Come antiche specie animali, alcune parole rischiano di scomparire dal nostro vocabolario, portando con sé sfumature e suggestioni uniche. Oggi ci immergiamo in un piccolo tesoro linguistico, analizzando due termini che, a mio avviso, meritano di essere salvaguardati: squinternato e corrusco.

Questi due aggettivi, così particolari e evocativi, vi sono familiari? Li utilizzate nel vostro parlato quotidiano? A me, personalmente, suscitano una grande simpatia. Il suono stesso di “squinternato” è quasi una piccola esplosione di vitalità, è un termine vivace e colorito, che evoca un’immagine di disordine gioioso, di qualcosa che è fuori posto ma in modo simpatico e un po’ buffo; “corrusco” ha un’aura più enigmatica, e mi affascina proprio per la sua ambiguità: sembra nascondere un doppio senso, un’ombra di mistero.

Ma andiamo a scoprire più a fondo il significato di queste parole e perché sono così affascinanti.

Squinternato, /squin·ter·nà·to/: è il participio passato di squinternare, composto da una s- peggiorativa e quinterno, un fascicolo di cinque fogli ripiegati in due e inseriti uno dentro l’altro.
Dunque si utilizza per indicare un libro o fascicolo che ha i fogli o i quaderni sciolti e scomposti; scompaginato. In generale, distrutto, sconquassato, sgangherato. In senso figurato, di persona sregolata nelle abitudini e nel comportamento, o stramba, originale.

L’origine della parola ‘squinternare’ affonda le radici nel mondo antico della legatoria. Il quinterno, un fascicolo di cinque fogli ripiegati, rappresentava l’unità base di un libro. ‘Squinternare’ significava letteralmente ‘sfasciare il quinterno’, ovvero separare i fogli cuciti che componevano un libro. Immaginate un volume rovinato: per poterlo rilegare, era necessario ‘squinternarlo’. Da questa operazione manuale si è sviluppato il significato più ampio di ‘scomporre’, ‘disordinare’, che ha dato vita alle numerose accezioni figurative del termine.
Da un’azione concreta legata alla legatoria, è passato a descrivere un carattere eccentrico, un comportamento bizzarro o una situazione caotica; indica una persona o una situazione caratterizzata da un certo disordine, da una bizzarria fuori dal comune. In questo passaggio, il termine ha acquisito una connotazione più leggera e spesso ironica. Un ‘ragazzo squinternato’ non è necessariamente un problema, ma semplicemente una persona originale, fuori dagli schemi, o anche imprevedibile.

Corrusco, /cor·rù·sco/: agg. [dal lat. coruscus]. Scintillante, balenante, che manda bagliori.
‘Corrusco’ è un aggettivo che merita una riflessione linguistica. La sua radice latina evoca l’idea di un’azione rapida e violenta, come quella di un fulmine. Tuttavia, nel suo uso attuale, il termine ha assunto una connotazione più ampia e sfumata, indicando una luce che brilla in modo intenso e improvviso. È interessante notare che, a differenza di altri termini simili, ‘corrusco’ non è un participio presente, ma un aggettivo puro. Questa caratteristica lo rende più statico e definitorio, sottolineando la qualità intrinseca dell’oggetto descritto.

Il bagliore corrusco non è una luce quieta e pacifica. Al contrario, è una fiamma che scotta, il bagliore della lava del vulcano, un fulmine che squarcia il cielo. La sua luminosità è intensa, ma inquieta, accompagnata da un senso di turbolenza e di pericolo. Il corrusco non illumina soltanto, ma ferisce, sconvolge, trasforma. La sua luce è un’arma a doppio taglio, capace di affascinare e di intimorire allo stesso tempo.

Cosa ne pensate di queste parole? Credete che siano destinate a scomparire o che possano tornare di moda?