INCIPIT
Vorrei lasciare tutto in ordine, prima di chiudere. Ho cominciato a fare le pulizie, non c’era motivo di aspettare. Ieri sera, dopo che il personale è rincasato, mi sono seduto nel mio ufficio e ho buttato giù un promemoria, che poi ho perfezionato stamattina. Non ho dormito bene, mi ha tenuto sveglio una bufera, con raffiche di vento che scagliavano i rametti del sorbo contro la finestra a un ritmo in principio sorprendentemente regolare e per nulla fastidioso. Ho approfittato di quelle ore insonni per ripassare a mente il promemoria, trattenendomi dall’alzarmi in piedi per aggiungervi le cose a cui stavo pensando. quando poi l’ho ripreso in mano, dopo colazione, non le avevo dimenticate.
Mi fa strano che siano passate solo tre settimane da quando c’è stato un banchetto di nozze con ottanta invitati. Sposo islandese, sposa danese e menu scelto di conseguenza: stjerneskud di primo, lambakóróna di secondo. Con tutti i pranzi di matrimonio che ho organizzato posso senz’altro vantare una grande esperienza in materia. Mi capita di intravedere un’incrinatura prima ancora che i due poveretti si scambino gli anelli, e a volte mi verrebbe addirittura voglia di avvertirli. Ma con l’islandesino e la danesina no. Rare volte ho visto una coppia tanto innamorata.
Vorrei che fosse questo il mio ultimo ricordo del locale. La festa e quell’amore quieto, senza pretese, che si palesava nel sorriso dei due giovani, nelle loro belle maniere, nei gesti di attenzione e nella mitezza, nel capirsi senza bisogno di parole, in una tenerezza talmente profonda da illuminare la sala già al loro ingresso. Ci ripensavo giusto stamattina. Spero che siano sfuggiti al contagio e che stiano bene, in qualunque zona del mondo si trovino. Hanno bisogno soltanto l’uno dell’altra.
Ólafur Ólafsson

