INCIPIT
Iss
L’aereo sfreccia sulla pista e decolla, mi accosto al finestrino e vedo una donna uscire da una casa di periferia e far salire in auto due bambini con le cartelle, sono incredibilmente vicini, incredibilmente nitidi, poi l’aereo si alza rapido in volo e tutto rimpicciolisce e io vedo la terra suddividersi in lindi appezzamenti quadrettati, e la città di sotto trasformarsi in una sfavillante catena di luci, a questa altezza la terra è disabitata, è il mondo dopo che l’uomo l’ha abbandonato in tutta fretta dimenticando di spegnere le luci e la televisione e di togliere la pentola dal fuoco. Seguo per qualche secondo il corso di un fiume e so che va verso il mare attraversando tante nazioni, oltrepassando altrettanti confini, la stessa acqua, lo stesso pesce che depone le uova in un paese e viene pescato in un altro, e tento di farmi venire in mente la domanda di un vecchio esame di geografia sul tipo di attività che si pratica nelle città fluviali: da qualche parte non si fabbricavano aghi da cucito? Poco dopo, tutto quello che è laggiù scompare sotto una coltre bianca di nubi e io ora sono in uno spazio vasto e blu, è lo stesso colore blu ghiaccio di un’immagine della Bibbia, quella di un angelo che si erge sulla riva di un fiume ad ali spiegate dietro due bambini a piedi nudi, quassù c’è quiete, una quiete davvero assoluta, c’è un mondo pieno di bellezza e io mi appoggio allo schienale del posto 29F e chiudo gli occhi e dopo un attimo lascio l’atmosfera e mi ritrovo in orbita ellittica intorno alla terra, dove i rifiuti spaziali vagano in cerchio, un giro dopo l’altro insieme alle astronavi dei miliardari e ai satelliti che tracciano le mappe dei nostri spostamenti e decido di fare un salto alla ISS, la Stazione spaziale internazionale (..)
Auður Ava Ólafsdóttir

