Mia madre, nonostante fosse quasi sparita, era indescrivibilmente bella. La sua faccia, che in passato aveva il triplo mento, si era sciolta e adesso ne rimaneva solo un triangolo con due punti verdi. Il triangolo era adagiato su un collo lungo e sottile, che si girava adagio a destra e a sinistra, senza fare il minimo rumore, come una costruzione perfetta.

L’estate in cui mia madre ebbe gli occhi verdi, pag. 213

L’estate in cui mia madre ebbe gli occhi verdi, di Tatiana Ţîbuleac, Keller editore 2023, traduzione dal romeno di Ileana M. Pop, pp. 280

Il bellissimo romanzo di Tatiana Ţîbuleac racconta una storia di riconciliazione tra una madre e un figlio: una madre che non si era presa alcuna cura del proprio figlio, che anzi lo aveva rifiutato, e un figlio che per questa mancanza di amore ha quasi perso la ragione, fino al punto di odiare profondamente sua madre e desiderarne la morte.

La voce narrante è quella di Aleksy che ricorda, a distanza di anni, l’ultima estate che ha trascorso con sua madre nella campagna francese. Artista ormai affermato i cui quadri vanno a ruba, sta vivendo un periodo di crisi e di blocco creativo; il suo terapeuta – l’ennesimo di una lunga serie – gli consiglia di rivivere quel periodo del proprio passato per tentare di superare l’impasse. Ecco dunque che il racconto si snoda giorno per giorno, lungo quei tre mesi estivi in cui i due erano partiti per il loro primo ed ultimo viaggio insieme.

Viaggio che inizia quando, alla fine dell’anno scolastico, sua madre va ad aspettarlo fuori dalla scuola: vuole tornare a casa e festeggiare con lui il suo trentanovesimo compleanno, forse l’ultimo della sua vita. Ma Aleksy è troppo arrabbiato con lei, nutre un rancore profondo nei suoi confronti perché lei è colpevole di non averlo amato (lei stessa gli confesserà durante l’estate di essere stata in dubbio se abortire), non come ha invece fatto con la sorella Mika, e soprattutto di averlo rifiutato e ignorato dopo la morte della sorellina. Aleksy ha sofferto la mancanza di amore che né la madre né tantomeno il padre (che ha abbandonato la famiglia), hanno saputo dargli; la odia talmente tanto che la vede brutta, quasi repellente, e la considera stupida, e un essere inutile.

Durante la cena sua madre gli propone un patto: Aleksy passerà l’intera estate con sua madre in un paesino di villeggiatura in Francia e in cambio lei gli promette che avrà tutto ciò che desidera, compresa la tanto agognata automobile. La ricompensa è molto allettante, ma il sacrificio di immolarsi a trascorrere tutto quel tempo con la donna che più odia al mondo è enorme. Dopo una notte di meditazione, decide di accettare: inizia così questo viaggio di scoperta dei luoghi, delle persone e soprattutto di loro stessi, come singoli e come persone legate da una stretta relazione, e dei sentimenti che pian piano iniziano a provare l’uno per l’altra.

Quello che poteva sembrare un fallimento annunciato, si rivela invece una progressiva presa di coscienza di un legame che, seppur seppellito sotto anni di odio e di indifferenza, riesce ad emergere e si rinsalda durante la convivenza in una casa di campagna adagiata tra i campi in fioritura e avvolta in profumi inebrianti. I due si spingono verso il villeggio, vanno al mercato dove la madre di Aleksy compra ogni genere di cose, dai cibi, agli oggetti vintage. La sua smania di fare tante cose, di conoscere le persone del luogo e i loro cibi, la necessità di trasmettere ad Aleksy una se stessa diversa, è l’ultimo atto della sua vita, una specie di eredità morale. Dovuta e cercata. La donna infatti sa di essere stata una cattiva madre, non lo ha voluto, ma ora sa di avere mancato nei confronti del figlio, e cerca il suo perdono. Un cancro la sta divorando, le restano pochi mesi di vita, proprio quelli che vuole trascorrere con lui nelle campagne francesi.

«Alla morte ci pensi solo quando stai morendo, Aleksy, soltanto quando stai morendo, ed è una stupidaggine, una gran stupidaggine. Perché la morte è la cosa più probabile che possa capitare a una persona, molto più di tutti i suoi sogni. Difatti è l’unica cosa che succederà con sicurezza. Per questa ragione, Aleksy, non fare mai le cose male, pensando di avere il tempo di rimediare, perché non ce l’avrai. Il tempo che avrai, lo userai solo per altre scemenze e per morire più in fretta».

L’estate in cui mia madre ebbe gli occhi versi, pag. 160

Aleksy ha alle spalle anni di sofferenza: la scomparsa della sorella, il rifiuto della madre di prendersi cura di lui, il disprezzo del padre, hanno lasciato delle cicatrici profonde nel suo animo. Eppure ora, di fronte alla malattia e a questa nuova intimità ritrovata, Aleksy prova per la prima volta un sentimento che assomiglia molto all’amore. Un amore che può liberarlo da tutti i fantasmi del passato, che può renderlo capace di affrontare la vita, cercando anche l’amore di una ragazza.

La malattia che consuma sua madre la fa cambiare, sia nel fisico che nello spirito; fisicamente, la perdita di peso la rende quasi eterea agli occhi Aleksy, che ora la guarda con occhi diversi e inizia a trovarla bella; emotivamente, la donna sembra acquisire un vigore crescente, ha continuamente bisogno di muoversi, di andare in giro in paese, di fare un’uscita in barca sul lago, di spingersi fino all’oceano. L’imminenza della morte la spinge a vivere intensamente questi giorni estivi e di condividere tutto col figlio, tutto ciò che non hanno mai fatto insieme, si deve ora concentrare e rendere le giornate emozionanti. Aleksy le rimane vicino e sente di poterla perdonare e amare e di portare per sempre con sé il ricordo di una madre ritrovata.

Tatiana Ţîbuleac racconta un’estate indimenticabile, e lo fa con grande intensità narrativa in questa storia sulle relazioni madre-figlio che unisce risentimento, impotenza e fragilità. Un romanzo forte e commovente che intreccia vita e morte in un appello all’amore e al perdono.

Qui potete leggere l’incipit del romanzo.

Tatiana Țîbuleac nasce il 15 ottobre 1978 a Chișinău, nella Repubblica di Moldavia. Si diploma al liceo Iulia Hasdeu di Chișinău e si laurea alla facolta di Giornalismo e Scienze della comunicazione dell’Università Statale della Moldavia. Diventa conosciuta al pubblico nel 1995, quando da inizio alla rubrica Storie vere sul quotidiano «Flux». Dal 1999 fa parte della squadra pro tv Chișinău in qualita di reporter, redattrice e presentatrice del telegiornale. Attualmente vive a Parigi, dove lavora nel campo audiovisivo. Ha anche un blog: http://www.tatiana-tibuleac.net. Il suo debutto letterario avviene con Fabule moderne, Urma Ta, Chișinău 2014, di cui compare una seconda edizione per Libris Editorial di Brașov nel 2016. Il suo secondo libro, L’estate in cui mia madre ebbe gli occhi verdi, ha ricevuto il Premio dell’Unione degli Scrittori di Romania.