INCIPIT
UNO
Ned ascoltava.
Biton lo osservava.
E più Ned ascoltava, più Biton sperava.
Tra di loro il rumore del mare, che carezzava con le onde la riva, in un gesto così antico che pareva aver dimenticato il motivo della propria dolcezza.
Nel mentre gli istanti se ne andavano via, sfilandosi uno dietro l’altro, impercettibili. Parevano andarsene così come erano venuti, e invece venivano rosicchiati piano piano lungo i bordi.
Da Ned, che ascoltava.
E da Biton, che sperava.
Fino a quando l’ascolto di Ned e la speranza di Biton si incontravano proprio al centro di un istante, e allora lì il tempo sembrava fermarsi, perdendo un giro, per poi ripartire con uno strappo. I due si guardavano come stupiti da quella accelerazione improvvisa, quasi a voler cercare l’uno negli occhi dell’altro un appiglio per non perdere l’equilibrio. Poi Ned parlava, anche se Biton sapeva già quello che avrebbe detto, perché aveva imparato a indovinare la piega che prendevano le sue labbra una volta che decidevano quale binario di parole imboccare. Il più delle volte le parole di Ned non raggiungevano nessun posto, e tutto si esauriva in una scrollata di spalle prima di ricominciare da capo.
Con Ned ad ascoltare.
Biton ad osservare.
Il mare a carezzare.
E altri istanti a farsi rosicchiare.
Altre volte, invece, le parole sembravano avviarsi per luoghi lontani, con destinazioni precise. E allora «Trovata! È lei!» diceva Ned, sorridendo.
E nel farlo, porgeva a Biton la conchiglia che aveva appena ascoltato, perché l’avvicinasse all’orecchio.
Proprio come accadde in quel momento.
Peppe Millanta

