INCIPIT
1.
Acqua grigia
«Non usare l’acqua pulita per lavarti le mani!»
Quella che nelle intenzioni doveva essere una semplice raccomandazione assunse un fastidioso tono di rimprovero. Florence non voleva certo passare da cagaboomer, il dispregiativo che suo figlio riservava alla vecchia generazione dei babyboomer, ma le regole della casa erano semplici. Eppure Esteban si ostinava a non rispettarle. Non c’era bisogno che sprecasse acqua per dimostrare di non prendere ordini da una donna più grande di lui (mica tanto poi). Ma era di una bellezza così devastante che, su quasi tutto il resto, Florence gli lasciava mano libera.
«Perdonami, Padre, perché ho peccato» bofonchiò Esteban immergendo le mani in una bacinella di plastica che raccoglieva l’acqua di scolo nel lavandino. Attorno al bordo galleggiavano fettine di verza.
«Se hai già usato quella pulita, che senso ha adesso sciacquarti con l’acqua grigia?» disse Florence.
«Ubbidisco ai tuoi ordini» rispose lui.
«Ma quando mai».
«A cosa dobbiamo questo tuo splendido umore?». Esteban si asciugò le mani ormai unte con uno strofinaccio bisunto (altra regola: un rotolo di carta assorbente doveva durare sei settimane).
«Problemi all’Adelphi?».
«I problemi sono la norma all’Adelphi» brontolò Florence. «Droga, risse, furti. Bambini urlanti con la dermatite. Gli asili per senza tetto sono tutti così. Sinceramente non riesco a capire perché gli ospiti del centro siano tanto restii a usare lo sciacquone, che a casa nostra è il massimo del lusso».
«Vorrei che ti trovassi un altro lavoro».
«Piacerebbe anche a me, ma non dirlo in giro. Mi rovineresti la reputazione da santa». Florence riprese ad affettare la verza, una verdura economica anche a venti dollari. Chissà quanta ancora sarebbe riuscita a farne mangiare al figlio.
Il fatto che da quattro anni si dedicasse a un lavoro tanto ingrato e stressante lasciava sempre gli altri a bocca aperta, ma le virtù angeliche che le attribuivano erano basate su un presupposto infondato. Dopo aver racimolato a fatica una serie di lavori mal pagati, spesso part-time, l’altruismo ingenuo che l’aveva portata a conseguire un’insulsa doppia laurea in Studi americani e Politica ambientale alla Barnard era quasi del tutto sfumato. Nella metà dei casi aveva perso il posto perché un’innovazione era diventata all’improvviso obsoleta, come quando lavorava per una ditta che commercializzava intimo termico elettrico per risparmiare sui costi del riscaldamento e, tutt’a un tratto, i consumatori volevano solo indumenti riscaldati con batterie al grafene. Un’altra volta erano subentrati i bot, termine in voga quando aveva vent’anni per indicare i robot, ora chiamati rob dagli americani rapinati del lavoro.
Lionel Shriver

