I ricordi sono pietre pesanti che mi trascino dietro. È pesante ricordare? chiese Ari. No, solo le cose che rimpiangi o che vorresti dimenticare – il rimpianto è la pietra più pesante. (Pag. 98)
Questo romanzo di Jón Kalman Stefánsson è tante cose: una saga domestica e nazionale, un romanzo di formazione, un condensato di riflessioni sul senso della vita, su cosa è importante e va preservato, sui limiti e la fragilità dell’uomo. È un canto corale, in cui i destini si incrociano, si sfiorano, si attraggono e si allontanano, a volte in un silenzio opprimente, altre con un grido assordante.
È un canto d’amore alla natura, alle sue leggi, al paesaggio, al mare, ai pesci che vi abitano e agli uccelli che lo sorvolano.
Probabilmente non diciamo mai tutta la verità. A volte per niente, tacciamo sempre qualcosa; per rendere la vita più gestibile, per evitare l’infelicità. Ma forse più spesso per illuderci, per farci più belli, forse più spesso ancora per codardia. Trasformiamo il silenzio in menzogna, lo trasformiamo in tradimento. Raramente diciamo tutta la verità e per questo non siamo mai onesti. (pag. 137)


