Sacro niente, di Giovanni Bitetto, Voland editore 2023, pp. 256

Non bisogna credere che io abbia tutte le risposte, sono qui da anni ma conosco l’essere umano da poco, d’altronde è poco, pochissimo per il tempo che mi attraversa, che esisto in forma di santo. Parlare del prima è difficile, giacché non ci sono frasi che possano spiegarlo, io semplicemente c’ero, e con me c’era tutta la roccia del globo.

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Sacro niente è costruito su due linee principali: la pluralità di monologhi con cui si indagano gli umani affanni, e l’espediente narrativo di dare voce ad una statua di pietra. La statua del santo Pio (Pio da Pietrelcina, noto anche come Padre Pio, al secolo Francesco Forgione), collocata in un giardino di fianco alla camera ardente situata in una villa, nel Sud Italia, è la voce narrante, il punto di osservazione e l’interlocutore fittizio che costruisce dialoghi in relazione con chi a lui si approssima. Statua che nella pratica devozionale è simbolo, è la terrena immagine del sacro, il tramite per cui, nella dottrina cattolica, con devozione, con la preghiera e la contemplazione, ci si può elevare ad una dimensione superiore.

I visitatori si avvicendano al camposanto, cercano un po’ d’ombra al riparo della statua, un momento di raccoglimento, un allontanamento dal gruppo. Sfilano al cospetto della statua, chi pregando, chi semplicemente tirando il fiato, chi liberando il dolore, chi svolgendo il proprio lavoro. Un padre, un autista, un figlio, un barbiere, l’inserviente, Antonio, il ragazzo. Ognuno con il suo fardello.

Dunque un punto di vista singolare, originale: un narratore onnisciente dalle fattezze scolpite e fisse, inespressive, che mostra di avere un grande spirito di osservazione, tanta empatia e umana comprensione che gli permettono di sorvolare sulle bassezze di chi guarda alla morte di un parente come una possibilità di rimpinguare le proprie casse, o di chi ha commesso atti di cattiveria, o ancora chi con la morte ci lavora tutti i giorni, all’interno del camposanto, e di sentirsi vicino al dolore di chi invece è segnato dalla perdita. Uno scaturire di riflessioni e di considerazioni attorno al significato della morte, e del sacro.

La narrazione procede come un flusso di pensieri che la statua sviluppa, è tutto un suo lavoro interiore, di immaginazione, perché niente di tutto ciò può avvenire nella realtà. Si tratta di un’allegoria? Di una metafora? Di certo questa è un’opera audace, che trascende la realtà sensibile, sorpassando un certo limite della conoscenza o della realtà. E passando in rassegna il catalogo delle umane virtù, e forse dei vizi, senza filtri, senza menzogne, tra sé e sé.

Del resto la statua del santo è la rappresentazione terrena, tutta umana, del sacro, è simulacro di santità, oggetto di venerazione, pur rimanendo un pezzo di roccia a cui l’uomo ha dato fattezze umane. Un sacro niente, come il titolo suggerisce al lettore.

Giovanni Bitetto (Terlizzi, 1992) è insegnante, scrittore e giornalista culturale. Ha scritto di letteratura e società per numerose testate online. Ricopre il ruolo di editor in “NEA Magazine”, rivista di letteratura e fotografia. Con il suo romanzo d’esordio Scavare (Italosvevo, 2019) ha vinto il Premio POP della Fondazione Mondadori.

Il romanzo è anche contenuto all’interno della Box 16, dedicata a Voland editore e ispirata al tema “Caro, Vecchio Continente”. Link per l’acquisto della Box, utilizzando il mio codice sconto del valore di 5 euro.