Il cardellino, di Donna Tartt, Rizzoli 2017, traduzione di Mirko Zilahi De’gyurgyokai , pp. 896
Ero un ragazzo normale che ha rubato un quadro. E il quadro era una metafora della mia vita: bello, inestimabile, maledetto.
Il Cardellino di Donna Tartt è un’esperienza letteraria avvolgente che cattura il lettore fin dalle prime pagine e lo trascina in un viaggio indimenticabile attraverso il dolore, l’arte, la dipendenza e la ricerca di identità. Vincitore del Premio Pulitzer nel 2014, l’opera è un capolavoro di prosa, un affresco denso e stratificato che si dipana per centinaia di pagine senza mai perdere il suo ritmo ipnotico.
Tutto comincia a New York, quando il tredicenne Theo accompagna sua madre a una mostra d’arte al Metropolitan Museum of Art. Un attentato terroristico devasta il museo, uccidendo la madre di Theo e gettando il ragazzo in un abisso di dolore e smarrimento. Nel caos post-esplosione, un vecchio morente gli affida un anello e un’istruzione: prendere un piccolo dipinto di Carel Fabritius, Il Cardellino. Theo, in uno stato di shock, ruba il quadro e lo porta via con sé. Questo atto impulsivo e quasi inconscio segnerà il resto della sua vita.
Senza famiglia, Theo viene inizialmente ospitato dalla ricca famiglia Barbour, amici del padre assente. Qui sperimenta un’effimera stabilità, ma la sua ansia e il segreto del quadro lo tormentano. Quando il padre alcolizzato e la sua nuova compagna si rifanno vivi, Theo si trasferisce con loro in un’isolata e desolata periferia di Las Vegas. È qui che incontra Boris Pavlikovsky, un ragazzo ucraino, cinico, brillante e profondamente problematico, con cui stringe un’amicizia intensa e autodistruttiva, fatta di risse, alcool e droghe. Boris diventa il suo unico vero amico, l’unico a conoscere il suo segreto più grande: l’esistenza del quadro. A Las Vegas, l’anonimato e la disperazione sono tali che il quadro può rimanere nascosto. Tuttavia, la relazione con il padre è insostenibile, e dopo la morte di quest’ultimo, Theo è nuovamente solo.
Torna a New York e ritrova Hobie, un gentile antiquario che aveva conosciuto brevemente dopo l’attentato (era socio del vecchio morente al museo). Hobie diventa la sua figura paterna surrogata, insegnandogli il mestiere dell’antiquariato e offrendogli una casa e un rifugio stabile. Theo si immerge nel mondo degli oggetti d’arte e dell’antiquariato, trovando una certa pace e una vocazione. Tuttavia, il Cardellino rimane la sua ossessione segreta, nascosto in un magazzino, fonte di un’ansia costante e di un legame quasi patologico con la madre defunta.
Certe cose, una volta che le hai amate, ti appartengono per sempre. E se provi a lasciarle andare, ti girano intorno e ti tornano indietro. Ti stanno addosso, ti stringono, ti legano.
La sua vita adulta è un continuo ondeggiare tra il desiderio di rispettabilità (anche attraverso il fidanzamento con la dolce ma un po’ anonima Pippa, incontrata da bambino) e le tentazioni del mondo sotterraneo che il quadro rappresenta. Le sue scelte lo portano a essere coinvolto in affari illeciti legati alla falsificazione e al contrabbando d’arte, una strada scivolosa che lo conduce in un pericoloso intrigo internazionale quando Boris riappare nella sua vita, rivelando di avergli sottratto il quadro anni prima e di averlo usato come merce di scambio nel mondo del crimine.
Il culmine della trama è una sequenza drammatica in Olanda, dove Theo si trova a recuperare il quadro in un contesto violento e letale, spingendosi ai limiti della legge e della moralità. Questa esperienza lo costringe a confrontarsi con le proprie scelte e con il peso del suo passato. Il romanzo si conclude con Theo che, dopo aver affrontato le conseguenze delle sue azioni e aver riflettuto profondamente sulla natura della bellezza, dell’arte e della propria esistenza, intraprende un percorso di (lenta) redenzione, accettando la complessità della vita e la profonda influenza che il quadro ha avuto su di lui.
Tartt orchestra la narrazione con maestria, costruendo personaggi complessi e indimenticabili. Da Boris, l’amico ucraino cinico ma leale, con il quale Theo condivide un’amicizia tormentata e autodistruttiva, a Hobie, l’antiquario dal cuore d’oro che rappresenta un faro di integrità e affetto. Ogni figura è cesellata con cura, dotata di vizi e virtù, e contribuisce a tessere la fitta rete di relazioni che Theo instaura nel suo percorso di crescita, tra le polverose botteghe di antiquariato di Greenwich Village e le squallide periferie di Las Vegas.
Theo Decker è un personaggio profondamente complesso e stratificato, un antieroe moderno che incarna il trauma, l’ossessione e la lotta per la sopravvivenza in un mondo spesso indifferente. All’inizio del romanzo, Theo è un ragazzino intelligente e sensibile, ma anche introverso e già segnato dall’assenza del padre. La morte improvvisa e violenta della madre lo sradica completamente, lasciandolo con un trauma profondo che permea ogni aspetto della sua vita successiva. Questo evento lo rende vulnerabile, ansioso e incline a scelte autodistruttive
Theo è ben lontano dall’essere un eroe tradizionale. La sua moralità è spesso ambigua. Mente, ruba, si droga, si associa con criminali e si ritrova coinvolto in attività illecite. Tuttavia, le sue azioni derivano spesso dalla paura, dalla disperazione o da un tentativo maldestro di proteggere ciò che per lui è sacro. Nonostante i suoi difetti, c’è in lui un fondo di onestà e un desiderio di redenzione che emergono, soprattutto nel rapporto con Hobie, che rappresenta la sua bussola morale.
Gran parte del viaggio di Theo è una ricerca di un luogo a cui appartenere, di una famiglia (sostitutiva) e di un senso di identità. Dagli ambienti ricchi ma freddi dei Barbour, alla desolazione di Los Angeles, fino al calore (seppur imperfetto) della bottega di Hobie, Theo cerca costantemente un ancoraggio, spesso fallendo o trovandolo in luoghi inaspettati.
La scrittura di Tartt è sontuosa e dettagliata, capace di alternare momenti di acuta introspezione psicologica a descrizioni vivide e quasi pittoriche degli ambienti e degli oggetti. La sua prosa scorre fluida, eppure è densa di significato, invitando il lettore a immergersi completamente nel mondo di Theo, a percepirne le angosce, le gioie effimere e le ossessioni. Il tema dell’arte, in particolare, è trattato con profonda erudizione e passione, diventando non solo uno sfondo, ma un vero e proprio personaggio che influenza il destino di Theo e di chi gli sta intorno.
Il Cardellino è un romanzo sulla perdita e sulla sopravvivenza, sulla bellezza che può celarsi anche nella distruzione, e sulla ricerca di un posto nel mondo quando tutto ciò che si conosce è stato spazzato via. È un’epopea moderna che indaga il significato di casa, famiglia e identità, e lo fa con una profondità e una risonanza emotiva che rimangono impresse a lungo dopo aver voltato l’ultima pagina. Un’opera imperdibile per chi cerca una lettura impegnativa ma straordinariamente gratificante.

Il dipinto Il Cardellino (Het puttertje) di Carel Fabritius esiste davvero ed è un’opera d’arte molto famosa e ammirata. Ecco alcuni dettagli importanti.
Carel Fabritius (1622-1654), è un pittore olandese allievo di Rembrandt e, a sua volta, maestro o comunque figura di grande influenza per artisti come Johannes Vermeer. L’opera fu dipinta nel 1654, l’anno stesso della morte di Fabritius. Il pittore morì tragicamente a Delft in un’esplosione di una polveriera, che distrusse gran parte della città e del suo studio. Il Cardellino fu una delle poche opere a sopravvivere. È un piccolo olio su tavola che raffigura un cardellino a grandezza naturale, incatenato a un trespolo. L’uccellino è dipinto con un realismo straordinario e l’effetto “trompe l’oeil” è notevole, dando l’impressione che l’uccello sia davvero lì, vivo. Attualmente, Il Cardellino è conservato e esposto al Mauritshuis dell’Aia, nei Paesi Bassi. Il dipinto ha ottenuto una fama mondiale e un’attenzione ancora maggiore grazie al romanzo di Donna Tartt, che ha reso l’opera d’arte e la sua storia note a milioni di lettori in tutto il mondo.
Quindi, mentre la storia nel romanzo di Donna Tartt è finzione (l’attentato al Metropolitan Museum di New York e il furto del quadro non sono accaduti nella realtà), il dipinto di Fabritius è assolutamente autentico e ammirabile in un museo.

Donna Tartt è una scrittrice statunitense, nata a Greenwood, Mississippi, il 23 dicembre 1963. È cresciuta nella vicina città di Grenada. È nota per aver pubblicato un numero limitato di romanzi in un lungo arco di tempo, ciascuno dei quali ha ricevuto ampio riconoscimento di critica e pubblico. Il suo debutto è avvenuto nel 1992 con “Dio di illusioni” (titolo originale “The Secret History”), un grande successo editoriale tradotto in molte lingue.
Nel 2002 ha pubblicato il suo secondo romanzo, “Il piccolo amico” (titolo originale “The Little Friend”), che ha vinto il WH Smith Literary Award. La sua opera più celebre è “Il cardellino” (titolo originale “The Goldfinch”), pubblicato nel 2013, per il quale ha vinto il prestigioso Premio Pulitzer per la Narrativa nel 2014, oltre all’Andrew Carnegie Medal for Excellence in Fiction.


Un oliver twist dei giorni nostri in un certo senso
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Si è vero
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Per me Il cardellino é stato uno di quei casi letterari di cui non comprendo il successo 🙂 L’ho spiegato tempo fa in un post perché mi ha deluso cosí tanto.
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Credo che sia proprio uno di quei casi in cui o è amore o è odio…
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Lo trovo comunque interessante, credo che lo comprerò. Grazie.
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Sono curiosa di sapere se ti piacerà. Facci sapere
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Ho letto tutti e tre i libri della Tartt, e Il cardellino è quello che mi è piaciuto di più. La prima parte è molto bella, con un afflato dickensiano; la seconda parte, mentre lo leggevo, mi è parsa del tutto slegata e incongruente, ma andando avanti le ho trovato un suo perché. Un libro ambizioso e discontinuo, non sempre all’altezza, comunque nell’insieme avvincente e interessante
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Penso anch’io così, nel complesso mi ha soddisfatta.
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