INCIPIT
Prima parte
Famiglie temporanee
1
Incontravo i turisti nella terrazza dell’hotel, indicata a ogni piano con una freccia puntata verso l’alto. Per loro erano state disposte sedie di plastica e tavole imbandite con vino bianco e rosso e pasticcini ricoperti di cioccolato che col caldo si squagliava. La Spugna assaggiava vino bianco, faceva una smorfia, lo gettava dentro la pianta di monstera, riempiva il bicchiere di vino rosso fino all’orlo e poggiava la caraffa al lato della sedia. Era una scena che si ripeteva di volta in volta. D’altronde, sul logo della Compagnia era rappresentato un vecchietto che tracannava una bottiglia di lambrusco in una vasca a forma di Colosseo. Non c’erano ambiguità sul tipo di clientela che volevano attirare.
Tutti indossavano un gilet multitasche blu che assomigliava a un giubbotto antiproiettile. Lo regalava la Compagnia insieme a un quaderno col logo, un agenda col logo, una penna col logo, una borraccia col logo e un cappello a falde larghe pieghevole, che i turisti distribuivano nelle varie tasche. Sotto portavano pantaloni che tirando le cerniere diventavano pantaloncini, scarpe da trekking per gli uomini e ballerine da trekking con la suola di gomma per le donne: una sorta di divisa. La Compagnia li incoraggiava a viaggiare con il solo bagaglio a mano, chi lo imbarcava, come per ammonizione, lo smarriva in aeroporto. Al ritorno, tuttavia, molti compravano una seconda valigia. Viaggiavano soprattutto in coppia, i pochi solitari erano in maggioranza donne. Venivano da ogni parte d’America, ma anche dal Sudamerica e dal Canada, e perfino dall’Australia e dalla Corea. In aeroporto non c’era nessuno ad attenderli. Farli arrivare in albergo con i mezzi pubblici era uno degli obiettivi educativi della Compagnia, che si chiamava: Il Mondo degli Audaci.
Mari Accardi

