Il Premio Berto 2025 è stato vinto da Beatrice Sciarrillo con il suo romanzo d’esordio In trasparenza l’anima, edito da 66thand2nd. Il riconoscimento è destinato alle opere prime di narrativa e celebra i talenti letterari emergenti.
A Mogliano Veneto, città natale dello scrittore, si è svolta la cerimonia finale della XXXII edizione del Premio letterario Giuseppe Berto.
Gli altri finalisti erano:
Antonio Galetta con Pietà (Einaudi)
Alberto Locatelli con Airù (Italo Svevo)
Anna Mallamo con Col buio me la vedo io (Einaudi)
Rosanna Turone con Santa (NN Editore)

I cinque libri finalisti sono stati scelti dalla giuria presieduta dallo scrittore e critico letterario Emanuele Trevi, tra i massimi conoscitori dell’opera di Berto, e composta da Silvia Avallone, Luigi Mascheroni, Elena Stancanelli ed Emanuele Zinato.
A Beatrice Sciarrillo, autrice del libro vincitore del Premio Berto 2025, va un premio in denaro pari 5.000 euro; altri 2.000 saranno ripartiti fra gli altri quattro finalisti.
La scrittrice segue nell’albo d’oro del Premio Michele Ruol, vincitore dell’edizione 2024 svolta la scorsa estate nella cornice di Casa Berto a Capo Vaticano.

A dodici anni, Anita inizia a mentire sul cibo, nascondendolo o gettandolo via. Non si riconosce più nel suo corpo e sviluppa una mentalità ossessiva legata al controllo. A vent’anni, la sua anoressia diventa un potere occulto, un’identità segreta e preziosa che non vuole perdere. “Questa forza interiore, che gli altri chiamano malattia, è l’unica cosa che mi fa sentire speciale”, pensa quando i suoi genitori la portano in clinica per curarsi.
Nel reparto specializzato, Anita incontra altre donne con disturbi alimentari, tra cui ragazze della sua età e una donna più anziana. La vita in clinica è scandita da pasti comuni, tentativi di ingannare il sistema, l’impegno per non restare indietro con gli esami universitari e relazioni complicate con le altre pazienti e la psichiatra che cerca di aiutarla. Il suo percorso di guarigione è, prima di tutto, un viaggio verso la consapevolezza.
Il romanzo affronta in modo crudo e sincero i complessi meccanismi dei disturbi alimentari. Oltre a ciò, esplora anche temi universali come la famiglia, l’identità, le relazioni e le difficoltà del diventare adulti in una società che pone una pressione costante, soprattutto sul corpo femminile. Con uno stile preciso ed essenziale, Beatrice Sciarrillo crea un esordio letterario commovente e disarmante per la sua onestà.
INCIPIT
1
È da quando avevo dodici anni che mia sorella non ha più fiducia in me. Dice che la malattia mi ha fatto diventare bugiarda, dice che giorno dopo giorno mi sta divorando.
Non solo lei, tutti in famiglia dicono che il mio corpo sta scomparendo, che si è ridotto a un misero pugnetto di ossa sempre in movimento. Dove loro vedono le ossa, io vedo la carne, una carne viva e pesante. Quando mi guardo allo specchio, non vedo lo scheletro che sono per gli altri, vedo un coagulo di sensi di colpa. Quando addento una mela, quando finisco il vasetto di yogurt perché obbligata, quando mia madre mi lega alla sedia per costringermi a stare ferma, il mio corpo si fa gigantesco, occupa sempre più spazio fino a sfiorare l’esplosione.
Vedo tutto, non vedo la malattia. Non oso neanche nominarla. Non si nomina ciò che è sacro.
2
Scalza e infreddolita corro in bagno. Devo fare in fretta: ho mezz’ora, mia madre e mia sorella si alzeranno poco prima delle otto. Quando scenderanno al piano di sotto, io avrò finito la colazione e mi farò trovare in salotto a studiare. Fuori è già giorno, ma se alzassi la serranda mia madre si sveglierebbe. Muovendomi a tentoni, svuoto la lavastoviglie. Tiro fuori i piatti fondi e quelli piani, i bicchieri di vetro e quelli di plastica. Apparecchio la tavola con le tovagliette e le tazze dell’ikea, la imbandisco come se a svegliarsi in questa casa fosse una famiglia unita e felice di vivere insieme. Prendo dal frigo la bottiglia del latte, ne verso un po’ nella tazza, poi rovescio i cereali in una scodella. Avvicino la ciotola al naso e chiudo gli occhi. Conto fino a sette, intanto inspiro l’odore dei cereali. Non appena sento le narici pulsare, butto fuori tutta l’aria inspirata, mentre immagino il gusto dei cereali, la croccantezza di quando, mordendoli, scricchiolano sotto i denti per poi liquefarsi sulla lingua, o la tenerezza di quando, dopo averli lasciati nel latte bollente, si sciolgono fino a scomparire.

