Il mestiere di leggere. Blog di Pina Bertoli

Letture, riflessioni sull'arte, sulla musica.

Una vita, ancora

INCIPIT

I

Erano giorni difficili. Il mio ultimo romanzo aveva esaurito tutte le mie forze. Ero sfinito e meditavo di smettere di scrivere: di abbandonare la scrittura, prima che fosse lei ad abbandonare me.
Con i miei settantasette anni compiuti stavo già facendo gli straordinari. Una sera, alla Folkopera, mi era capitato di parlare con Björn Wiman, il responsabile delle pagine culturali del “Dagens Nyheter”. Sosteneva che dopo i settantacinque anni si dovesse smettere di scrivere.
“Fino ai settantacinque ce la fanno, ma poi succede a tutti qualcosa” aveva detto. Alludeva agli scrittori.
Era questo “qualcosa” che mi era successo ora?
Un paio di volte tentai senza troppa convinzione di lavorare ad alcune idee, ma non arrivavo mai da nessuna parte. A metà di una frase mi assaliva una sorta di nausea, in bocca le parole avevano un cattivo sapore. Come si fa ad andare avanti?
In una di quelle giornate storte mi misi sotto la doccia vestito da capo a piedi, lasciando che l’acqua mi inzuppasse completamente. L’idea era di mettere in pratica il consiglio di Čechov su come riprendersi da un fallimento. Era così che mi sentivo. Non riuscire a scrivere era un grande, enorme fallimento e, da quell’uomo discreto che era, Anton aveva suggerito di fare come fa un cane bagnato. Ossia scrollarsi l’acqua di dosso.
Non funzionò. Al contrario. Tremavo dal freddo e il dolore mi penetrava ancora più a fondo nell’anima. Non ero solo un cane bagnato ma anche un ex scrittore congelato.
Avevo sul gobbo settantasette anni. Il tempo pesava più dell’acqua. E liberarsi di quel peso non era possibile. Come avrei potuto scrivere ancora?

Theodor Kallifatides

Recensione