Il mestiere di leggere. Blog di Pina Bertoli

Letture, riflessioni sull'arte, sulla musica.

L’isola dei battiti del cuore

INCIPIT

Teshima, autunno

   «Lo senti?» chiede il bambino voltandosi verso l’adulto. Nel preciso momento della domanda, l’uomo ha quarant’anni e le valvole del suo cuore si sono aperte e chiuse circa un miliardo e quattrocentosettanta milioni di volte. Da trecento trentatré giorni ha ricominciato a chiamare le cose con il loro nome, di nuovo gli importa il mondo dove andrà a finire, chi vincerà le elezioni in Giappone, quanto impiegheranno gli uomini a riempire di plastica il mare. Di nuovo ha paura di morire.
   «Lo senti?» ripete il bambino. Ed è come una preghiera perché. Se lo sente anche un adulto, significa che è reale.
   «Non ancora.»
   È dopo essere usciti dal sentiero che sguscia tra piccole case fatte di legno e lamiere, quando il paesaggio di Teshima si spacca in due, e a destra e sinistra si aprono verdi risaie, è lì che l’aria prende a vibrare più forte.
   Il bambino non ripete la domanda ma osserva l’adulto intensamente. Ora lo sente.
   L’uomo questa volta annuisce.
   Per contenere la propria emozione si piega sulle ginocchia, raggiunge l’altezza del minuscolo uomo che ha di fronte, fermo come un Mosè nell’atto di aprire le onde.
   Se prima non sentivano nulla, ora non c’è che quel rumore. Pam-pam, bam-bam, doki doki, thump thump. La collina pare vibrarne completamente.
   Il bambino poggia il palmo sul proprio petto, chiude gli occhi.
   Doef doef, boum boum, tu tump.
«Siamo vicini.»

   Quest’isola è un cuore. Si contrae al battito irregolare delle onde. Le maree allungano la pulsazione, talvolta ne perdono una o due. Ma poi riprendono sempre.

Laura Imai Messina

Recensione