Leggendo questo intrigante e poetico romanzo, ho fatto un viaggio straordinario, per strade e villaggi della Palestina, attraverso vicoli e case di Damasco; sono stata con la fantasia dove i miei piedi non mi hanno portato, ho visto con gli occhi delle persone, ho respirato la loro stessa aria e provato nel mio cuore i loro stati d’animo. Ho viaggiato, senza muovere un passo, nel tempo e nello spazio: nella Siria e nella Palestina di inizio secolo, e poi più avanti, negli anni quaranta e cinquanta, fino ad avvicinarmi sempre di più al nostro tempo. Ho esplorato le usanze, la cucina, la devozione e la cultura di popoli lontani da me. Tutto questo l’ho potuto fare prendendo in mano un libro e voltando le sue pagine, che contengono una storia semplice ed umile, eppure grandiosa e universale, la storia di una famiglia allargata, dei suoi tanti componenti, della loro vita all’interno di un ricco palazzo di Damasco e lontano da quella magione, a Gerusalemme, a Beirut, ad ‘Arrabeh, a Nablus…
Damasco, di Suad Amiry, Feltrinelli editore, 2016, traduzione di Maria Nadotti, in copertina foto di Bruno Barbey
È probabile che a rinfrescare la memoria di Teta fosse la nitida luminosità primaverile. Le era tornato in mente tutto: adesso ricordava ogni svolta, ogni curva e ogni contrassegno di quel tragitto angusto e interminabile. Il viaggio la portò sull’antica strada romana di montagna che collega Damasco a Hijaz, diversamente dalla costiera Via Maris, che mette in comunicazione gran parte delle città mediterranee: Alessandria, Gaza, Ascalona, Giaffa, Acri, Haifa, Tiro, Sidone, Beirut, Laodicea, Antiochia e Istanbul. (…) Sembrava solo ieri che i membri della sua famiglia l’avevano accompagnata da ‘Arrabeh a Damasco.
Il romanzo di Suad Amiry , di cui lei stessa è anche la narratrice quando ormai a sessantatre anni decide di dare forma alla storia della sua famiglia, inizia col viaggio di Teta – che scopriremo più avanti essere sua nonna – per tornare al suo villaggio di nascita in Palestina dopo trent’anni dal suo matrimonio, per accorrere al capezzale della madre che sta morendo. Teta non era più tornata a casa e durante questo viaggio ripensa a tutto quanto è accaduto da allora. In questo racconto veniamo a conoscere la grande famiglia di Teta, gli Abdulhadi, e del marito Jiddo, i Baroudi, di Damasco: una famiglia “densamente” popolata: le sorelle di Jiddo, i fratelli, e poi più avanti le figlie e i figli, i nipoti, le domestiche. Un mondo che ruota attorno alle stanze e ai cortili dello splendido palazzo in cui vivono nella città vecchia, che, come una ragnatela, tiene stretti a sé i protagonisti che lo abitano, che lo hanno abitato e che lo ricorderanno per il resto della loro vita, anche quando ormai ne saranno lontani.
Il racconto, oltre alle vicende personali dei protagonisti, offre una panoramica affascinante sulle tradizioni e sulle usanze: dai rituali legati ai matrimoni, alla preparazione dei cibi, al modo di arredare e vivere la casa. Una porta aperta sul Medio Oriente, che colpisce il lettore con la sua magia esotica.
Come ad esempio quando la narratrice racconta la complessità e la magnificenza del menù della Grande Buffe, il pranzo del venerdì, a cui prendevano parte tutti i membri della famiglia allargata, oltre agli amici, vicini e soci in affari di Jiddo.
Oppure quando parla del bagno del venerdì che tanto amava:
Quel che controbilanciava quell’unico bagno settimanale era la durata dell’hammam del venerdì. Durava almeno un’ora, non ne uscivamo finché i nostri corpi non erano ben cotti e abbrustoliti, le facce rosse come il fuoco, la pelle grinzosa come una prugna secca, la pressione sanguigna alle stelle e i polmoni non imploravano una boccata di aria fresca. Una volta dentro, non c’era modo di uscirne prima di essere stati controllati e avere ottenuto il “certificato di pulizia” dalla nostra rigida ispettrice, zia Laila.
La voce narrante è una delle bambine di Samia, la viziata e coccolata figlia più piccola di Teta e Jiddo; c’è molta ironia nel raccontare i difetti e i pregi di questa mamma, assolutamente negata per la cucina e la maternità, a volte molto egocentrica, altre dolcissima. Così come c’è molto affetto nel dire delle zie Laila e Karimeh e della domestica Ghalia, con cui la bambina – da piccola, ma anche più tardi – ha un rapporto speciale.
Il romanzo è un caleidoscopio di persone, soprattutto: di ognuno man mano che il racconto fluisce, veniamo a sapere la sua storia, le peripezie che l’hanno condotto al palazzo dei Baroudi, o che li hanno allontanati: e ce ne sono davvero di curiose, di drammatiche e di romantiche. Come quelle di Fatima e di Norma.
L’atmosfera mitica e romantica della saga della famiglia Baroudi assume una piega più triste man mano che il racconto si avvicina alla storia più recente della Siria e di Damasco, in cui colpi di stato e rovesciamenti politici segnano il destino di intere famiglie e della classe mercantile siriana. Tutti lasceranno Damasco, per continuare le loro vite in altre città ma ciò che li aveva uniti, continuerà a cementare le loro esistenze.
L’epilogo del romanzo, naturalmente, lo scoprirete leggendolo!
Suad Amiry (1951) è un’architetta palestinese, fondatrice e direttrice del Riwaq Center for Architectural Conservation a Ramallah. Cresciuta tra Amman, Damasco, Beirut e Il Cairo, ha studiato architettura all’American University di Beirut e all’Università del Michigan, specializzandosi infine a Edimburgo. Dal 1981 insegna Architettura alla Birzeit University e, da allora, vive a Ramallah. Ha scritto e curato numerosi volumi sui differenti aspetti dell’architettura palestinese. Amiry ha vinto il premio internazionale Viareggio Versilia nel 2004. Da Feltrinelli sono usciti i due volumi Sharon e mia suocera (2003) e Se questa è vita (2005), poi ripubblicati assieme in “Universale Economica” (2007), Niente sesso in città (2007), Murad Murad (2009), Golda ha dormito qui (2013) e Damasco (2016).
Copio il link all’editore: http://www.feltrinellieditore.it/opera/opera/damasco/#conosci_autore
L’incipit potete leggerlo qui.


Bella questa storia e questo titolo, annienta quel pensiero gattopardesco che tanto impera un po’ ovunque e paralizza ogni possibilità di miglioramento. Buona serata, Giusy
"Mi piace""Mi piace"
Che bello poter visitare di nuovo palazzo Baroudi attraverso le tue parole. Sei riuscita a catturare l’essenza di questa bellissima saga familiare 🙂
"Mi piace"Piace a 1 persona
Questo libro mi attira molto! 🙂
"Mi piace"Piace a 1 persona
P.S. Se la foto è tua, allora mi sa che possediamo la stessa tovaglietta da tè 🙂
"Mi piace""Mi piace"
Sì, ah ah
"Mi piace"Piace a 1 persona
Ed ecco un altro libro che assolutamente dovrò leggere.
"Mi piace"Piace a 1 persona
Ne vale la pena!
"Mi piace""Mi piace"
Non giudico i libri dalla copertina, ma a volte compro libri perché mi piace la loro copertina: così mi successe con Damasco qualche mese fa. Purtroppo non sono riuscita proprio a finirlo, anzi, credo di non aver letto più di un centinaio di pagine. Appena ho visto la tua recensione ho voluto subito leggerla per capire cosa mi fossi persa…tanto. Mi sono persa tanto. Forse non l’ho letto nel momento giusto, forse quella di Suad Amiry è una di quelle scritture che in un momento della vita mi risulta ostica e in un altro invece mi fa innamorare…mi è successo tante volte con tanti autori. Vedremo. Intanto grazie per aver stimolato la mia curiosità di riprenderlo in mano!
"Mi piace"Piace a 1 persona
Ciao e grazie della visita. Anche a me capita, a volte, di iniziare un libro e non essere subito catturata. Magari li lascio da parte qualche giorno poi riprovo. Anche quello che sto leggendo ora, mi ha lasciata tiepida nelle prime pagine, però proseguendo si è rivelato più accattivante. Vedremo fin o alla fine se mantiene questo ritmo. Buone letture!
"Mi piace"Piace a 1 persona