Le parole a cui vorrei dedicare spazio e riflessioni oggi sono un verbo che capita raramente di sentire, e un aggettivo che viene spesso usato in modo non corretto.

Allignare, /al·li·gnà·re/: v. intr. [der. del lat. lignum «legno»]- Mettere radici; attecchire, prosperare, appigliarsi. Relativo ai sentimenti, diffondersi in qualcuno, o nell’animo (es: la rabbia alligna tra la gente, un sospetto alligna silenzioso, un’ideologia montante allignerà in una nuova generazione), essere presente.

Allignare è un verbo che va oltre la connotazione botanica, evocando un’immagine di crescita vigorosa e inarrestabile. A differenza del semplice ‘sviluppare’ o del più statico ‘radicarsi’, ‘allignare’ suggerisce un processo dinamico e continuo, un’espansione vitale che si manifesta nella pianta che, da tenero germoglio, si trasforma in un esile fusto che, con il passare delle stagioni, si irrobustisce inesorabilmente. La parola, con la sua sonorità quasi musicale, con le sue liquidità e le sue vibrazioni, ci trasporta in un mondo fatto di sensazioni tattili: la morbidezza delle foglie, la ruvidità della corteccia, la freschezza dell’erba.

Allignare ci ricorda che la vita, anche quella più fragile, è in grado di affermarsi e di superare ogni ostacolo. Il giovane germoglio, esile e delicato, rappresenta la fragilità di ogni inizio, ma allignare ci mostra come questa fragilità possa trasformarsi in forza e in resistenza. Ecco perché questo verbo può essere usato nel senso figurato, relativamente ai sentimenti e ai comportamenti, come negli esempi che ho citato all’inizio.

Dovizioso, /do·vi·zió·so/: agg. [der. di dovizia, da dives, ricco]. – Che abbonda di beni, copioso, abbondante; di persona, ricco, facoltoso. Nel linguaggio comune lo si incontra spesso nell’espressione: con dovizia di particolari.
Il termine dovizioso ci conduce in un affascinante viaggio attraverso le sfumature del linguaggio e le sue radici storiche. Derivato dal latino tardo “divitia”, che indica ricchezza, questo aggettivo ha mantenuto nel tempo un legame profondo con l’idea di abbondanza e pienezza.

Originariamente associato al possesso di beni materiali, dovizioso si è arricchito nel corso dei secoli di significati più ampi e sfumati. Oggi lo utilizziamo per descrivere non solo persone o oggetti ricchi, ma anche situazioni, testi, stili che si caratterizzano per una grande ricchezza di particolari, dettagli o elementi. Un romanzo dovizioso, ad esempio, è quello che ci incanta con la sua trama intricata e la sua descrizione minuziosa dei personaggi e degli ambienti; un’opera d’arte può essere considerata doviziosa se è ricca di simbolismi e significati nascosti.

Interessante è il legame etimologico tra “dives” (ricco) e “divus” (divinità). Nell’antichità, la ricchezza era spesso associata al divino, quasi un segno della benevolenza degli dei. Questa connessione suggerisce una concezione della ricchezza non solo materiale, ma anche spirituale. Il ricco, in questo senso, era colui che possedeva non solo beni terreni, ma anche qualità interiori come la saggezza, la virtù e la bellezza.

Nel corso dei secoli, il significato di dovizioso si è evoluto, adattandosi ai cambiamenti culturali e sociali. Oggi, la ricchezza viene spesso associata al successo economico, al potere e al consumo. Dunque, il termine può assumere connotazioni sia positive che negative. Da un lato, evoca sensazioni di benessere, soddisfazione e appagamento. Dall’altro, può suggerire l’idea di eccesso, sfarzo e ostentazione. Il significato preciso dipenderà dal contesto in cui viene utilizzato e dalle associazioni personali di chi lo pronuncia.

Che mi dite di questi due vocaboli? Li utilizzate?