Il mestiere di leggere. Blog di Pina Bertoli

Letture, riflessioni sull'arte, sulla musica.

Al mare

INCIPIT

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Recinzioni di ossa

Su un traghetto per un’isola, da qualche parte nello Jutland, nella Frisia o nella Zelanda, c’è un uomo che molla e assicura gli ormeggi, ed è sempre troppo poco vestito per il freddo salato e ferroso di un porto del Mare del Nord. Se nei giorni d’autunno o d’inverno indossa un berretto, non se lo cala mai fin sulle orecchie. I guanti non li usa proprio. Appena la nave attracca o salpa, stringe una sigaretta tra le dita intirizzite. Non si taglia i capelli da un pezzo, ha la pelle corrosa dalla salsedine e dall’alcol, e sta sempre a tossire nella sua barba incolta, sputando nella darsena quel che gli viene su. E indossa sempre una giacca che ha tutta l’aria di essere appartenuta già ai suoi antenati.
L’uomo che molla e assicura gli ormeggi non è mai gentile con i forestieri che vengono dal continente. Durante l’imbarco indirizza le loro auto nei garage gesticolando bruscamente, con cenni secchi del capo fa salire a bordo ciclisti e pedoni, che obbediscono ai suoi comandi come pecore.
Il mozzo si congela per un motivo che neppure lui conosce. Fa semplicemente ciò che gli ex proprietari della sua giacca facevano ai loro tempi: abituarsi a patire un po’ di freddo, perché un giorno arriverà il grande gelo. La grande tempesta, la grande marea, oppure l’onda gigante. Chi non sopporta il freddo sarà spacciato.
E sì, l’uomo sul ponte di coperta sa nuotare, anche se della gente di mare si è sempre detto che preferisca non saperlo fare. Lui ha imparato presto, da sua madre.

Sa bene che le donne del continente hanno un debole per lui. Che un po’ si innamorano della sua barba incolta, della vecchia giacca da marinaio e dell’orecchino d’oro, potrebbe scommetterci.
Per un’ora o due, il tempo della traversata, è la perfetta incarnazione dell’isolano. Sta sul ponte di coperta, assicura e molla gli ormeggi e fa scintillare i bottoni d’ottone con il simbolo dell’ancora. Si allena a patire il freddo, fischietta una vecchia canzone. E i venti soffiano, e le barche vanno…

Intanto suo padre, i suoi fratelli e i suoi zii si stanno forse congelando su un cutter per la pesca del gambero grigio, su un mercantile, una nave del soccorso marittimo, un piroscafo turistico, una piattaforma petrolifera, e tutti sopportano in silenzio una lieve ipotermia, come se dovessero mostrare rispetto agli antenati.

Tutti loro discendono da uomini ancora in grado di affrontare il grande gelo: marinai del Nord, imbarcati su baleniere che solcavano l’Artide.
E qualcosa di quei mozzi, ramponieri, timonieri e capitani che ogni anno, dalla primavera all’autunno, navigavano il Mar Glaciale Artico, con i panni mai asciutti e i corpi mai al caldo, li ha segnati e condizionati, si è insinuato dentro di loro.
In qualche parte di sé l’uomo troppo poco vestito conserva il ricordo di quei tempi, anche se ormai sono passati tre secoli.
Forse nelle ossa della mano paonazza, nelle vertebre dorsali, nella pelle della fronte, nei vasi sanguigni, nelle radici dei denti e della barba.
E forse a queste cose ci credono solo i forestieri che vengono dal continente e lo vedono lì, in piedi sul traghetto: l’originale, l’autentico isolano che non li degna neppure di uno sguardo.

Dörte Hansen

Recensione