Il mestiere di leggere. Blog di Pina Bertoli

Letture, riflessioni sull'arte, sulla musica.

Ironweed

INCIPIT

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Seduto sul vecchio camion traballante che lo portava lungo la strada a serpentina del cimitero di Saint Agnes, Francis Phelan arrivò a convincersi che i morti, più ancora dei vivi, amavano stare tra i propri simili. Il camion si ritrovò a un tratto tra dozzine di monumenti funebri, lapidi imponenti e di forma simile, tutti a guardia di qualche morto privilegiato. Ma più il camion si addentrava nel cimitero, più i limiti del puro e semplice privilegio si facevano evidenti al cospetto dell’area riservata ai morti davvero prestigiosi: uomini e donne illustri, capitani della vita senza più diamanti, pellicce, carrozze e limousine, ma sepolti in gran pompa e solennità, sotto le alte volte di grandi tomba costruite come celesti cassette di sicurezza, o parti dell’Acropoli. E poi, certo, c’era anche qui inevitabilmente la massa, file e file di semplici pietre tombali sotto ancor più semplici croci. Era questa la zona in cui erano seppelliti i Phelan.
La madre di Francis si agitò nervosa nella tomba all’avvicinarsi del camion che le riportava il figlio: il padre, invece, si accese la pipa, sorridendo del nervosismo della moglie, e si sporse dal suo pezzetto di terra per dare una sbirciata al figlio e vedere quanto fosse cambiato dal giorno dell’incidente del treno.
Il padre di Francis fumava le radici dell’erba essiccatasi durante i ricorrenti periodo di siccità che affliggevano la zona. Le conservava in una tasca, finché non diventavano friabili, poi le riduceva in polvere con le dita e le fumava. La madre, invece, intrecciava soffioni e altre erbacce dalle lunghe radici che crescevano nel cimitero e ne faceva piccole croci; stava molto attenta a conservare gli steli intatti, e li intrecciava quando ancora non erano completamente secchi per poi mangiarseli con avido disgusto.

William Kennedy

Recensione