INCIPIT
Era la prima volta che un fusto di petrolio finiva a riva, tra i ciottoli sparsi qua e là. Nel corso degli anni il mare aveva portato sull’isola altre cose – brandelli di maglie, pezzi di corda, coperchi di portavivande rotti, trecce di materiale sintetico fatte per sembrare capelli. Erano arrivati anche dei corpi, come quello di oggi. Era disteso in tutta la sua lunghezza accanto al fusto, con una mano protesa in avanti, come a indicare che avevano fatto il viaggio insieme e non volevano essere separati.
Samuel aveva visto prima il fusto da una delle finestrelle del faro mentre scendeva le scale della torre, quella mattina. Doveva procedere con cautela. I gradini di pietra erano vetusti, consumati e lisci, un po’ concavi al centro e pronti a farlo inciampare. Aveva installato dei sostegni di metallo nei punti in cui il cemento lo permetteva, ma per il resto affrontava la discesa a braccia tese, sfiorando il muro ruvido con le dita per aiutarsi.
Il fusto era di plastica, blu come le tute degli operai, ed era rimasto visibile, ballonzolando nella risacca, mentre lui si affrettava a raggiungere la spiaggia. Il corpo lo vide solo quando fu lì. Lo schivò, compiendo un giro strettissimo intorno al fusto, che era grasso come un presidente, senza incrinature né fori.
Lo sollevò con cautela. Era vuoto; la guarnizione aveva tenuto. Eppure, per quanto leggero, era poco maneggevole. Con le sue mani nodose non sarebbe mai riuscito a far presa sulla superficie liscia e a trasportarlo sui ciottoli aguzzi, oltre i massi tondeggianti e poi su per il sentiero sabbioso in mezzo all’erba e agli arbusti, fino al promontorio dove, vicino al faro, si trovava la casa. Forse, se andava a prendere una corda e se lo legava sulla schiena, poteva evitare di usare la vecchia carriola di legno con la ruota scheggiata che si incagliava sul terreno accidentato, e che, essendo troppo pesante, spesso si rovesciava.
Sì, portarlo sulla schiena era la scelta migliore. Dopo di che, sull’aia, in mezzo alla tela da sacchi e alle assi marcescenti, avrebbe scovato il vecchio seghetto da ferro. Avrebbe grattato via la ruggine dalla lama, l’avrebbe affilata come meglio poteva e avrebbe segato via il coperchio, poi avrebbe sistemato il fusto lì fuori, in un angolo, dove l’acqua piovana traboccava dalla grondaia, per raccoglierla e usarla nell’orto.
Karen Jennings

