore di entrare in punta di piedi nella famiglia di Stella e di comprendere l’ambiente in cui è nata e cresciuta.
Dalle stanze di Lutwyche, la residenza di famiglia, Mary sposta il racconto a Londra dove lei e la sorella Victoria decidono di vivere insieme, rifiutando l’idea del matrimonio per vivere appieno la loro libertà e per seguire le loro idee, politiche e culturali, insieme a un manipolo di artisti e attivisti, e con la nipote Stella, totalmente immersa in questi ideali e stile di vita.
Mio padre dice che sono di vedute larghe. Sarà per questo che a Londra ho conosciuto poeti e scrittori famosi, pensatori radicali, pittori e filantropi. A volte le mie idee sono talmente anticonformiste che stupisco persino loro.
Nel racconto di Mary spicca anche il padre di Stella e la sua discesa nell’abisso dell’alcol, un decadimento morale che porta ad una frattura con la moglie Essex e che lascia Stella impotente e scioccata, al punto da allontanarsi da lui.
La terza voce è quella di Winifred, l’amica di Stella, la persona con cui ha condiviso lotte e ideali. Siamo nel 1926, nella campagna del Sussex. Il racconto prende avvio nel giardino della casa di Virginia Woolf – Monk’s House, nel villaggio di Rodmell -, in mezzo ad un tripudio di piante e fiori, si trova anche il cottage dove lei si ritira a scrivere. Winifred ci è arrivata in treno, con Vera e Stella, un viaggio fortemente voluto da Stella, desiderosa di raggiungere la casa della Woolf. L’amicizia tra Stella e Virginia è al centro del racconto di Winifred.
La Stella che ci racconta Winifred è cambiata, in un certo senso è maturata; ha viaggiato molto, quasi freneticamente, come se avesse fame di vita; ha anche pubblicato molto, sia romanzi che articoli di viaggio; ora vive da qualche anno in Cina e l’influsso dell’Oriente è palpabile:
L’Oriente l’ha cambiata molto, ha influenzato le sue idee e il suo stile. È diventata più semplice, autentica,
essenziale. Affascinata dal buddismo, ha cominciato ad allontanarsi dalla materia per raggiungere il vero sé.
Attraverso le parole di Winifred possiamo immaginare l’incontro tra Stella e Virginia Woolf, due scrittrici separate da dieci anni e da esperienze diverse, ma forse simili per sensibilità e approccio alla vita. Accanto a questo filo narrativo si dipana quello della vita privata di Winifred, del suo amore per Vera, che accetta le convenzioni sociali e si sposa, con un uomo che minaccia Winifred di stare alla larga da Vera.
Winifred si è sentita tradita, sia da Vera che da Stella, con le quali aveva condiviso le idee anticonformiste, il rigetto del matrimonio come unico destino per le donne, l’esigenza di libertà. Eppure tutte e due hanno scelto la via del matrimonio, un “sì scandaloso”, anche per la zia Mary, che ha spazzato via rispetto, stima, affinità. Ma Stella, il giorno del suo matrimonio, aveva l’aspetto di chi sta facendo un sacrificio:
Era vestita di velluto nero. Forse era in lutto per l’altra se stessa che stava rinnegando. La sposa remissiva soffriva per la ragazza ribelle, per la suffragetta indipendente e la bambina solitaria che scriveva poesie.
La quarta voce è quella di Stella, datata novembre 1933, – poco prima della sua morte – che per mezzo della citazione in esergo da Joseph Conrad porta il racconto sulle acque del mare, a Pakhoi, un piccolo porto nel golfo del Tonchino, in Cina. Qui Stella vive col marito Shaemas, il corpo in Cina e la mente in Inghilterra, dove torna abbastanza spesso, e da dove riceve lettere che le tengono compagnia. Aprendo una lettera appena arrivata da parte di Virginia Woolf, Stella ci racconta il suo rapporto con la scrittura.
Il racconto si fa intimo, la voce di Stella è avvolta dalla malinconia, pervasa dal senso dell’avvicinarsi della fine. E’ con essa che ripensa al suo matrimonio, alle persone care che hanno popolato la sua vita, ai viaggi, ai luoghi in cui ha vissuto, alle fratture con le persone che hanno ritenuto il suo un matrimonio di comodo, un tradimento. Ma forse in Shaemas Stella ha semplicemente trovato un riparo, un compagno di viaggio.
Il passato mi richiama indietro. La memoria apre a caso i suoi cassetti. Tira fuori quello che vuole, tiene chiuso
per sé tutto il resto.
La quinta e ultima voce a dare seguito, con amore e ammirazione, alle ultime volontà di Stella Benson è il marito, Shaemas (James – Shaemas – O’Gorman Anderson), nel giorno della dipartita di Stella. Un capitolo che si apre citando in esergo Mary Cholmondeley, la zia di Stella.
La biografia-romanzo di Francesca Cosentino funziona perché – ed emerge con lampante forza – si poggia su una profonda conoscenza della Benson, della sua biografia, delle opere, delle frequentazioni, della famiglia; il tutto reso con una scrittura limpida ed evocativa, capace di portare il lettore nella vita di Stella come se ne avesse avuto esperienza diretta. Alternando racconti di episodi reali a brani delle opere, inglobando tutto entro una perfetta cornice narrativa in cui è difficile distinguere tra verità e finzione, Cosentino compone il ritratto di una scrittrice che cerca, e trova, la sua voce. Una donna fragile, ma capace di sfidare il mondo con sincerità, coraggio e determinazione, la stessa determinazione e forza con cui lei ne tratteggia il ritratto.
Il volume è completato da una bibliografia precisa e completa.
Qui potete leggere l’incipit del romanzo.

Giornalista e conduttrice del Giornale Radio Rai, Francesca Cosentino, è vice caporedattore al Gr3. Vive a Roma con la sua famiglia. Laureata in lingue e letterature straniere all’Università La Sapienza, ama i libri e i viaggi. Ha pubblicato volumi con DeAgostini e con Hoepli, il saggio Lycka, l’arte nordica della felicità è stato tradotto anche in cinese. Ha collaborato con il Corriere della Sera. Ospite di trasmissioni tv della Rai, da Unomattina a Kilimangiaro, e di circoli letterari, ha partecipato come autrice a Pordenonelegge, Bookcity Milano, Equilibrio Festival, Più libri più liberi. Stella Benson. La cacciatrice di parole è il suo primo romanzo.


Non leggo biografie… credo che sia inutile. Uno spreco di tempo entrare in altre vite passate. Magari un giorno cambierò idea… chissà. Ora è così.
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Rispetto il tuo punto di vista; questa in particolare a me è piaciuta perché assomiglia di più a un romanzo in cui la protagonista e alcuni personaggi appartengono alla realtà, ma potrebbero anche essere solo personaggi di finzione.
Mi è piaciuta la costruzione corale delle diverse voci narranti, che vanno a definire una accurata introspezione psicologica della protagonista, Stella.
I poli attorno a cui ruota la narrazione sono l’amicizia, gli ideali, l’amore per la lettura, la scrittura come missione salvifica, la lotta per l’indipendenza delle donne.
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