INCIPIT
Prologo
Torino, 7 maggio 1971
Tutti i lettori invecchiano, meno uno. Sanno subito che invecchiano, ma io mai lo seppi e mai lo saprò.
Ho cent’anni. Cento e una settimana per essere precisi, e per me non è ancora finita: devo campare almeno per altri tre anni! Non posso sapere se il cielo me li concederà, il mio è soltanto un proposito e non una previsione. Non sono un veggente bensì un avvocato, anzi, permettimi di presentarmi: avvocato Edmondo Maria Ferro, per servirti. C’è però una cosa ben più importante che devi sapere di me: io sono un lettore, così come lo sei tu che mi leggi proprio ora.
La lettura è la mia compagna più fedele, l’unica presenza costante nella mia vita. Ho avuto molti amici e qualcuno ancora lo conservo, ma la maggior parte di essi non c’è più. Questo è lo scotto che deve pagare chi ha la sfacciataggine di vivere un secolo intero. Un secolo di vita però non mi basta, quel che voglio è un secolo di lettura. Questa è l’epigrafe che desidero si legga sul marmo della mia tomba: «AVV. EDMONDO MARIA FERRO – UN SECOLO DI LETTURA». È per questo che devo vivere ancora tre anni, per festeggiare il mio centenario da lettore. Lessi il mio primo libro a tre anni, un libriccino di filastrocche, nulla d’impegnativo, non sono un genio – tutt’altro –, e neppure fui un bambino prodigio o particolarmente precoce, lettura a parte.
Pare che ognuno abbia almeno una dote particolare, qualcosa in cui è più bravo degli altri, e il mio speciale talento è, per l’appunto, leggere.
Nella casa dei miei genitori c’erano due biblioteche: la biblioteca di mia madre, incredibilmente ordinata, e quella di mio padre, una sorta di fienile stipato di carta stampata anziché di paglia. La mia biblioteca – perché, seguendo il loro esempio, ne ho creata una tutta mia – è una via di mezzo tra le due, nella quale i libri, dopo aver colmato ogni ripiano, crescono in alte pile dal pavimento e infestano tavolini, sedie, davanzali e ogni superficie che ne consenta l’appoggio. Nonostante l’apparente confusione, i miei libri sono perfettamente ordinati secondo un metodo che mi consente di compiere ricerche incrociate e di rintracciare i volumi secondo differenti parametri: autore, argomento, anno di pubblicazione e molto altro. Per orientarmi nella mia giungla di storie, non mi servo tuttavia di codici come fanno le biblioteche, ma soltanto del mio istinto di lettore, un’inclinazione naturale affinata in novantasette anni di pratica.
Vivo a Torino da..
Be’, da un secolo! Abito in un ammezzato in via del Carmine, occupando un’unica stanza nella quale risiedono i miei moltissimi libri e un lettuccio nel quale, mio malgrado, sono costretto a dormire qualche ora tra una lettura e l’altra. Per fortuna, come molti anziani dormo poco. Sia lode a te, vecchiaia, che mi regali molte ore di veglia da dedicare ai miei libri! Il resto del mio appartamento è il regno di Marianna, la mia donna di servizio. Marianna è una ragazza d’oro, che sorride di continuo e non parla mai. Non saprei dire se sia taciturna o addirittura muta. Sospetto che Marianna sia una di quelle persone sagge che per dar fiato alla bocca aspettano di avere qualcosa di davvero importante da dire. Quale che sia la ragione del suo silenzio, io e lei c’intendiamo alla perfezione, e tanto basta. Le donne di servizio che l’hanno preceduta – ragazze adorabili, per carità! – si irritavano nel vedermi leggere tutto il tempo, e talvolta borbottavano, incoraggiandomi a uscire per prendere un po’ d’aria; ma l’aria che piace a me è quella in cui aleggia l’odore suadente e un po’ stantio della carta stampata!
Che io legga in ogni momento del giorno e della notte a Marianna pare invece la cosa più normale del mondo: gli uccelli cinguettano, le falene volano verso la luce, i cani scodinzolano ai loro padroni e l’avvocato Ferro consuma la sua esistenza chino sui libri.
Le persone che ho conosciuto nel corso della mia lunga vita invece, persino i parenti più stretti e gli amici più cari, hanno cercato di spingermi a dedicare almeno un po’ del mio tempo a qualcosa di diverso dalla lettura.
A chi, per esempio, mi chiedeva perché, visto che amavo tanto la lettura, non mi fossi mai cimentato nella scrittura di un romanzo, rispondevo che le storie m’interessava leggerle e non scriverle. Questo però non vuol dire che nella mia testa – come in quella di quasi ogni lettore – non frullassero decine di storie. I racconti tessuti coi fili dei miei pensieri s’intrecciavano quando permettevo alla mente di vagare; in particolar modo la notte prima di addormentarmi o al mattino presto, negli ovattati e preziosi istanti nei quali il sonno si tramuta in veglia.
Le mie narrazioni mentali non erano mai nate dal mio solo intelletto, quanto piuttosto rielaborazioni di vicende che avevo vissuto o alle quali avevo assistito.
Sino a qualche tempo fa, le storie che leggevo e quelle che mi frullavano in testa convivevano pacificamente senza invadere le une il territorio delle altre; una settimana fa, però, al compimento del mio primo secolo, mi sono reso conto che la mia mente è ormai satura di storie quanto la mia amata biblioteca lo è di volumi. Ho pertanto realizzato che dovevo fare spazio, tanto nella mia biblioteca quanto nella mia mente.
Per attuare questo progetto ho cominciato col compiere un’azione necessaria ma molto dolorosa, regalando qualche centinaio dei miei adorati libri alla biblioteca di un piccolo e sperduto paesello di campagna. Era la cosa giusta da fare: i libri meritano di essere letti, e le persone meritano di avere la possibilità di leggerli, specie coloro che vivono lontano dalle grandi città e hanno meno occasioni di imbattersi in un buon romanzo. Pensavo che avrei sofferto la mancanza dei libri donati, invece il vedere alcuni ripiani della mia libreria vuoti – o almeno non più così stipati – mi ha infuso un inedito sentimento di leggerezza. È stata quella meravigliosa sensazione a indurmi ad attuare la seconda parte del mio progetto: fare un po’ di spazio anche nella mia mente, riversando su carta una delle tante storie che da tempo l’ingombrano.
Desy Icardi

