Disertare, di Mathias Enard, E/O Edizioni 2025, traduzione dal francese di Yasmina Mélaouah, pp. 224

Disertare di Mathias Énard è un’opera narrativa ambiziosa che, basandosi su una profonda analisi storico-filosofica, intreccia due storie apparentemente distanti per esplorare temi universali come la guerra, la diserzione, i ricorsi storici, il ruolo di scienza e letteratura e la ricerca di significato. Énard, con la sua prosa poetica e incisiva, ci conduce in un viaggio attraverso paesaggi tanto interiori quanto esteriori, fondendo il ricordo e la digressione accademica in una narrazione vorticosa e ipnotica.

Il filo della narrazione si srotola su due fronti. Da un lato, seguiamo un soldato anonimo in fuga da un conflitto senza nome, un uomo che cerca di sfuggire non solo alla guerra, ma anche alla violenza che lo abita. La sfida di questi pochi giorni in montagna è per lui riscoprire la sua umanità, cosa che ha cominciato a fare disertando.
Il cammino è arduo, scandito dagli incontri con un asino, una donna, altri soldati, e percorso tanto nel corpo quanto nella testa del disertore. Il viaggio del soldato, come della donna che finisce per accompagnarlo, è generalmente in salita, fino a un castello in rovina. Questa prima storia è molto fisica, carica di sensazioni, odori in particolare, che riportano il soldato all’infanzia, prima della guerra, a una sensibilità per il mondo che lo separa dagli orrori commessi nelle bande.
La scrittura è al tempo stesso smontata e carnale, densa e disfatta, in versi quasi liberi, con interruzioni di riga punteggiate da numerose virgole, ma senza lettere maiuscole, come se il testo stesso, per esprimere la disgregazione e il caos della guerra, stesse perdendo la sua struttura.
Questa guerra non è nominata o fissata in un paese specifico. È la guerra in generale, quella in cui i civili si ubriacano o si drogano per superare l’orrore, dove i vicini vengono martirizzati. Qualcosa che abbiamo visto anche in tempi recenti, non lontano da casa nostra, mi riferisco alla Jugoslavia e all’Ucraina.

Nel cuore di Disertare pulsa un secondo racconto, un contrappunto che amplifica le risonanze del primo. Énard ci trasporta in una dimensione apparentemente antitetica: una conferenza celebrativa dedicata a Paul Heudeber, un matematico di genio, simbolo di una fedeltà incrollabile alla DDR, la cui vita si spegne tragicamente nel Mediterraneo.
Questa narrazione, a differenza della fuga del disertore, si radica nel tessuto urbano europeo, tessendo una fitta rete di coordinate spazio-temporali che collegano Berlino, Weimar e Liegi. La scena si svolge su una nave, cullata dalle acque del Wannsee, nel settembre 2001, un momento sospeso tra la memoria della Guerra Fredda, l’eco della conferenza di Wannsee del 1942 e il trauma degli attentati al World Trade Center. Attraverso le voci di colleghi, amanti e familiari, Énard dipinge un affresco di relazioni intricate, dove l’ambiguità domina la scena, evocando le atmosfere di John le Carré. La narrazione si ramifica in un labirinto di verità sfuggenti, un gioco di specchi che riflette le complessità della storia e le ambiguità dell’animo umano.

Attraverso la figura di Paul Heudeber, la cui incrollabile fedeltà al comunismo lo conduce a un’ostinazione quasi irrazionale, Mathias Énard traccia un percorso tortuoso nella storia del XX secolo, un’epoca segnata da conflitti, sia caldi che freddi, e dall’ombra dell’eterno ritorno, uno spettro profondamente radicato nella cultura tedesca.
Questa trama erudita solleva interrogativi cruciali sulla geopolitica europea, sulla natura dell’impegno politico e sul ruolo della letteratura in un mondo dominato dalla scienza. In questo modo, Énard intreccia abilmente la storia personale di Heudeber con le grandi questioni del nostro tempo, invitando il lettore a riflettere sulla complessità del passato e sulla sua influenza sul presente.

Disertare sembra suggerire che le ferite dei conflitti contemporanei affondino le loro radici nelle pretese e nei traumi della storia europea. Il romanzo solleva interrogativi pungenti sul ruolo della scienza di fronte alla sofferenza umana, chiedendosi quale contributo possa offrire per lenire il dolore causato da atrocità come quelle di Buchenwald, Srebrenica, Bucha. In altre parole, Énard sembra interrogarci sulla capacità della conoscenza e della ragione di fornire risposte di fronte all’irrazionalità della violenza e al peso insostenibile del ricordo.

I frammenti di memoria, le confessioni sussurrate e la ricostruzione della storia orchestrata dalla figlia Irina, agiscono come lame sottili, sollevando lembi di verità senza dissipare completamente le ombre. Questa parziale rivelazione, anziché portare chiarezza, amplifica progressivamente un senso di angoscia, un’eco sinistra che risuona con il tormento interiore del disertore. Entrambi, pur in contesti apparentemente distanti, si trovano a navigare in un mare di incertezze, dove la ricerca della verità si scontra con la persistenza di zone oscure, alimentando un senso di inquietudine che pervade l’intera narrazione.

La maestria di Énard risiede nella sua capacità di creare una tensione palpabile tra queste due narrazioni. Attraverso un gioco di rimandi e contrasti, l’autore ci invita a riflettere sulle complesse equazioni della vita, dove l’impegno e il tradimento, la fedeltà e la lucidità, la speranza e la sopravvivenza si intrecciano in modi inaspettati.

Mathias Énard utilizza il concetto di diserzione come una lente attraverso cui osservare e interpretare il mondo contemporaneo, offrendo una visione critica e originale della nostra società. I personaggi di Énard affrontano un percorso di auto-scoperta, che li porta a confrontarsi con le proprie paure, i propri desideri e le proprie contraddizioni.

Il verbo “disertare” racchiude un nucleo semantico potente, che ruota attorno all’idea di abbandono, fuga e rifiuto di un ordine prestabilito. Tuttavia, il romanzo di Énard amplia e approfondisce questo concetto, esplorando le diverse sfaccettature della diserzione. La diserzione diventa un atto di ribellione contro le convenzioni, le aspettative e le costrizioni della società contemporanea; una ricerca di libertà individuale, un tentativo di sfuggire alle gabbie dell’identità e della appartenenza, al di là delle definizioni e delle etichette. Énard critica anche il consumismo sfrenato e la globalizzazione che appiattisce le culture e omologa le identità. Disertare è così un atto di resistenza.

Disertare è una profonda meditazione sulla condizione umana. Énard ci mostra come la guerra, ieri come oggi, sia una forza ineluttabile che plasma le nostre vite, costringendoci a confrontarci con le nostre paure e le nostre contraddizioni. È un romanzo che lascia il segno, un’opera che ci invita a riflettere sul senso della vita e sulla complessità della storia. Énard ci offre uno sguardo lucido e disincantato sulla condizione umana, ma allo stesso tempo ci regala momenti di pura bellezza poetica.

Lo stile di Énard è caratterizzato da una prosa elegante e raffinata, capace di evocare immagini potenti e suggestive. L’autore utilizza un linguaggio preciso e ricercato, ma allo stesso tempo accessibile, creando un’atmosfera coinvolgente che cattura il lettore fin dalle prime pagine.

Dunque, Disertare è un romanzo potente e suggestivo, un’opera che conferma il talento di Mathias Énard come uno dei più importanti scrittori contemporanei. Un libro che merita di essere letto e riletto, per scoprire ogni volta nuovi significati e nuove sfumature.

Mathias Enard è nato nel 1972. Dopo essersi formato in storia dell’arte all’École du Louvre, ha studiato arabo e persiano. Dopo lunghi soggiorni in Medio Oriente, nel 2000 si stabilisce a Barcellona, dove collabora a diverse riviste culturali. All’attività di professore di arabo all’università autonoma di Barcellona affianca quella di traduttore.
Fra le sue opere ricordiamo Breviario per Aspiranti terroristi (Nutrimenti), Via dei ladri (Rizzoli) e, per le edizioni E/O, ZonaParlami di battaglie, di re e di elefantiL’alcol e la nostalgiaLa perfezione del tiroUltimo discorso alla società proustiana di Barcellona e Il banchetto annuale della confraternita dei becchini. Con Bussola (E/O 2016) ha vinto il premio Goncourt e il Premio Von Rezzori, ed è stato inoltre finalista al Man Booker International Prize e al Premio Strega Europeo.

Per la foto usata per la composizione in copertina si rimanda a questo interessante articolo.