Il trio di Belgrado, di Goran Marković, Bottega Errante Edizioni 2025, traduzione dal serbo di Enrico Davanzo, pp. 224

Finalista al prestigioso premio NIN nel 2018, Il trio di Belgrado di Goran Marković si presenta come un’opera affascinante e complessa, un incrocio tra romanzo e saggio storico. L’autore, noto regista e scrittore serbo, fin dalle prime pagine avverte il lettore: ciò che sta per leggere è un denso intreccio di “materiali per un romanzo”, un accumulo di documenti, testimonianze e riflessioni che attendono di essere plasmate in una narrazione compiuta.

Questa struttura ibrida, che sfida le convenzioni del romanzo tradizionale, è uno degli elementi più originali dell’opera. Marković non si limita a raccontare una storia, ma invita il lettore a immergersi nel processo creativo stesso, a seguire le tracce, i frammenti, le fonti che hanno portato alla sua elaborazione narrativa.

Un ruolo fondamentale in questo processo è stato svolto dal traduttore italiano, Enrico Davanzo. La sua curatissima edizione, pubblicata da Bottega Errante Edizioni, non solo rende accessibile al pubblico italiano un’opera di grande valore, ma svela anche il complesso lavoro di ricerca e ricostruzione che ha reso possibile la sua traduzione. Davanzo ha dovuto confrontarsi con la sfida di rintracciare tutte le fonti originali citate nel libro, verificando l’accuratezza delle citazioni e restituendo al lettore italiano la ricchezza e la complessità del testo originale.

Il trio di Belgrado è un’opera che si radica profondamente nella storia serba del Novecento, un periodo segnato da conflitti, cambiamenti politici e sociali, e memorie dolorose. Attraverso le storie dei suoi personaggi, Marković esplora le dinamiche complesse che hanno plasmato l’identità serba, le ferite ancora aperte del passato, e le sfide del presente.

Ma Il trio di Belgrado non è solo un’opera storica. È anche un’indagine profonda sulla natura della memoria, sulla capacità della narrazione di dare senso al passato, e sulla responsabilità dello scrittore di fronte alla storia. Un’opera che invita il lettore a riflettere sul potere delle parole, sulla fragilità della verità, e sulla necessità di interrogare costantemente il passato per comprendere il presente.

Un libro che, come ha scritto il traduttore Enrico Davanzo, “ci ricorda che la storia non è qualcosa di monolitico, ma un insieme di narrazioni spesso contrastanti, sempre da interpretare”.

Per comprendere il fluire della storia e seguire le vicende dei personaggi bisogna percorrere appunto i “materiali per un romanzo”, contestualizzandoli nel quadro storico politico e storico.

Il contesto storico in cui si sviluppa la trama è l’anno 1948, e la primavera di Belgrado è gravida di tensioni. La Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia, guidata dal Maresciallo Tito, si trova in un momento cruciale della sua storia. I rapporti con l’Unione Sovietica di Stalin, un tempo alleati nella lotta contro il nazifascismo, si stanno deteriorando rapidamente.
Tito, figura carismatica e orgogliosa, non è disposto a piegarsi completamente al volere di Stalin. Il suo progetto di uno stato jugoslavo basato sull’autogestione, un modello economico e sociale alternativo al comunismo sovietico, è visto con sospetto e ostilità da Mosca.
Ma le ambizioni di Tito non si fermano qui. Il Maresciallo accarezza l’idea di creare una Federazione Balcanica, un’entità politica che dovrebbe unire sotto la guida jugoslava l’Albania di Enver Hoxha e la Bulgaria di Georgi Dimitrov. Un progetto ambizioso che, tuttavia, si scontra con gli interessi sovietici, che vedono la Bulgaria come parte integrante della propria sfera di influenza.

Questa atmosfera di tensione, di incertezza e di scontri latenti tra potenze, è il terreno fertile in cui si muovono i personaggi de Il trio di Belgrado. Le loro storie personali, i loro amori, le loro delusioni, si intrecciano inestricabilmente con le grandi dinamiche politiche e storiche che segnano quel periodo cruciale.

Uno dei personaggi centrali è lo scrittore britannico Lawrence Durrell, destinato a diventare famoso per il suo Quartetto di Alessandria. “Cacciato” dalla sede argentina del British Council a causa del suo comportamento libertino, torna a Londra da dove poi parte per la Serbia. A Belgrado, dove presta servizio come addetto al servizio informazioni britannico dal 1948 al 1952, Durrell è un uomo ambiguo e affascinante, sospeso tra la sua attività di spia e la sua passione per la scrittura. Il suo arrivo nei Balcani, accompagnato dalla fidanzata Eve Cohen, segna l’inizio di un periodo di intense esperienze umane e culturali. Durrell si immerge nella vita notturna di Belgrado, stringendo amicizie e intrecciando relazioni sentimentali.

Tra le persone che Durrell frequenta, spicca Vera Tankosić, una donna colta e sensibile, sposata con un fervente filosovietico di nome Borislav. Il loro incontro darà vita a un legame intenso e complesso, che segnerà profondamente le loro vite. Mentre Durrell affina la sua conoscenza del serbo-croato grazie a Vera (come testimoniano alcuni appunti riportati nel libro), Borislav, fedele alle sue idee comuniste, viene coinvolto nelle purghe staliniane che colpiscono la Jugoslavia. Le vicende dei due coniugi, inizialmente raccontate nel diario di Vera, finiscono per incrociarsi con i resoconti ufficiali dell’UDBA, i servizi segreti jugoslavi, quando Borislav viene internato nel famigerato campo di concentramento di Goli Otok.

Il trio di Belgrado è un’opera che, attraverso lettere, diari, messaggi in codice e testimonianze ufficiali, e una rielaborazione narrativa, riesce a restituire con un ritmo quasi cinematografico il clima teso e violento della Guerra Fredda. Goran Marković tratteggia un affresco multiforme, in cui realtà documentaria e finzione letteraria si fondono in modo avvincente.

È un libro che piacerà a chi ama le narrazioni storiche, i romanzi di spionaggio, le storie di amori difficili e di amicizie tradite. Ma è anche un’opera che invita alla riflessione sulla memoria, sulla responsabilità individuale di fronte alla storia, e sulla necessità di interrogare costantemente il passato per comprendere il presente.

Qui potete leggere l’incipit.

GORAN MARKOVIĆ (Belgrado, 1946). È tra i più importanti registi del cinema serbo ed ex jugoslavo. Figlio d’arte, si è formato artisticamente a Praga presso la FAMU e a partire dai tardi anni Settanta si è fatto notare con una serie di film provocatori e visionari che attraversano la crisi del socialismo jugoslavo, i conflitti degli anni Novanta e gli anni del dopo-Milošević. Attivo anche come drammaturgo e sceneggiatore, ha ottenuto svariati riconoscimenti internazionali e nel 2012 è stato insignito del titolo di Ufficiale dell’Ordine delle arti e delle lettere della Repubblica francese. Autore di tre romanzi, con Il trio di Belgrado è stato candidato al premio NIN 2018 per il miglior romanzo dell’anno in lingua serba.

Foto utilizzata per l’elaborazione grafica della copertina: credits