Chi di voi lettori non ha mai praticato lo tsundoku alzi la mano!
Io me ne resto con le mani in tasca, anzi confesso (ma forse lo sospettavate di già) che faccio parte della (lunga) schiera di chi è affetto da questa abitudine.
Lo Tsundoku è un termine giapponese che descrive l’abitudine di acquistare libri (o materiale da leggere), ma lasciarli accumulare senza leggerli subito, o addirittura mai. In pratica, è un accumulo di materiale da leggere, che rimane in attesa di essere letto, spesso in una pila o sullo scaffale. C’è chi li allinea lungo le pareti, sui gradini delle scale, sotto i tavoli, sui davanzali, e, naturalmente, sulla meno originale libreria: ogni angolo libero è potenzialmente un rifugio adeguato.

Più precisamente, lo “Tsundoku” (積ん読) si riferisce a due parole giapponesi: “tsunde” (積んで), che significa “ammucchiare, accumulare”, e “doku” (読書), che significa “leggere”. Si può quindi tradurre come “accumulare per leggere” o “ammucchiare libri da leggere”, ma con l’aggiunta di “oku” (おく), che significa “mettere da parte”, dando il senso di “accumulare libri da leggere e poi metterli da parte”.
Lo Tsundoku è un fenomeno culturale e sociale in Giappone, dove è visto come una pratica comune tra i lettori. In alcuni casi, può essere visto come un segno di passione per i libri e la lettura, e non necessariamente un problema o una mancanza di impegno. Altri invece lo vedono come un accumulo compulsivo che potrebbe tradursi in un certo senso di colpa o frustrazione per non riuscire a leggere tutti i libri che si accumulano.
Per quanto mi riguarda la penso come ben più illustri nomi (Eco, solo per citarne uno) hanno avuto modo di spiegare e cioè che lo Tsundoku non è mera disorganizzazione o pigrizia, bensì incarna una profonda tensione intellettuale. Esso è il riflesso di un’inquietudine interiore, un campo di battaglia tra il desiderio ardente e la cruda realtà, tra l’aspirazione a una conoscenza più vasta e il quotidiano che incombe. Ogni volume intonso sulla mensola diviene l’eco di una promessa sussurrata a sé stessi – “Lo leggerò, un giorno” – una nota sospesa nell’aria, in attesa di risoluzione. Così, ogni libro non letto si trasforma in un frammento di identità in divenire, un ponte verso il sapere che aneliamo e la persona che aspiriamo a diventare, in quell’ipotetico futuro in cui il tempo, finalmente, ci concederà di aprirne le pagine.
In questa nostra società, così indiavolata dalla produttività e dall’efficienza a tutti i costi, il Tsundoku si erge a gesto quasi rivoluzionario. Non è semplice accumulo, ma un’affermazione silenziosa: il sapere non è una merce da consumare e smaltire in fretta, ma un’essenza che si assorbe anche solo con la sua presenza, con la paziente attesa. È la beffarda consapevolezza che le nostre scelte non devono per forza inchinarsi all’altare dell’utilità spicciola, ma possono ambire a un significato più profondo, a un’importanza che sfugge alla logica del profitto immediato.
Così, la semplice convivenza con le pile di libri non letti – che a volte sembrano quasi prenderci in giro dal comodino – finisce per modellare un paesaggio mentale dove la conoscenza, come una nebbia benefica, aleggia e si deposita, strato dopo strato. L’acquisto stesso, poi, è un atto di fede nel domani, una scommessa sulla possibilità di ritagliarsi un tempo per sé, una bolla di calma e profondità in un mondo che sembra averla bandita. Un vero e proprio schiaffo morale all’algoritmo che ci vorrebbe solo consumatori compulsivi di byte.
Lo Tsundoku però ci educa ad una lieve, quasi impercettibile, inquietudine. Ogni nuovo volume che aggiungiamo alla pila, con quel suo profumo di carta e promesse, è anche un tacito promemoria: non abbiamo alcuna garanzia di riuscire mai ad aprirlo, a sfogliarlo, a leggerlo davvero. Diventa così una sorta di “memento mori” letterario, un sarcastico specchio della nostra finitezza, della sproporzione abissale tra l’oceano di sapere e di piacere che vorremmo inghiottire e il minuscolo sorso che, in realtà, riusciremo mai ad assaporare.
E voi cosa ne pensate?



non conoscevo il termine, ma so molto bene come funziona !!! Io ho un lavoro che mi assorbe molto e così io leggo alla sera e in ogni momento libero, ma non è mai abbastanza perché quando entro in una libreria difficilmente esco a mani vuote e così i libri aumentano e la mia angoscia cresce . Li vorrei iniziare tutti, conoscere di ognuno i contenuti e incamerare nella mia mente il più possibile per non trovarmi impreparata magari in un confronto con altri lettori …..forse quando raggiungerò la pensione!!!!
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queste sono le sensazioni e le situazioni che viviamo spesso noi lettori…. confidiamo sempre nel futuro. Però è bello dai, significa non accontentarsi, darsi sempre nuove chance per nuove scoperte.
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Anche io compro molti più libri di quelli che riesco a leggere. Lo faccio scientemente e con tranquillità, anche sapendo che non riuscirò a leggerli tutti. Quando i libri entrano in casa mia poi godono di vita propria: scelgono il posto, dove stare e lì vivono la loro vita, ogni tanto mi chiamano discutiamo se è il caso o meno di conoscerci, non si arrabbiano se non li leggo.. Poi viene sempre il momento in cui qualche libro ti chiama e tu non puoi resistere e loapri e lo divori. No, io non saprei vivere in una casa senza libri. I libri fanno compagnia, hanno odore di buono e di casa. Grazie per avermi fatto scoprire questa parola che non conoscevo.
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Grazie per questo bellissimo racconto 🫶 anch’io non potrei stare senza la compagnia dei libri….
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Lo pratico anch’io…Pina…😅
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Siamo in buona compagnia 🤗
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anch’io non potrei immaginare la mia vita senza i libri ……la lettura ti rende cittadino del mondo e non ti senti mai solo !!!
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Verissimo 👍👍👍
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Non mi lascia mettere mi piace al tuo articolo, mi arrabbio 😡😀
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Ah… Controllo cosa c’è…
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❤️🔥
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😇🤗
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Generalmente compro libri che penso di leggere a breve e molti di quelli che leggo li prendo in prestito in biblioteca; tuttavia mi capita anche di comprare libri che soggiornano a lungo sui miei scaffali prima che li legga, e tutti, penso, abbiamo in casa dei libri che non abbiamo mai letto e che forse non leggeremo mai: però non è una mia abitudine, non pratico consapevolmente lo Tsundoku, anzi, a volte mi è capitato di aggirarmi disperata per casa in cerca di qualcosa da leggere, senza trovarlo…
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I libri entrano e popolano le nostre stanze anche a nostra insaputa…. 😁
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Sono subdoli…
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Secondo me, si tende molto ad accumulare anche per come (non) funziona il settore: per alcuni libri è così facile e veloce andare fuori catalogo che si finisce per comprarli solo per “assicurarsi” la possibilità di leggerli.
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Giusta osservazione. Capita anche di volersi accaparrare la prima edizione, che ha un valore speciale.
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io tendo a comprare solo quando sono sotto contratto, per cui regali a parte è difficile che accumuli tanto per il 70% dell’anno; tuttavia, anche io obvi ho la mia bella catasta, ma cerco sempre di smaltirla.
proprio in questa società al limite (negativo) delle risorse questa tendenza dovrebbe essere abolita: il libro non è qualcosa di sacro ma un oggetto riciclabile, e prima ancora un essere vivente e risorsa indispensabile per la sopravvivenza. Se non lo leggi o lo butti o lo dai via perke qualcun altro lo possa leggere.
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