Il cuore della foresta, di Amity Gaige, NNE 2025, traduzione di Valentina Daniele, pp. 336
Il cuore della foresta di Amity Gaige è un romanzo che cattura fin dalle prime pagine, trasformando la misteriosa scomparsa di una donna nel cuore selvaggio del Maine in un’indagine profonda sull’animo umano. Non è solo un thriller avvincente, ma anche una toccante meditazione sui legami familiari e sulla ricerca di sé.
Ascolta: nessuno si fa tremila chilometri a piedi perché è felice. (..) Devi avere un notevole fuoco sotto il sedere per arrancare per chilometri fra rocce appuntite, pioggia e serpenti. Devi avere qualcosa di profondo e incrollabile da dimostrare. Tutti hanno un motivo per fare il Sentiero. E non è mai perché sono amati e in pace. Il mio qual era? Be’, immagino che fosse guarire.
Pag. 96-97
Il romanzo si apre con la scomparsa misteriosa di Valerie Gillis sul Sentiero degli Appalachi, una zona boschiva fitta e impervia nel Maine. Valerie non è una sprovveduta: è un’ex infermiera, abituata alle lunghe escursioni, che ha intrapreso questo cammino non solo per passione, ma anche per cercare un senso più profondo alla sua vita, forse sfuggitole nella routine quotidiana. La sua sparizione innesca immediatamente una massiccia operazione di ricerca e soccorso.
Le indagini ufficiali sono guidate dalla tenente Beverly, una donna pragmatica e determinata del corpo forestale. Beverly si muove con professionalità sul campo, coordinando le squadre di ricerca, analizzando le tracce e interrogando chiunque possa avere informazioni. La sua è una corsa contro il tempo, consapevole che ogni ora che passa le speranze di ritrovare Valerie viva diminuiscono. Man mano che le ricerche si complicano e le tracce si fanno sempre più flebili, Beverly inizia a nutrire un sospetto: e se la scomparsa di Valerie non fosse stata un incidente, ma una scelta deliberata o, peggio, il risultato di un evento più sinistro? Questo dubbio aggiunge un elemento di thriller psicologico alla narrazione, trasformando una semplice operazione di soccorso in un’indagine quasi criminale.
Parallelamente alle ricerche sul campo, la trama si sviluppa attraverso la prospettiva di Lena, un’anziana signora amante del birdwatching e delle piante selvatiche, residente in una casa di riposo nel Connecticut. Lena, pur lontana fisicamente, segue con ossessiva attenzione gli aggiornamenti sulla scomparsa di Valerie tramite i social media. Dotata di un’acuta capacità di osservazione e di un’intuizione quasi soprannaturale, Lena inizia a scorgere incongruenze o dettagli che sfuggono alle autorità. Decide così di condurre una sua personale “indagine a distanza”, aiutata da un esperto naturalista conosciuto online, con cui è in stretto contatto da tempo. Le sue scoperte, pur frammentarie, si rivelano cruciali, aggiungendo tasselli inaspettati al puzzle della sparizione di Valerie.
Infine, la terza e forse più toccante linea narrativa è quella che segue Valerie stessa. Lontano dalla civiltà, sola nel cuore della natura selvaggia, Valerie lotta per la sopravvivenza. I suoi giorni sono scanditi dalla fame, dalla paura, dalla solitudine e dalla disperazione, ma anche da momenti di inattesa lucidità e forza. Per mantenere un contatto con la realtà e lasciare una traccia del suo passaggio, Valerie inizia a scrivere lunghe lettere alla madre. Queste lettere, cariche di pensieri intimi, ricordi, rimpianti e speranze, non sono solo un espediente narrativo per rivelare lo stato d’animo della protagonista, ma diventano un vero e proprio dialogo con il suo passato e con il legame più profondo della sua vita. Attraverso le sue parole, il lettore scopre il vero motivo del suo viaggio, le sue vulnerabilità e la sua resilienza, portando alla luce il tema centrale del romanzo: la ricerca di sé e il coraggio di affrontare il proprio “cuore” più oscuro e profondo.
Al di là della suspense, Il cuore della foresta è un romanzo che esplora temi universali. È una profonda riflessione sul rapporto madre-figlia, sul perdono, sulla complessità dell’amore familiare e sulla possibilità di fare qualcosa per gli altri.
La ricerca di Valerie, infatti, diventa metafora di un viaggio interiore, un coraggioso atto di perdersi per ritrovare le proprie radici più profonde e, in definitiva, sé stessi. Il “cuore” del titolo non si riferisce solo al centro della foresta, ma anche al centro emotivo e spirituale che ogni personaggio cerca di scoprire o riscoprire.
Le tre narrazioni si intrecciano e si influenzano a vicenda, creando un ritmo incalzante e una suspense crescente. La verità sulla sorte di Valerie si rivela lentamente, pezzo dopo pezzo, mentre le speranze si affievoliscono e la linea tra incidente e scelta personale diventa sempre più sfumata.
Amity Gaige dimostra una straordinaria capacità di costruire personaggi complessi e credibili, ognuno con le proprie fragilità e la propria forza. Riesce farlo sia con i protagonisti principali che con i comprimari, tutti connessi alla storia con coerenza, e ben definiti.
Quando sarebbe stato di nuovo integro, il mio cuore? (..) Un giorno il mio cuore sarebbe stato rimesso insieme, forse senza un pezzo o due. Ma, per il momento, l’amore era un altro atto che non potevo sopportare di compiere senza gli strumenti adatti.
Pag. 271-272
Valerie Gillis è il fulcro della storia, la donna scomparsa. Valerie è un personaggio complesso, inizialmente presentata come una semplice escursionista, ma che si rivela molto di più. Ex infermiera, Valerie ha lasciato la sua routine quotidiana in cerca di qualcosa di indefinito, una sorta di significato o purificazione nella natura selvaggia. La sua odissea nella foresta non è solo una lotta per la sopravvivenza fisica, ma anche un profondo viaggio interiore. Le sue lettere alla madre rivelano una donna tormentata dai rimpianti, dai segreti e da un profondo bisogno di riconnettersi con le proprie radici e con se stessa. La scrittura diventa un atto di catarsi, un modo per elaborare traumi o silenzi e per cercare un perdono, sia da parte della madre che da se stessa. È un tentativo di ricucire un legame, di tornare alle radici più profonde del suo essere. La madre è come un ancoraggio: nonostante la sua ricerca di indipendenza, la madre rimane per Valerie un punto di riferimento fondamentale, un’ancora emotiva in mezzo alla tempesta della sua crisi.
Valerie è forte e resiliente, ma anche vulnerabile e spaventata. La sua storia è una meditazione sul perdono, l’amore e la capacità di trovare la forza anche nella disperazione più nera.
Il romanzo dipinge il rapporto di Valerie con il marito come uno degli elementi scatenanti della sua crisi esistenziale, sebbene in modo implicito. Non è necessariamente un matrimonio tormentato da grandi litigi o tradimenti eclatanti, ma piuttosto un legame che ha perso la sua scintilla, imprigionato nella quotidianità e forse nella mancanza di comprensione profonda. La decisione di Valerie di intraprendere questo viaggio da sola, senza coinvolgere il marito, suggerisce una distanza emotiva e una difficoltà nel comunicare il suo profondo malessere. La sua partenza è, in un certo senso, una richiesta silenziosa di spazio, un tentativo di ritrovare una voce che nel contesto del matrimonio forse si era persa o era rimasta inascoltata. Il marito, dal canto suo, si ritrova ad affrontare l’angoscia della scomparsa di sua moglie, un’esperienza che lo costringe a confrontarsi con la realtà della loro relazione e con ciò che forse non aveva pienamente compreso di Valerie.
Tenente Beverly è la rappresentante della legge e della logica. Beverly è una donna determinata, pratica e dotata di un forte senso del dovere. Non è un personaggio che si lascia facilmente condizionare dalle emozioni o dalle superstizioni. La sua indagine è metodica, basata su fatti e procedure. Le sue azioni guidano la progressione della trama investigativa, scandita dalle fasi delle ricerche, dalle difficoltà logistiche e dalle decisioni strategiche. È attraverso i suoi occhi che il lettore percepisce la difficoltà e la vastità delle operazioni in un ambiente ostile come la foresta del Maine.
Il bisogno di trovare una persona scomparsa comincia a fare male. Senza un indizio, senza una sola risposta alle loro grida, presto cominceranno a dare la colpa a qualcuno: a me, a Dio, a loro stessi.
Pag. 82
Man mano che le ricerche si complicano e le spiegazioni più semplici non reggono, Beverly è costretta a confrontarsi con l’idea che la scomparsa di Valerie possa non essere un semplice incidente. La sua perseveranza e il suo scetticismo la rendono un contrappunto efficace alle intuizioni di Lena e alla dimensione più emotiva di Valerie. Possiede una forte etica del lavoro e un profondo senso di responsabilità verso la sua missione. Su Beverly ricade l’enorme peso della vita di Valerie. Ogni giorno che passa senza risultati è un fallimento potenziale, e la pressione, sia interna che esterna (dai media, dalla famiglia di Valerie, dalla sua stessa squadra), è immensa. Questo aspetto umano del suo personaggio la rende più vicina al lettore, mostrando le sfide emotive che un professionista in quella posizione deve affrontare. La sua frustrazione, la sua stanchezza e la sua determinazione incrollabile la rendono un personaggio profondamente umano e credibile.
Il personaggio della Tenente Beverly non è solo definito dal suo ruolo professionale, ma anche e soprattutto dalle esperienze formative del suo passato. Questi elementi, pur venendo alla luce in modo più sottile rispetto ad altri archi narrativi, sono essenziali per comprendere la sua profondità e la sua incrollabile dedizione. Un evento cruciale nella vita di Beverly è la prematura morte del padre quando lei era ancora una ragazzina. Questa tragedia la catapultò in un ruolo di responsabilità ben al di là della sua età. Insieme alla madre, si trovò a dover gestire una famiglia composta da tre figlie piccole, di cui lei era la maggiore. Questo evento ha plasmato profondamente il suo carattere, instillandole un senso del dovere, una pragmatismo e una resilienza eccezionali. Ha imparato presto a farsi carico degli altri, a prendere decisioni difficili e a essere la “roccia” su cui gli altri potevano contare. Questo spiega la sua attuale autorevolezza e la sua capacità di leadership.
Il rapporto di Beverly con la madre anziana, ora ricoverata in una residenza per anziani, è un altro elemento toccante e rivelatore. Questo legame mette in luce la sua vulnerabilità e il peso emotivo che ancora porta. Nonostante il suo ruolo di “donna forte” sul lavoro, di fronte alla madre si confronta con la fragilità della vecchiaia e, forse, con i ricordi di un passato in cui le dinamiche familiari erano diverse.
La necessità di bilanciare le esigenze della sua carriera impegnativa con le visite e l’attenzione dovuta alla madre aggiunge uno strato di complessità al suo personaggio. Questo aspetto della sua vita quotidiana la rende più umana e riconoscibile, mostrando che anche un professionista così rigoroso deve affrontare le sfide personali che la vita riserva. È attraverso questo rapporto che emergono anche temi come la cura, l’invecchiamento e la gratitudine per il sostegno ricevuto in passato.
Lena è l’investigatrice “non ufficiale” e il cuore intuitivo della storia. Lena è un’anziana donna acuta, intelligente e incredibilmente percettiva, nonostante la sua limitazione fisica. La sua passione per il birdwatching le ha affinato la capacità di osservare e notare dettagli che altri trascurerebbero. Seguendo il caso di Valerie online, Lena sviluppa un’empatia profonda per la donna scomparsa, quasi una connessione spirituale. Il suo approccio all’indagine è basato sull’intuizione, sull’analisi dei modelli e sulla capacità di leggere tra le righe. Il suo personaggio sottolinea come la saggezza e l’esperienza possano manifestarsi in forme inaspettate, e come la distanza fisica non precluda una profonda connessione umana. Il suo rapporto con l’esperto naturalista online aggiunge un interessante dinamismo alla sua ricerca.
Santo è un giovane di New York che Valerie incontra e con cui condivide un tratto del suo cammino sul Sentiero degli Appalachi. La sua presenza è cruciale per la trama e per la comprensione del carattere di Valerie. Santo viene descritto come un ragazzo che, nonostante alcune fragilità o le derisioni subite per la sua corporatura, affronta il Sentiero degli Appalachi con una notevole forza d’animo e determinazione. Non ha pretese particolari, ma si concentra sul camminare il più a lungo possibile senza fermarsi. Questa sua perseveranza, quasi una forma di resilienza silenziosa, lo rende un compagno di viaggio inaspettato e un punto di riferimento per Valerie durante il loro breve ma significativo incontro. Dopo la scomparsa di Valerie, Santo diventa una delle poche persone ad averla vista e interagito con lei poco prima che svanisse. La sua testimonianza è di vitale importanza per la tenente Beverly e per le ricerche, fornendo dettagli cruciali sullo stato d’animo di Valerie, sulle sue intenzioni immediate e, forse, su eventuali indizi che potrebbero aiutare a localizzarla. La sua prospettiva aggiunge un tassello fondamentale al puzzle investigativo.
L’incontro con Santo offre a Valerie un momento di confronto e, forse, di auto-riflessione. La sua presenza, la sua determinazione e la sua semplicità possono aver influenzato Valerie in modi sottili ma significativi, sia nel bene che nel male. Santo stesso è un personaggio che incarna la resilienza. La sua decisione di abbandonare il sentiero solo in concomitanza con la morte del padre, una figura per lui importante, suggerisce una profonda sensibilità e una priorità ben definita, nonostante la sua apparente determinazione a continuare il percorso. Rappresenta l’idea che la forza non è solo fisica, ma anche emotiva e legata ai propri valori.
La sua figura contribuisce a dare un senso di realismo all’esperienza sul Sentiero degli Appalachi, popolato da persone diverse con motivazioni e storie personali uniche. Il suo rapporto con Valerie, anche se breve, dipinge uno spaccato delle interazioni e delle dinamiche che possono emergere tra escursionisti in un ambiente così isolato e impegnativo.
Questi tre personaggi sono uniti da un filo invisibile, ognuno impegnato a suo modo a svelare la verità su Valerie e, così facendo, a scoprire qualcosa di più su se stessi e sul senso della vita.
La scrittura di Gaige è fluida e coinvolgente, caratterizzata da una notevole profondità psicologica. Attraverso frasi ricche e evocative, Gaige scava nell’animo dei suoi personaggi, in particolare quello di Valerie. Le descrizioni dei pensieri, delle paure, delle speranze e dei ricordi sono precise e toccanti, permettendo al lettore di immergersi completamente nella loro esperienza emotiva. Gaige padroneggia l’arte di fondere la prosa intensamente introspettiva con un ritmo narrativo incalzante, quasi da thriller. È uno stile che invita alla riflessione pur non rinunciando alla forza della trama.
In sintesi, Il cuore della foresta è il libro ideale per chi ama le storie che sanno combinare il brivido del mistero con una profonda esplorazione dell’animo umano e dei legami più importanti della vita.

Amity Gaige è una delle maggiori scrittrici americane viventi. Suoi scritti sono apparsi, tra gli altri, su The Guardian, The New York Times e The Los Angeles Times. Il sogno di Schroder (Einaudi, 2014) ha riscosso grande successo di pubblico e critica in molti paesi, e ha raccolto i commenti entusiastici del mondo letterario, da Jennifer Egan a Jonathan Franzen, da David Bezmozgis a Adam Haslett. La sposa del mare è il suo ultimo romanzo.


non so cosa ma devo ammettere che qualcosa della sinossi mi ha catturato
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Allora bisogna indagare… 😆
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